Pasquale Taraffo. Il Paganini della chitarra

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Tanti e noti sono i contributi di Genova e la Liguria alla storia della musica, sia a quella classica che popolare: dal violinista Niccolò Paganini alla “scuola genovese” cantautoriale di Fabrizio De Andrè, Bruno Lauzi e Gino Paoli. Meno famosi per il grande pubblico sono invece i grandi chitarristi genovesi di fine ‘800 e inizi ‘900, oggi quasi dimenticati ma all’epoca popolarissimi in Italia e all’estero, e in particolare il loro più talentuoso esponente, il genovese Pasquale Taraffo, la cui abilità e velocità nel suonare la sua speciale chitarra-arpa a ben 14 corde gli valsero il soprannome dialettale di “O Rêua”, ossia “la ruota” e quello di “Paganini della chitarra”.

Nato a Genova il 14 novembre 1887 nel quartiere di Marassi, Pasquale Taraffo, i suoi due fratelli e sua sorella furono avviati alla musica dal padre, artigiano del ferro e bravo suonatore di chitarra, strumento all’epoca molto diffuso data il suo basso prezzo e limitato ingombro. Pasquale dimostrò sin dalla giovanissima età di nove anni un talento fuori dal comune, tanto che due armatori genovesi, Prospero Lavarello e Stefano Censini, si offrirono di sostenerlo, patrocinandogli concerti e promuovendolo anche al di fuori di Genova, città dalla vita artistica peraltro molto vivace nei suoi innumerevoli teatri e luoghi di ritrovo. Quindi, come scrive Franco Ghisalberti, che a Taraffo ha dedicato una bella biografia (Pasquale Taraffo. Il Paganini della chitarra, Genova 2013), ancora in giovane età, Taraffo avvertì la necessità di suonare uno strumento che fosse più completo, cioè con un maggior numero di corde e adottò una chitarra particolare con 14 corde, che portò con se anche durante il servizio militare nel 1910. Iniziò quindi un rapporto di collaborazione affiatata ed amichevole con il liutaio Settimio Gazzo che per lui costruì diversi modelli di chitarra a più di sei corde sino ad arrivare a quella a 14 corde che, completata dal piedestallo, sarà la compagna prediletta da Taraffo e lo accompagnerà per tutta la vita.

Con questa straordinaria chitarra Taraffo, ormai lanciato sul palcoscenico internazionale grazie a molte tournée in Italia, Europa e nelle Americhe, si trasformerà in un vero antesignano dei “Guitar Hero” della musica pop contemporanea, toccando vertici di virtuosismo e di velocità alla chitarra mai raggiunti in precedenza, e arrivando a suonare per ben quaranta sere in un teatro di Barcellona, stordendo e estasiando il pubblico a tal punto da essere acclamato  “El Dios de la guitarra”.

Uomo mite e taciturno, sempre pronto a assistere i giovani chitarristi esordienti, amante della famiglia (diede a due sue composizioni i nomi dei suoi figli Prospero e Stefania, tributo anche agli armatori-mecenati che lo aiutarono in gioventù) e della sua città d’origine, morì prematuramente di ulcera gastrica a Buenos Aires il 24 aprile 1937. Ai giorni nostri il compositore e chitarrista genovese Beppe Gambetta ne ha particolarmente curato l’opera, scoprendone inoltre un più unico che raro filmato “in studio” a New York nel 1928.

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