Quella notte all’idroscalo – parte prima

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Pasolini

La storia di QUELLA NOTTE ALL’IDROSCALO è la storia dell’assassinio di Pier Paolo Pasolini avvenuto nella notte tra 1 e 2 novembre 1975. Su questa inquietante storia nessuno ha ancora messo il punto. Non la giustizia, che pure dopo la pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, come ultimo grado, avrebbe definitivamente chiuso la vicenda, indicando come unico colpevole dell’omicidio Giuseppe Pelosi, visto che si sono ripetute nel tempo le richieste di riapertura delle indagini; non l’impegno giornalistico che ha scatenato penne, anche eccellenti, a chiedere agli inquirenti accertamenti e spiegazioni sulle troppe incongruità emerse da un istruttoria completata assai frettolosamente e con evidenti lacune; né, infine, il clamore di intellettuali colleghi ed amici dello scomparso, i quali rivendicano una riparazione della memoria infangata con menzogne ed omissioni. Tutta questa sete di sapere, di chiedere risposte ad interrogativi rimasti muti, sta certamente a significare che le conclusioni a cui si è giunti non soddisfano e non convincono i fautori della “teoria del complotto”. Tra questi ci sono, indegnamente, anche io. Qui si fornisce la spiegazione tecnica basata sulle circostanze emerse a disposizione sulla rete. Il resto è frutto di una ricostruzione fantasiosa perché l’unico personaggio ancora in vita di tutti i protagonisti coinvolti, Johnny Lo Zingaro – al secolo Giuseppe Mastini – potrebbe parlare, dire la verità dei fatti come si sono svolti e fare piena luce su un mistero che dura da 50 anni, ma ha sempre mantenuto un profilo bassissimo, rifiutando  riflettori e microfoni e negando ogni pur minimo coinvolgimento nella vicenda.

La storia che andiamo raccontando, parte da lontano. Sono gli anni caratterizzati da una forte instabilità politica, incapace di contenere ed imbrigliare voci di dissenso che continuamente introducevano il pericolo di un sovvertimento politico e rivoluzionario, aspramente contrastato dal partito di governo, la Democrazia Cristiana. Quella che venne chiamata Strategia della Tensione, mirava appunto ad incutere nella popolazione un autentico terrore di un sopravvento manu militari sia dei partiti della sinistra extra parlamentare, che da quelli della destra eversiva, spingendo gli elettori a preferire il voto dei partiti conservatori di centro. L’obiettivo era naturalmente il ceto borghese, più sensibile all’esigenza di proteggere e salvaguardare una tranquillità sociale e i privilegi acquisiti nel boom economico che caratterizzò il secondo dopoguerra, con attentati e stragi sapientemente organizzati proprio allo scopo di rivelare un pericolo insurrezionale artificiale, costruito a tavolino. Contro questa posizione identificata come una sorta di “neo fascismo”, si schierava con vigore l’intellettuale cineasta Pier Paolo Pasolini, che della avversione contro il sentimento borghese, perbenista e forcaiolo, aveva fatto una bandiera personale irrinunciabile. Nativo di Bologna, ma friulano d’adozione, aveva avuto un impatto devastante nella adolescenza. Comunista convinto e iscritto al PCI aveva subito l’onta dell’espulsione per dei fatti giudiziari connessi con la sua omosessualità che ancora nella seconda metà degli anni quaranta non era tollerata ed anzi aspramente avversata come disturbo per la diversità di uno stile di vita non allineato, proprio da quel ceto borghese che amava l’uniformità e le convenzioni. Altro dolore significativo era stato l’assassinio di suo fratello Guido, partigiano della formazione “ bianca” Osoppo, ucciso nella strage di Porzius dai partigiani comunisti rossi di ispirazione titina che contendevano al CLN il controllo del Friuli da inglobare nell’orbita iugoslava. Il giovane Pier Paolo aveva imparato presto, a sue spese, che la manipolazione delle informazioni era a servizio di un potere costituito e che in questo modo manteneva intatta la sua supremazia.

