Quando ci si sente sotto assedio, vero o presunto non importa, l’unico rifugio possibile è affidarsi ad una guida, un uomo che investito per qualche motivo di larghissimi consensi sappia incarnare il sogno di vincere il nemico. In Trumpismo esoterico (Passaggio al bosco, pp. 164, € 16,00, 2024) Costantin von Hoffmeister, studioso di letteratura inglese e scienze politiche, dimostra a riguardo di non avere dubbi: è l’individuo a condurre la massa fuori dal guado. E, di questi tempi, se c’è un leader politico cui è stata appiccicata l’etichetta di Messia – un ruolo, tra l’altro, che il diretto interessato continua a recitare senza apparenti difficoltà – quello è proprio Donald Trump.
Il Tycoon newyorkese che, tornato alla testa del Partito repubblicano, ancorché mal digerito da una parte dei suoi – dimostrando dunque di essere un corpo estraneo per tutto il sistema politico statunitense -, alle elezioni presidenziali dello scorso cinque novembre ha sconfitto la candidata democratica Kamala Harris. Vittoria netta, inequivocabile, senza appello, ancora una volta contro una donna (dopo Hillary Clinton nel 2016). Annuncio di magnifiche sorti e progressive secondo i sostenitori. Tramonto inesorabile della più “grande democrazia del mondo”, per i detrattori. Insomma, queste elezioni, oltre ad avere ulteriormente polarizzato le opinioni pubbliche di mezzo mondo, hanno impegnato osservatori e analisti ad assumere categorie diverse da quelle che normalmente sono soliti utilizzare, nello sforzo impervio di comprendere un successo politico visto dai più quasi esclusivamente come il frutto di un impazzimento generale del popolo americano.
Ancora sul Venerdì di Repubblica della scorsa settimana, per dire, si leggeva un Massimo Giannini affranto, deluso, ma soprattutto sconcertato di come i suoi zii d’America, trapiantati oltre Atlantico da sessant’anni, potessero dirsi felicemente trumpiani e contrarissimi alle istanze democratiche di Kamala. Definendoli pure, con la solita spocchia, “di nuovo felici” perché “Lui è tornato”, e loro dunque “si sentono protetti”, ingenui che non sono altro. Ecco, al di là dei giudizi sulle singole posizioni di Trump, verso cui è lecito avere più d’una riserva, si potrebbe consigliare a tutti costoro la lettura proprio del libro di Von Hoffmeister, e questo per diversi motivi. Innanzitutto, per l’esplorazione non convenzionale della figura del leader repubblicano, condotta stilisticamente con prosa lirica e solenne, dove l’autore è voce narrante oltreché emanazione identitaria di un corpo sociale ampio, orizzontale, alla perenne ricerca di sé stesso e di una nuova centralità: quell’elettorato – come si è visto, molto più eterogeneo di quanto le rilevazioni prima del voto lasciassero supporre – che ha scelto Trump come guida di una nazione in grave crisi culturale prima che politica.
Trumpismo esoterico poi è anche compendio multiforme, seducente analisi politica del presente, caleidoscopio di suggestioni, da Il ramo d’oro di James G. Frazer alla teoria ciclica della storia di Oswald Spengler, dall’America profonda e i guasti della globalizzazione alla grande letteratura di H.P. Lovecraft e Robert E. Howard, dalla Bibbia alla Magia, dalla Geopolitica ai meandri dell’occulto. Un dialogo ad un tempo immaginifico e drammatico, teso comunque a non disgiungere mai il fenomeno reale, concreto di un uomo in carne e ossa, e i tanti simboli misterici che questi porta con sé. Infine, aprendo ad una prospettiva originale e spregiudicata, l’indagine filosofica di Von Hoffmeister è consigliabile affrontarla soprattutto perché dota il lettore di una cassetta degli attrezzi utile a dissezionare la narrazione trumpiana della guerra perenne contro tutti, secondo la quale lui è l’alfiere e il difensore dell’America, mentre gli altri quelli che faustianamente ne minacciano la sopravvivenza. Proprio qui, nel campo di una battaglia dall’esito tutt’altro che scontato, dunque, risiede quel sogno di vincere il nemico dal quale siamo partiti: di fatto il motivo ideale per cui Donald Trump è stato eletto nuovamente presidente degli Stati Uniti. Così come entro i confini fin troppo ristretti di questo agone politico, dopo averne Trump stesso già sperimentato le difficoltà nello scorso mandato, vedremo molto presto chi sono realmente i nemici – se gli stessi o meno della campagna elettorale (clandestini, guerrafondai, progressisti, woke culture etc.) – e quanto questa nuova America, oggi convintamente dalla sua parte, sarà capace di scongiurare l’ennesimo crepuscolo all’orizzonte. Una cosa è certa, però: i favori di cui gode Donald Trump hanno salde radici metafisiche. Ai nemici, un tempo solo avversari, non rimane che inoltrarsi in sentieri fin qui colpevolmente inesplorati, sempre che una qualche connessione con il popolo americano sia il loro vero intento.