C’è una Sicilia che parallelamente al dramma del Coronavirus sta vivendo l’umiliazione per la scarcerazione di condannati per fatti di mafia. Chi, nei primi anni ‘90, ha vissuto uno dei periodi più bui della Sicilia caratterizzato dalla stagione stragista di Cosa Nostra schierandosi dalla parte di chi restava a terra senza vita rimane indignato alla notizia della scarcerazione dei boss mafiosi. La prima sensazione è di incredulità; come è possibile che assassini, condannati, possano essere messi fuori dalle Carceri? Poi prevale la rassegnazione nel comprendere che, chi dovrebbe tutelare i diritti degli onesti sta in silenzio.
Nelle settimane scorse tanti parenti delle vittime di mafia hanno gridato il proprio dissenso a questa decisione; hanno detto no alle scarcerazioni di pericolosi killer di mafia. Inascoltate le grida di dissenso da parte di chi aveva portato il vestito a lutto è ancora oggi lo porta nel cuore.
Perché questa ulteriore umiliazione verso chi ha perso la vita nella lotta all’antistato? Borsellino diceva che “politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio” e continuava affermando “Non si può dire che lo Stato si sia arreso nella sua lotta contro il crimine organizzato, perché ci si può arrendere solo dopo aver combattuto e lo Stato non ha mai combattuto questa battaglia. Non c’è mai stata da parte della classe politica la volontà di reagire alla mafia, quella volontà che venne trovata per il terrorismo. Ma il terrorismo minacciava direttamente la classe politica. La mafia invece si distingue dalle altre organizzazioni criminali in quanto la sua struttura è analoga a quella dello Stato. Non si può confondere con bande come quella di Vallanzasca o Epaminonda. In quei casi basta arrestare i promotori per eliminare l’organizzazione. La mafia ha una struttura particolare, come lo Stato, considera il territorio come un suo elemento costitutivo”.
Tanti hanno fatto sentire la voce di dissenso alla decisione di mandare agli arresti domiciliari condannati per mafia. Maria Falcone esterna “grande preoccupazione che l’emergenza Coronavirus possa essere sfruttata dai boss per uscire dal carcere e vedere commutata la loro condanna in detenzione domiciliare” e continua con il “timore che a rendersi complici dei criminali siano le inefficienze burocratiche e il mancato coordinamento tra i centri decisionali. Inefficienze che potrebbero avere conseguenze gravi non solo nei casi dei capi mafia al carcere duro ma anche per i detenuti mafiosi in alta sicurezza. Se ci sono falle nel sistema, vanno immediatamente trovati i rimedi”.
Anche il Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci ha esternato più volte la propria contrarietà al rientro dei mafiosi “Esistono ragioni di sicurezza, di ordine pubblico e di buon senso per dire no al rientro di alcuni detenuti pericolosi nei luoghi dove vivevano e dove hanno commesso gravi reati. Ecco perché certe decisioni lasciano sbigottiti. E l’incredulità che provano alcuni magistrati, da sempre in prima linea, è la stessa che sta provando la gente comune”.
Il capogruppo in commissione giustizia di FDI Carolina Varchi, palermitana, crede che “è indecoroso il tentativo del Governo di scaricare sulla magistratura di sorveglianza la responsabilità delle scarcerazioni dei boss quando sono ormai evidenti le gravi inadempienze del DAP che denuncio da mesi in Parlamento. Questa maggioranza abbia il coraggio di affrontare un dibattito parlamentare e dire chiaramente se difende il regime del carcere duro per i boss o, come chiedeva Cosa Nostra con il famoso papello, il 41bis per il Governo si può abolire.” conclude l’On. Varchi “Noi difendiamo questo strumento che ha consentito di assestare duri colpi alla criminalità organizzata e pretendiamo immediati chiarimenti sulle azioni del DAP e la rimozione dei vertici”.
Ed oggi alla notizia della scarcerazione di altri noti mafiosi arriva l’indignazione di Chicco Alfano, figlio di Beppe il giornalista ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1993, “Oggi, causa coronavirus, hanno scarcerato Angelo Porcino uno dei boss della cosca barcellonese” che lancia una provocazione “Adesso basta indugiare scarcerate anche Giuseppe Gullotti, boss della mafia barcellonese e mandante dell’omicidio di mio padre e Antonino Merlino killer di mio padre. Fatelo subito non aspettate la scusa del coronavirus perché tanto lo sappiamo: ciò che iniziò 28 anni fa non si è mai fermato. In un paese civile quale NON è l’Italia sarebbero già arrivate le dimissioni del ministro della giustizia e del capo del D.A.P. Ma noi abbiamo invece il ministro del io non centro, del non è colpa mia e dell’indifferenza.”
Nel giorno dell’anniversario della “liberazione” è intervenuto, sulle scarcerazioni, il responsabile per la Sicilia di #CulturaIdentità Giuseppe Di Blasi dedicando il 25 Aprile “a quegli Eroi, dei nostri tempi, che hanno combattuto l’arroganza e la sopraffazione della criminalità organizzata; a chi ha perso la vita nella lotta alla mafia” lo dedica prosegue Di Blasi “a tutte le famiglie che hanno visto morire un proprio caro per mano mafiosa e che oggi subiscono l’onta, da parte dei nostri governanti, di vedere i carnefici della libertà, i boss mafiosi, uscire dalle carceri”.
Il paradosso di questa quarantena sarà ricordato così: “gli Italiani chiusi in casa e privi di libertà per contrastare la diffusione del Coronavirus e i Boss mafiosi “liberi” con la scusa dell’emergenza sanitaria”, conclude Giuseppe Di Blasi, che è anche Consigliere Comunale a Termini Imerese e dirigente nazionale di FDI.
E nel frattempo la politica, il governo, sta in silenzio. Ormai abbiamo imparato, per combattere il Coronavirus bisogna lavarsi le mani…. lo diceva già Ponzio Pilato.