Con la madre, unico suo supporto per tutta la vita, era emigrato a Roma, credendo di combattere con la moltitudine sociale della Capitale le ristrettezze culturali e chiuse della provincia contadina. Il pensiero raffinato e l’indubbio intuito intellettuale, ne aveva fatto una voce, sì fuori dal coro, ma ascoltata e valutata per l’autorevolezza delle intuizioni che andava fissando in articoli e scritti. La necessità di esaminare le storture della storia repubblicana ai primi albori, gli viene dalla morte di Enrico Mattei, il disinvolto ed intuitivo presidente dell’Eni che volle guidare il paese fuori dall’orbita provinciale in cui gli alleati (e principalmente gli americani) lo volevano mantenere. Precipita a Bascapè col suo aereo personale nell’Ottobre del 1962 e tutti, pur imbeccati dall’ipotesi di un guasto accidentale, sono propensi a credere ad un ipotesi politica  che vedrebbe protagonisti dell’omicidio i petrolieri stranieri componenti il Trust denominato Sette Sorelle, cui l’intraprendenza di Mattei dava fastidio perché nella ricerca di una autonomia italiana strizzava l’occhio al mondo arabo, sino a quel momento sfruttato dalle esigenze di un occidente ingordo e occupato a saccheggiare le risorse senza preoccuparsi di correggere tensioni sociali ed esigenze di vita bistrattate. Il bellissimo film di Francesco Rosi sul petroliere italiano, si avvaleva della collaborazione diremo “tecnica” di un altro soggetto particolare di questa storia: il giornalista Mauro De Mauro che aveva seguitole ultime ore di Mattei in Sicilia. De Mauro carico di un passato oscuro, coinvolto nell’avventura della RSI, con alcune pesanti responsabilità, si era, per così dire, riabilitato, come opinionista d’assalto e forte di robuste entrature nell’ambiente dei Servizi stava collezionando numerose informazioni sulla fine di Mattei per darne una lettura nuova. Come è noto anche De Mauro sparirà dalla scena senza che fosse mai ritrovato il cadavere. Pasolini che aveva affittato un appartamento a Catania, stava seguendo la pista De Mauro per la stesura del romanzo in forma inusuale che stava componendo: PETROLIO

Buona lettura.

QUELLA NOTTE ALL’IDROSCALO…

Atto unico – Parte 1^

personaggi

UNO ufficiale superiore dei Servizi

DUE agente dei Servizi

BIONDINO, ragazzo malavitoso

PELOSINO, ragazzo di vita

BRACIOLA, ragazzo di vita

TONINO, meccanico

Buio. Sipario. Musica. Il proiettore sul fondale, illumina delle scritte :

Pavia, Bascapè 27 ottobre 1962

Precipita l’aereo privato con a bordo il presidente dell’Eni, Enrico Mattei (Immagine dell’aereo precipitato sulla campagna pavese) Si sospetta subito l’attentato sia ad opera di petrolieri stranieri, cui Mattei con la sua intraprendenza, dava fastidio

Palermo 16 settembre 1970.

Scomparso un noto giornalista de L’ORA che stava indagando sulle ultime ore di Mattei in Sicilia. (Immagine del giornale L’ORA) La denuncia della figlia con la quale stava rientrando a casa. Palermo 17 settembre 1970 Ritrovata in via D’Asaro la vettura del giornalista scomparso (Immagine della vettura ritrovata) Le autorità di Polizia ricercano lo scomparso Prende corpo l’ipotesi di un rapimento Il giornalista aveva scoperto il segreto dell’attentato ad Enrico Mattei?

Si susseguono immagini di stragi e attentati mentre si ode una voce registrata. Sottofondo del ticchettio dei tasti di una macchina da scrivere a nastro.

Io so.

Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe, che in realtà è una serie di golpe. Io so i nomi dei responsabili e i vertici che hanno organizzato tutte le recenti stragi. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista e una seconda fase antifascista. Io so, perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace e ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero

 Il ticchettio dei tasti della macchina da scrivere si spegne piano, mentre compare sul fondale un’altra scritta

Estate 1975

In un imprecisato appartamento di Catania.

