Se pensiamo che i siti Unesco nel mondo sono 1223, di cui solo 231 di interesse paesaggistico e 40 misti, culturali e naturali, ci rendiamo conto come non sia così facile ottenere la nomina da parte della Commissione giudicante formata dagli stati membri dell’Onu. Istituita nel ’45 per promuovere l’educazione, la scienza e la cultura, è l’organizzazione più riconosciuta e prestigiosa del mondo in tema di valorizzazione e promozione dei Beni Culturali e del Paesaggio.
Per l’assegnazione occorre l’unanimità di giudizio da parte di tutti i membri della Commissione e in proposito ricordiamo cosa accadde quando nel 2012 venne proposta Patrimonio Unesco con procedura di emergenza, in quanto considerata a rischio, la Basilica della Natività di Betlemme in Cisgiordania con molte polemiche contrarie da parte di Israele e Usa. I due stati sostenevano che l’Unesco non dovrebbe essere politicizzata; il delegato israeliano parlò di “decisione totalmente politica che danneggia l’immagine dell’Onu” e l’ambasciatore Usa David Killion si dichiarò deluso della procedura usata per la nomina perchè “non in linea con il principio secondo cui solo i siti a rischio di distruzione imminente richiedono tale trattamento”. Tuttavia la nomina fu ratificata e oggi la stupenda Basilica è uno dei luoghi più visitati dai turisti provenienti da tutto il mondo.
In Italia i siti Unesco sono 59 e dal 1997 ne è entrato a far parte “Portovenere, Cinque Terre e Isole”. I numeri la dicono lunga su quanto valga la popolarità di un sito Unesco che si traduce in termini di ritorno di immagine ed economico. Nonostante le ovvie e numerose candidature italiane, un esempio è il complesso di San Fruttuoso a Camogli, bene F.A.I., che non è ancora riuscito ad ottenere la meritata nomina. Fatte salve queste premesse e i dati statistico-numerici che danno lustro al sito, il restauro della Via dell’Amore è stato profondamente divisivo nella popolazione locale nonostante gli enormi sforzi e costi sostenuti di 23milioni di euro per un percorso di poco più di 1km di sentiero che collega Riomaggiore a Manarola.
All’entrata dalla parte di Manarola un riferimento alla Nascita di Venere di Botticelli che racchiude le mani in un cuore dando il benvenuto ai visitatori. Amante di Giuliano De Medici visse alla corte fiorentina sino alla prematura morte a soli 23 anni. Per i nostalgici della visione paesaggistica del passato il restauro non ha restituito, anzi lo ha deturpato, quel fascino che aveva nella sua immanente bellezza cristallizzata nella memoria storica di chi l’ha vista e vissuta, come me, negli anni della gioventù e quindi legata ad emozioni che oggi profumano di retorica connessa allo scarto generazionale e al tempo che passa.
Analizzando bene il grande progetto si rileva invece come il restauro conservativo abbia un modesto impatto ambientale e migliorativo del sito. I materiali e i colori impiegati si integrano armoniosamente con l’ambiente circostante, ad esempio il pietrisco del selciato di calpestio è in linea cromatica con le rocce e le scarpate soprastanti, così come i parapetti e l’aspetto generale che si percepisce nel percorrere la passeggiata. Gli scorci panoramici che si possono apprezzare da ogni punto del percorso sono da mozzafiato e nella loro unicità rappresentano un carattere identitario delle bellezze naturali italiane.
A quelli che “la preferivo prima” , tipiche del mugugno ligure, direi che dovrebbero pronunciarsi su altre proposte. Le alternative erano due: la prima di lasciar morire lentamente il sito secondo un pensiero alla John Ruskin che avrebbe voluto i resti dell’antichità romana così come erano: “è meglio far crollare un monumento piuttosto che sottoporlo all’onta del restauro”, da una sua citazione. Sarebbe così rimasta nella memoria e nella nostalgica documentazione fotografica e si poteva dire “..una volta era così…” ma senza mai più fisicamente fruirne. Per John Ruskin il restauro era una violenza sul monumento, la cura innaturale del restauro fa scomparire la bellezza dell’antico e lo distrugge.
Contestualizzandone la teoria a due secoli fa possiamo anche riconoscerne la ragione, visto che alla nascita del restauro moderno nei primi dell’800 alcuni teorici influenti come Violet Le Duc erano promotori di una completa ricostruzione delle parti mancanti dei monumenti secondo un principio assoluto di mantenimento, a volte anche contrassegnato dall’invenzione più che dalle fonti storiche, piuttosto che l’abbandono e la decadenza progressiva sino alla morte della testimonianza storica. Le Duc ricercava il ritorno all’originarietà del monumento, eliminando tutte le le integrazioni e modifiche delle epoche successive, che comunque erano un’attestazione storica del tempo, mettendosi nei panni dell’architetto che costruì l’opera. Purtroppo le fonti da ricercare non erano così certe e facili, e spesso alcuni restauri hanno restituito un falso storico ricopiando stili del passato, e si sa, quando si copia non si ottiene mai quel sapore e quell’atmosfera che il monumento aveva in origine.
La seconda era quella di intervenire e conservare. Nella Via dell’Amore si respira ancora un’aria antica, i luoghi sono rimasti intatti, come nella nostra memoria, si percorre in sicurezza e nelle soste si contemplano le bellezze del paesaggio. Chiudendo gli occhi per un attimo si possono sentire i profumi delle piante, del mare, l’infrangersi delle onde, e scivolare con la mente nel nostro passato alla ricerca di quel vissuto che alimenta le nostre emozioni.