Pino Strabioli: “La mia vita tra Roma e Orvieto, tra San Pietro e il Duomo”

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Pino Strabioli è ormai da anni un protagonista televisivo che sa unire ironia, garbo e cultura. Ne ha da vendere, ma con grande umiltà non l’ha mai esasperata: anche per questo il pubblico lo ama, considerandolo un punto di riferimento del mondo del teatro. In effetti Strabioli (in onda tutte le settimane con Il Caffè di Raiuno), continua la sua carriera relativa al palcoscenico. Direttore artistico in Abruzzo e Umbria nei teatri di Atri e Orvieto, fra pochi giorni (25 e 26 gennaio) debutterà insieme a Sabrina Knaflitz al Teatro Tor Bella Monaca di Roma con lo spettacolo Carta straccia: “E’ un testo scritto da Mario Gelardi, a cui ho suggerito un’ispirazione alle Sorelle Materassi di Palazzeschi”, ci racconta lui. “La storia è quella di due fratellastri figli dello stesso padre: lei zitella, lui omosessuale. Arriva improvvisamente nella loro vita un nipote, figlio di una terza sorellastra, che affascina chiunque: scombussola l’ormone e la vita di entrambi. Si innesca in qualche modo una gelosia per questa giovinezza che irrompe nelle loro solitudini”.

Tutto ambientato nel 1968. La macrorivoluzione di quell’anno si trasforma quindi in un cambiamento anche nelle singole persone.

Fu una rivoluzione sociale epocale che ebbe un anno ben preciso e che cambiò molti modi di pensare. La figura del giovane nipote è quella di uno che fatica a guardare al discorso dell’accoglienza e della diversità: ci serve quindi, oltre che per creare dinamiche divertenti in un testo che è certamente una commedia, anche per aprire pagine interessanti di riflessione.

Come nel tuo stile: sta girando con successo da diversi anni uno spettacolo biografico su Paolo Poli (Sempre fiori mai un fioraio) che offre grandi spunti su tematiche talvolta delicate.

Quello spettacolo mi continua a dimostrare che la gente ha bisogno di sentire raccontare questi vissuti. La storia di Poli, nato nel 1929, diventa un esempio importante perché al centro c’è l’uomo, non la sessualità: fu uno dei primi a volere abbattere l’idea di etichettare le persone in base a quella.

Cosa è rimasto oggi di Paolo Poli a teatro?

È rimasta la sua stessa immagine: un certo modo di recitare lo ha inventato lui. Aveva una maniera di fare spettacolo che si rivelò però unica e irripetibile. Esattamente come Dario Fo e Carmelo Bene, Paolo fu un Maestro con una personalità decisa e inimitabile. Un istrione che fece della libertà la sua cifra esistenziale, sul palcoscenico e fuori.

E a Pino cosa rimane di Paolo Poli?

Un uomo estremamente colto: un divulgatore che quando parlava attingeva alla grande letteratura, faceva riferimenti artistici e pittorici di livello altissimo, ma li raccontava contaminandoli con un linguaggio popolare. Quando andavi a vederlo annullavi tutto quello che ti stava intorno, compresi i pregiudizi che spesso lo hanno circondato: ti trovavi semplicemente di fronte a un fenomeno, a un fascino, a una favola. A una persona non classificabile che ti portava nel suo mondo coinvolgendoti.

Recentemente è stato mandato in onda Natale in Casa Cupiello a teatro, eppure è stata una mosca bianca: è così impossibile parlare di teatro in tv?

Il teatro sul piccolo schermo funziona quando lo si fa come Salemme, che con la sua capacità attoriale e forte della sua popolarità, ha coinvolto senza tradire la forza di quel testo. È un caso abbastanza unico però. Il teatro in tv, fatto come succedeva una volta, oggi sarebbe improponibile, a meno che non venga studiata una regia televisiva apposita, come faceva Eduardo, o come ha fatto proprio Salemme, che ha saputo creare un evento, o ancora come Alessandro Gassmann, che com Il silenzio grande scelse una regia cinematografica per trasporre un’opera teatrale.

Tu però quella chiave l’avevi trovata: ogni mattina, a Cominciamo Bene, con la scusa dell’intrattenimento, nel frattempo trasportavi il pubblico in una dimensione teatrale.

È vero, avevamo ospiti come Mariangela Melato, Franca Valeri: senza saperlo, anche le giovani generazioni così si avvicinavano al palcoscenico. In tv, però, il teatro lo si può solo raccontare, cercando appunto di usare un linguaggio che sappia unire i due mondi. Il servizio pubblico dovrebbe occuparsene sempre: non lo nascondo, mi piacerebbe tornare a fare qualcosa di simile.

Chi ti apprezza a teatro, però, scopre anche un Pino nuovo, comico, che accenna persino al ballo: come mai non ti fanno fare queste cose sul piccolo schermo? Ti senti sottovalutato?

No, non è colpa di qualcuno in particolare: la verità è che in tv si ragiona per schemi, quindi non vengo considerato sotto questo punto di vista, ma va benissimo dividermi la mia nicchia televisiva con la mia parte teatrale. Ultimamente mi sono tolto qualche sfizio andando anche a Splendida cornice, concedendomi piccole follie, che hanno rimbalzato pure sui social dove le persone hanno dichiarato di essere sorpresi da questa parte più comica di me. E Pensare che in tv iniziai proprio come comico…

Che anno era?

1992. Si trattava di un programma di Fazio, T’amo tv. Portai quel personaggio comico anche al Costanzo Show. Poi la mia carriera televisiva è diventata un’altra, anche perché c’è un po’ di pigrizia a proporre cose nuove e cambiare…Ma ripeto, va benissimo così, sono assolutamente felice.

Il teatro però non è solo uno schema con cui ti vede la tv: ne dirigi addirittura due: ad Atri e a Orvieto. Qual è il segreto per il successo del palcoscenico?

Assolutamente. Arrivai ad Atri, città ducale abruzzese molto bella, che c’erano 30 abbonati. Ora quel teatro fa tanti sold out: è una grande soddisfazione. Idem a Orvieto, che ha una grande tradizione teatrale avendo fatto debuttare la Compagnia dei giovani con Rossella Falk, De Lullo, Romolo Valli… Credo sia importante fare proposte variegate, andando dalla comicità al dramma, ma anche proponendo personaggi che non passino per forza dalla tv: piccole mosse anche coraggiose, ma quando si fa il cartellone della stagione si crea un vero e proprio percorso, in cui si condurranno le persone durante l’anno.

La cultura ha colore politico?

Niente affatto. Non deve. Io sono considerato uomo di sinistra, ma mi sono stati affidati teatri in comuni governati dal centrodestra: finché si ragiona su una cultura di destra o di sinistra non si va avanti. Esiste solo la cultura in senso stretto, dove si apprezzano le persone per ciò che fanno.

Qual è la città identitaria di Pino Strabioli?

Mi divido tra Roma e Orvieto. Quando sono nella capitale ho nostalgia delle giornate orvietane e viceversa. Il fatto è che la mia famiglia è di Roma, ma io crebbi a Orvieto perché vi capitai essendo mio padre un militare: in entrambe le città ho ricordi simili dell’infanzia. La mia vita è sempre stata insomma un viaggio tra Roma e Orvieto, ossia tra San Pietro e quel Duomo meraviglioso che cambia colore a seconda dei colori del cielo creando emozioni indelebili in chiunque lo ammiri.

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