Recentemente si è spesso sentito parlare di Dante, purtroppo non sempre al fine di esaltarne la genialità poetica, forse la più grande che il mondo abbia mai visto. È infatti solo di tre mesi fa la triste notizia di una professoressa di una scuola media di Treviso che avrebbe esonerato due studenti di origine straniera dallo studio della Commedia perché il poema andrebbe ad offendere i loro credo. Questo è l’ennesimo e ottuso esempio di una campagna di cancellazione culturale che in nome di presunti valori contemporanei di eguaglianza e “rispetto” vuole sabotare tutto ciò che non rispecchia gli standard puliti e sicuri della nostra bella civiltà.
E quindi, se si cancella lo studio di Dante si dovrebbe abolire l’approfondimento di tutte quelle istanze storiche, politiche, artistiche, culturali passate e presenti (e perché no, anche future) che non rispecchiano valori condivisi da tutti o che non sono in linea con canoni di costume e presunta moralità attuali?
E’ davvero da insipienti avere pensieri di questo tipo. È ledere ciò che abbiamo di più prezioso: la conoscenza, le culture, il dialogo tra valori che non si deve declinare nella cancellazione o nel rifiuto di quello che non si accetta ma che dovrebbe esprimersi in un orizzonte di tolleranza e valorizzazione delle identità di ciascuno. Questo è il rispetto.
Come possono rafforzarsi il sapere, la possibilità di conoscenza, la libertà di pensiero se si va a boicottare per ottusità e ideologia quel patrimonio culturale che è anzitutto bellezza, e in quanto tale l’unica che ci può far sperare ancora in un avvenire migliore?
Ancora il Sommo Poeta ci ricorda questo, e non lo fa questa volta nella Commedia, ma nel proemio di un’altra opera di grande respiro filosofico e scientifico, il Convivio: “Sì come dice lo Filosofo nel principio della Prima Filosofia, tutti li uomini desiderano naturalmente di sapere”.
È il sapere, la scientia, lo scopo ultimo e più nobile dell’essere umano ed è l’anima razionale che ogni uomo possiede quella traccia divina da cui può scaturire il desiderio di conoscenza. Ma non solo: l’uomo che raggiunge la verità attraverso la scienza perviene anche alla felicità: “Onde, acciò che la scienza è ultima perfezione de la nostra anima, ne la quale sta la nostra ultima felicitade, tutti naturalmente al suo desiderio semo subietti”.
Dante recupera senza reticenze e con grande trasporto il pensiero aristotelico, quasi a voler sancire dall’inizio i profondi e fruttuosi legami sia con “lo Filosofo”, suo mentore pagano, che con la Filosofia, donna gentile e consolatrice cui è dedicata l’opera.
La bellezza e l’originalità del Convivio risiedono nel fatto che il senso e il fine del trattato coincidono con la divulgazione di questa conoscenza, tanto cara al poeta ma all’epoca riservata ad una ristretta cerchia di viri scientifici che l’hanno resa una donna meretrice. Dante vuole donare questo tesoro prezioso a “principi, baroni, cavalieri, e molt’altra nobile gente, non solamente maschi ma femmine, che sono molti e molte in questa lingua, volgari, e non litterati”. Il Convivio è per tutti e questa volontà si riflette nell’adozione del volgare illustre, che Dante aveva teorizzato nel De Vulgari eloquentia e che doveva essere la lingua unitaria e identitaria italiana per la letteratura all’interno del frastagliato panorama linguistico della penisola.
Il titolo dell’opera è evocativo: è il racconto di un banchetto in cui non vengono servite pietanze qualsiasi, bensì il “pane degli angeli”, i contenuti filosofici e dottrinali che il poeta ritiene più importanti. Ma non si sente un filosofo. Si sente un mediatore cui è concesso di accomodarsi ai piedi di coloro che, invece, siedono “a la beata mensa”, i veri filosofi, e di cibarsi delle briciole che cadono da questo illustre tavolo. Briciole che possono potenzialmente arrivare a tutti ma che vengono mangiate da chi ne sa cogliere il valore. E su questo valore dovrebbero riflettere coloro che arrivano anche solo a pensare di eliminare dallo sfondo culturale italiano e internazionale l’immensa fortezza valoriale e nobilitante edificata dal Sommo Poeta, che evidentemente ha ancora tanto da insegnare. Diffondere sapienza, non censurarla in nome di vacui propositi.