Quei “governi balneari” di destra e di sinistra…

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L’Italia, si sa, è la patria di poeti, santi e navigatori, ma è anche la patria dei “governi balneari”, formula tutta tricolore della cronaca parlamentare per designare quegli esecutivi battezzati tra giugno e agosto con l’unico obiettivo di durare fino ai primi freddi e godersi (e far godere agli italiani) in tranquillità le spiagge. Il primo vero esecutivo “balneare” è il primo governo Leone del 1963: giura nel solstizio d’estate (21 giugno) e rimane in carica fino al 4 dicembre, quando i tempi sono maturi per un governo di centrosinistra organico, con la guida di Aldo Moro e di cui fanno parte Dc, Psi, Psdi e Pri. Il secondo esecutivo definito “balneare” è quello di Mariano Rumor nel 1969: rimane in carica dal 6 agosto 1969 al 28 marzo 1970 per un totale di 234 giorni, ovvero 7 mesi e 22 giorni.

Insomma, anche per la politica la spiaggia è una sorta di totem, ha un qualcosa insieme di sacralità, di intoccabilità e di superstizione. Ma forse è meglio utilizzare l’imperfetto, perché questa tradizione antica è stata spezzata fragorosamente da Matteo Salvini e dalla famosa estate del “Papeete beach”, lo stabilimento di Milano Marittima dove il 3 agosto 2019 viene accesa la miccia che cinque giorni più tardi, con la richiesta di “pieni poteri” e l’apertura della crisi da parte del vicepremier leghista, frantuma il governo giallo-verde del Conte 1. Il leader della Lega, allora anche ministro dell’Interno, è all’apice tra selfie, mojito, cubiste e inno d’Italia in versione dance, ma dal momento in cui osa toccare e disturbare materassini, tuffi e nuotate, invitando i parlamentari della Repubblica ad “alzare il culo” e tornare a Roma entro ferragosto per consentire che si aprisse velocemente la crisi di governo, inizia una parabola discendente che sembra non conoscere a tutt’oggi, dopo ben 3 anni, la parola fine.

Certamente però, come per quasi tutti gli italiani, pure il legame dei politici con il mare è fortissimo, come dimostrano per esempio gli stessi protagonisti della nostra cosiddetta Prima Repubblica: Aldo Moro si presentava in spiaggia in camicia e pantaloni, Enrico Berlinguer si confondeva tra i bagnanti per passare inosservato, ma portava in valigia i classici del marxismo da leggere sotto l’ombrellone.

E venendo ai giorni nostri, l’ex premier e attuale commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni ha una frequentazione pluridecennale con Anzio, sul lungomare laziale, lo stesso che d’estate vede ospite l’attuale Presidente del Consiglio Mario Draghi, proprietario di una casa a Lavinio, a pochissimi chilometri da Anzio.

E chi non conosce Capalbio, il paesino toscano simbolo dell’intellighenzia vacanziera e post comunista? Contraria però ai migranti e a 50 rifugiati, respinti con sdegno, nel 2016, tra un piatto di fettuccine al ragù di cinghiale e una bomba alla crema, dai vip della “piccola Atene” della sinistra radical chic.

Altra classica distinzione che appartiene alla vulgata generale è quella che riguarda Santa Marinella e Sperlonga: la prima di destra, la seconda di sinistra. Santa Marinella, aristocratica, ricca, dominata dal castello Odescalchi. Sperlonga, scoperta in era repubblicana, promossa dagli “alternativi” negli anni Sessanta, caratterizzata da antiche casette imbiancate a picco sul mare attorno alla rocca.

Chi non ha dubbi di appartenenza è di sicuro la spiaggia di Chioggia, in Veneto, esattamente lo stabilimento “Punta Canna”, agli onori delle cronache (non solo giornalistiche) perché pieno di cartelli con immagini di Benito Mussolini e di saluti romani con sotto scritto “Se non ti piace, me ne frego”. L’alter ego di Chioggia è una spiaggia che inneggia al marxismo e al leninismo, che celebra le follie di Stalin e quell’ideologia cieca e sanguinaria. Vale a dire, Roccella Jonica, in Calabria e il ritrovo annuale denominato “Guerrilla”: in questo caso naturalmente nessuno si indigna, ma tra le onde e le dune ci sono falce e martello invece che secchiello e paletta, campeggiano striscioni antimperialisti e simboli di regimi che hanno seminato morte e terrore, e sventolano le bandiere rosse, su un pennone alto quanto il numero di crimini commesso dai sostenitori del marxismo-leninismo negli ultimi decenni di storia mondiale. Ma di destra o di sinistra, fascista o comunista o democristiana che sia, la spiaggia è da sempre, e lo resterà, il modo nazionale, l’icona, per definire le vacanze: come è scritto sapientemente nella canzone di Mogol e come cantava divinamente Mina, “…stessa spiaggia, stesso mare…”.

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