La musica cessa. Luci soffuse in un ambiente scarno dove ci sono un tavolo e due sedie. Due uomini dei Servizi a colloquio, uno di spalle al pubblico e l’altro di fronte. Sullo sfondo un’immagine di Catania

UNO: E’ pericoloso. Ha troppe informazioni…

DUE: Secondo me non sa niente. Ha delle intuizioni basate solo sulla sua immaginazione…

UNO: No. Non bisogna minimizzare. Questo sta raccogliendo prove di un colpo di Stato, non vuole solamente farsi pubblicità; è uno che ci crede. Abbiamo verificato…

DUE: Quanti ne abbiamo visti? Per me è solo uno che cerca di farsi vedere, di far parlare di sè. Fa dei film di merda che nessuno vede e si cerca la fama rovistando in misteri che possono attirare l’opinione pubblica. Ma non ha niente in mano.

UNO: Come “non ha niente in mano”? Ieri ho mandato due dei nostri a casa sua. Questo ha messo su un archivio. Documenti, rivelazioni, prove di quello che stiamo facendo. Ha un dossier su tutte le stragi di questi ultimi dieci anni.

DUE: Ah, però…

UNO: Senza contare tutti gli articoli che scrive per i giornali… Hanno fotografato gli appunti che ha preso per il suo nuovo romanzo. Questo, è vicino alla verità. Bisogna fermarlo.

DUE: Glieli avete portati via?

UNO: Certamente no. Si sarebbe insospettito. Sarebbe subito andato in televisione a strillare che lo Stato fascista vuole mettere il bavaglio alla stampa, alla cultura e tutte le solite puttanate. E poi non sappiamo se abbia copie in giro. Bisogna essere cauti. Questo non è uno stupido.

DUE: E allora?

UNO: Ha una casa a qui a Catania e ha anche degli informatori, nel giro dei froci. Gli passano notizie molto delicate. Nessuno si rende conto di quanto sia pericoloso. Queste notizie possono destabilizzare il Paese.

DUE: Quelli di sinistra non aspettano altro.

UNO: E quindi è inutile far sparire gli appunti. A sconfessare quello che sa, ci pensiamo noi. Ma lui bisogna farlo stare zitto.

DUE: Ma questo romanzo, che dice? E’ un’opera di fantasia, no?

UNO: Il nostro uomo è un paraculo. Ha cambiato i nomi. Non fa mai riferimenti espliciti. Ci mette in mezzo quelle maialate che gli piacciono tanto, giusto per cambiare e per sviare l’attenzione, ma sta parlando del caso Mattei.

DUE: Ed anche del giornalista scomparso?

UNO: Gli abbiamo trovato un sacco di appunti sul giornalista. E poi va parlando con tante persone. Chiede, si informa, vuole sapere.

DUE: Col giornalista ci siamo serviti di Cosa Nostra per risolvere il problema. Neanche il corpo gli abbiamo fatto trovare. Abbiamo contatti diretti. Chiediamogli il fare lo stesso con questo stronzo.

UNO: No. Non dobbiamo commettere errori. Il lavoro non può essere fatto a Catania. Bisogna farlo a Roma, in quell’ambiente di fogna che gli piace frequentare.

DUE: A quello gli piacciono i froci e i ragazzini

UNO: E lì bisogna cercare. Con Mattei siamo stati bravi. Abbiamo fatto credere che l’attentato fosse opera delle multinazionali petrolifere. Colpevole generico, uguale: nessun colpevole. Il giornalista, invece aveva capito tutto e con lui il servizio ce l’hanno fatto i siciliani.

DUE: Ma il giornalista, quello che abbiamo fatto sparire, era uno dei nostri…

UNO: Ex Repubblichino. Fiancheggiatore. Era nell’organizzazione, ma si era messo in testa di rifarsi una verginità.

DUE: Che facciamo col regista?

UNO: Intercettate un ragazzino che ci possa aiutare. Lo attiriamo in un agguato e facciamo credere a tutti che è una squallida storia di depravati; un omicidio maturato negli ambienti della prostituzione giovanile romana.

