E Marinetti prese la spada: il vittorioso duello a Parigi della Caffeina d’Europa

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Duello fra Marinetti e Hirsch. “Un duello franco-italiano a Parigi”, «La Domenica del Corriere», 2-9 maggio 1909

1905: Filippo Tommaso Marinetti dà alle stampe, in Francia, la sua tragedia in quattro atti “Le Roi Bombance” (“Il Re Baldoria” in italiano). E’ un lavoro teatrale che preannuncia il futurismo ma è ancora figlio del suo tempo: simbolismo, grandguignol, satira socialista e anticlericale, decadentismo. Il tutto cucinato – termine quantomai appropriato visto il tema della tragedia – con quantità smodate di spezie letterarie.

Un testo che a molti non piace affatto, per i suoi effettacci, per lo splatter ante-litteram, con le scene di cannibalismo e la ridondanza sui dettagli digestivo-intestinali di cui si compiace Marinetti. Risultato, stroncature su stroncature. L’opera va in scena il 3 aprile 1909 al Théatre de l’Oeuvre e si guadagna anche la stroncatura del romanziere e critico drammatico Charles-Henry Hirsch (1870-1948). Pochi giorni dopo, infatti, Hirsch aveva firmato una pesantissima critica su «Le Journal» e Marinetti reagisce con piglio futurista: uno schiaffone in pubblico al suo detrattore, raggiunto al Théâtre des Arts durante l’intervallo.

Un’offesa da lavare col sangue. Il 16 aprile successivo, venerdì, al Velodromo del Parc des Princes, appena fuori Parigi, Marinetti, che appena due mesi prima aveva lanciato il dinamitardo Manifesto del Futurismo dalle pagine del “Le Figaro”, si batte a duello con Hirsch. Il luogo è all’ombra della Grande Ruota Panoramica, vicino a quel Bois de Boulogne teatro di infiniti scontri fra amanti, gentiluomini offesi e artisti criticati in cerca di soddisfazione.

La sberla marinettiana è pesantissima: l’italiano s’aspetta di dover duellare con le pistole, arma d’elezione per le offese “atroci”. Hirsch invece sceglie la spada (per le offese “gravi”). Hirsch mena vanto d’essere un ottimo spadaccino e il suo maestro Dubois se la ride nei caffè parigini: «Sarà anche un futurista, l’italiano, ma si prenderà dal mio allievo qualche centimetro di ferro nella pancia».

Dubois forse non sa che Marinetti è stato a sua volta allievo del più grande schermidore del suo tempo: il siciliano Agesilao Greco. L’attività letteraria ha forse infiacchito il polso, ma la tecnica è verde e il sangue italiano. E Hirsch lo scoprirà presto. Marinetti è ottimista, anche per l’orario scelto per la sfida: le 11 di mattina. «Ci batteremo alle undici, e undici è il mio numero portafortuna: perciò vincerò io» confida ai suoi padrini.

I due si presentano puntuali. Sono in camicia, calzoni e mano destra guantata. I secondi e i dottori predispongono i medicinali e controllano le armi, che vengono disinfettate alla fiamma. A presenziare al duello, come secondi di Marinetti, Louis Besse e il romanziere Maurice Duplay. Due colleghi del “Comoedie” per il francese. Lo scontro sarebbe stato arbitrato da Rouzier-Dorcières con l’ausilio di Gomez Carrillo, un giornalista ispano-argentino che dà a entrambi garanzia di equanimità. Terminate le formalità, Carrillo dà inizio al duello con le parole di rito, pronunciando ad alta voce i nomi dei duellanti. «Il signor George Henry Hirsch, scrittore e critico teatrale. E il signor Filippo Tommaso Marinetti, poeta futurista italiano. À vous!».

I primi assalti sono senza storia. Le riprese di due minuti servono ai duellanti per studiarsi a vicenda. Hirsh è esperto e allenato, mentre Marinetti sente il peso della fatica, specialmente sul polso. «Del resto, una mano abituata a reggere la penna, non si dovrebbe forse stancare a tenere il ferro in linea?» si dirà poi del duello. Poi le riprese si fanno più irruente, tanto che al nono assalto la spada di Hirsh si spezza e deve essere sostituita. Il cambio di lama, con la sua disinfezione alla fiamma, dà un po’ di riposo al polso di Marinetti.

Ecco il decimo e poi l’undicesimo scontro. Marinetti viene graffiato: ha i muscoli e i tendini della destra che ululano di stanchezza e gioca il tutto per tutto: rischiando d’infilzarsi, si butta in avanti in uno sconsiderato «a fondo». E’ una di quelle mosse del tutto antiaccademiche, che se fossimo in un cartone giapponese gli osservatori commenterebbero con l’immancabile: “non è possibile! Ha usato quella mossa!”. L’«a fondo» spariglia le carte e riesce. La lama del futurista passa la guardia e ferisce Hirsch all’avambraccio destro. L’ispirazione scaramantica aveva guidato la mano di Marinetti: «L’avevo detto che il numero undici mi avrebbe portato fortuna! Non potevo, assolutamente non potevo lasciar passare l’undicesima ripresa!».

Invano i medici Pelletier e Sasselin tentano di arrestare l’emorragia di Hirsch, che è costretto a ritirarsi. L’impresa vale a Marinetti un surplus di notorietà in tutto il mondo, perfino oltreoceano. I giornali dell’epoca impazziscono per l’evento e la raccontano con resoconti e vignette, dal ceffone al critico fino al «a fondo» finale. «Dopo avere rivoluzionato col Manifesto futurista il cervello dei passatisti e il cuore delle parigine, Marinetti sconfigge i metodi schermistici di Dubois, poiché ha vinto mediante un colpo segreto rivelatogli da Agesilao Greco», scrive un foglio del tempo.

«Dopo avere rivoluzionato col Manifesto futurista il cervello dei passatisti e il cuore delle parigine, Marinetti sconfigge i metodi schermistici di Dubois, poiché ha vinto mediante un colpo segreto rivelatogli da Agesilao Greco»

Marinetti è l’eroe del momento, e come da copione alle gambe del vincitore di avvinghiano feline le più belle donne e già nuovi… duelli si preparano: una certa Benesech, famosa e affascinante avvocatessa russa, nel Café Chantant La Setala trova il modo di sedersi vicino a lui. Gli sussurra che è disposta a divorziare per sposarlo subito, ma che è gelosa della prima ballerina del locale, «la quale è già pronta per i vostri baci, signor Marinetti, tanto che nel ritornello ha fatto rimare a bella posta la parola futurista con la parola artista».

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