DUE: La colpa ricadrà su lui.

UNO: Cercatelo minore, povero, disoccupato, ignorante. Il tribunale sarà clemente. Pochi anni e va fuori. La provocazione, il bisogno, un regista famoso che gli piacciono i ragazzini, una fedina penale già macchiata, condanne per atti osceni, abituato a fare a cazzotti… ci saranno tutte le attenuanti. Lo ricompenseremo bene.

DUE: Gli diamo meno informazioni possibili…

UNO: Ovviamente.

DUE: Abbiamo un analfabeta. Uno che farebbe al caso nostro.

UNO: Dove abita?

DUE: A Roma, zona Tiburtina. Un derelitto. Vive in una roulotte.

UNO: E’ preciso. Contattatelo. Se ne occupi lei. Precedenza assoluta. Meno sa e meglio è. Tanto questi capiscono solo i soldi.

DUE: Stia tranquillo. La metto al corrente giorno per giorno, signor Generale.

UNO: Facciamolo tacere, quel maiale!

Buio. Musica. Il proiettore sul fondale, illumina delle scritte

Estate 1975

Retro di un bar nei pressi del Forte Tiburtino.

Sullo sfondo l’immagine dell’entrata di un bar al Tiburtino La musica cessa. Luci soffuse in un ambiente scarno dove ci sono un tavolo e due sedie. Entrano in due. Un biondino claudicante di 16 anni, vestito male, sporco, con una birra in mano e il numero DUE di cui sopra, in giacca e cravatta.

BIONDINO: Io so’ venuto. Mo, però, me devi di’ che cazzo voi da me?

DUE: Stai calmo, Biondino. Non c’è bisogno che ti agiti…

BIONDINO: Io nun è che m’aggito, me ‘ncazzo…

DUE: Non c’è motivo, ti assicuro.

BIONDINO: E’ che quanno sto vicino a ‘na guardia, me rode er culo.

DUE: Hai bisogno di soldi?

BIONDINO: Anvedi… ma chi sei, ‘n fenomeno?

DUE: Facciamo così. Le domande le faccio io e tu rispondi. Va bene?

BIONDINO: Famo che mo me ne vado?

DUE: Ma come, io ti voglio aiutare e tu mi tratti così?

BIONDINO: M’o mmaggino che aiuto me dai…

DUE: Ricominciamo. Hai bisogno di soldi?

BIONDINO: Chi t’ha dato er nome mio e come m’hai trovato? ( e dà una sorsata alla bottiglia di birra e rutta)

DUE: Salute. Chi me l’ha dato? Sono una guardia, come dici tu, no? Mica sarà stato difficile. Sei piccolo, ma sei già famoso.

BIONDINO: …’A sparatoria de tre anni fa. L’amici tua m hanno lasciato sto ricordino… ( e si batte una mano sulla coscia)

DUE: Te la sei cercata Biondino.

BIONDINO: Seee, lallero…

DUE: Andiamo avanti. Puoi fare un po’ di grana. Ti va?

BIONDINO: Mo c’ho fame. Ordina quarcosa da magna’. Sta biretta m’ha aperto ‘o stommaco

DUE si alza e va verso il bar. Biondino, rimasto solo, sorseggia la sua birra. Dopo qualche istante DUE ritorna con un caffè e tramezzino su un piatto.

DUE: ( porgendoglielo) Tieni.

BIONDINO: Che d’è…? ( aprendolo ) Er tonno nun me piace…

DUE: ( sorseggiando il caffè) Mangia e non rompere il cazzo. Non ho tempo per farti da balia. Devi contattare una persona per ridargli delle cose che ha perso.

BIONDINO: Chi?

DUE: ( e gli mostra una fotografia) Questo.

BIONDINO: ( prendendola con le mani e guardandola) Ammazza che faccia da stronzo. Chi è?

DUE: Un regista. Famoso.

BIONDINO: Sarà uno che sta ‘ngranato, allora. Che s’è perso?

DUE: Due pizze di un film che ha appena finito di girare.

BIONDINO: Che so’ ste pizze?

DUE: Quei dischi dove avvolgono la pellicola di un film.

BIONDINO: E perché ce l’avrei io, ‘ste pizze?

DUE: Questo non è importante. Le pizze le abbiamo noi. Tu devi solo metterti in contatto con lui e dirgli che gliele vuoi ridare.

BIONDINO: E perché nun je ridate voi?

DUE: Cazzi nostri.

BIONDINO: Gentile. E io che ce guadagno?

DUE: Chiedi 10 milioni, se le rivuole.

BIONDINO: Così tanto vargheno, ‘ste pizze?

DUE: Senza quelle, il film non lo può finire. Deve accettare per forza.

BIONDINO: E quanto c’è pe me?

DUE: 10 milioni.

BIONDINO: Tutti? Allora chiedemoje de più.

DUE: Non fare l’ingordo, Biondino. Accontentati. Prendi un sacco di soldi senza fare niente. Mica è male, no?

BIONDINO: N’ do lo trovo ‘sto reggista?

DUE: Dietro la foto c’è l’indirizzo e il numero di telefono. Tu lo chiami. Gli dici che hai le pizze del film che mancano, gli dai un appuntamento in un luogo appartato e fai lo scambio.

BIONDINO: E lui ce viene?

DUE: Certo. Gli piacciono i ragazzetti come te.

BIONDINO: Pure frocio?

DUE: Gusti.

BIONDINO: Io coi froci ‘n ce vado. Manco pe’ sordi.

DUE: A noi non interessa quello che ci fai. Lo devi contattare e fissare un appuntamento.

BIONDINO: Ndove?

DUE: All’Idroscalo. Tra Ostia e Fiumicino. Lo conosci?

BIONDINO: ‘o trovo… Ghieci mijoni?

DUE: Sì. Non esagerare.

BIONDINO: Si me chiede de ste pizze? Ndo’ l’ho prese?

DUE: Oh, la conversazione al telefono deve essere breve. “Le pizze del film che ti mancano, ce le ho io. Se le rivuoi, vieni all’Idroscalo con 10 milioni”.

BIONDINO: Ma lo sa ‘ndo’ sta?

DUE: Lo sa. Ha una baracca affittata lì. Ci porta i suoi ragazzini.

BIONDINO: Sapete tutto…

DUE: E’ il mestiere nostro. Chiama da una cabina. Gli dai due giorni di tempo e poi lo richiami alla stessa ora, per la conferma.

BIONDINO: Ve devo richiama’? A te, dico…

DUE: No.

BIONDINO: Manco pe ditte che ha accettato?

DUE: Lo sappiamo se accetta. Tanto accetterà sicuramente.

BIONDINO: Ma i sordi, li trova?

DUE: Li trova, sta tranquillo.

BIONDINO: E poi?

DUE: Gli fissi un appuntamento all’Idroscalo.

BIONDINO: Ho capito. E poi che faccio?

DUE: Niente. Ti portiamo le pizze. Gliele consegni. Ti prendi i soldi e te ne vai.

BIONDINO: E basta?

DUE: Per noi, sì.

BIONDINO: Me parete matti…’E pizze ce l’avete voi. Er contatto pure. A che ve servo io?

DUE: Senti Biondino, io di soggetti come te ne trovo una folla. Se ti fanno schifo 10 milioni, me lo dici e te ne vai a fare in culo a quella fogna da dove sei uscito.

BIONDINO: Aoh, nun te ‘ncazza’. E’ che io le cose le vojo vede’ chiare, specie si me le dice ‘na guardia.

DUE: Guarda che io e te non ci siamo mai visti e non ci conosciamo. Se ho bisogno mi faccio vivo io. E adesso me ne vado perché mi hai veramente rotto il cazzo. E’ tutto chiaro?

BIONDINO: Paga er conto.

Due si alza e se ne va. Il Biondino resta seduto da solo e da un morso al tramezzino

Er tonno me fa caga’…

e lo butta.

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