“Può un ragazzo che «aderisce ad organizzazioni di stampo neofascista» rappresentare gli studenti della Sapienza di fronte a Liliana Segre e a Sergio Mattarella? Se lo chiedono in una lettera aperta e polemica gli studenti che simpatizzano per le liste di sinistra dell’Ateneo romano”.
Sapete che cos’è questo? L’incipit del Corriere della Sera sulla polemica che si è venuta a creare intorno alla consegna della laurea ad honorem a Liliana Segre.
Perché alla Sapienza, come immagino in ogni altra università italiana, funziona così: il rappresentante universitario più votato per prassi ha l’incarico di parlare alla cerimonia di conferimento della laurea, in questo caso consegnata alla senatrice Segre. Il problema però è uno solo: il rappresentante degli studenti è di destra. Gli studenti di sinistra della Sapienza non hanno perso tempo per sottolineare la colpa del ragazzo. Non si sentono rappresentati da chi è moralmente responsabile delle leggi razziali.
Non siamo certi se il ragazzo sia uno studente molto fuori corso (dato che le leggi razziali sono del 1939), non crediamo comunque possa avere responsabilità dirette…quella che sconvolge è la posizione degli studenti di sinistra. Il ragazzo eletto non rappresenta loro? Perché gli studenti sono loro? Un po’ come l’egemonia culturale in Italia, la cultura è solo di sinistra, allo stesso modo anche gli studenti sono solo di sinistra. E’ un meccanismo distorto da cui non si riesce ad uscire. La cultura non è politica, è italiana. Questa verità si scontra con l’arroganza di una sinistra che cerca di mettere il cappello su qualcosa che non può essere politicizzato.
Tutto questo avviene con il beneplacito della stampa e dei giornaloni nazionali. Vi basti pensare alla terribile ultima riga dell’articolo sopracitato del Corriere: “…nessuna forzatura, anche se questa volta uno sguardo al curriculum avrebbe risparmiato le polemiche“.
Lasciando sottintendere che sia giusto leggere il curriculum politico di uno studente, riconoscendo che uno studente di destra, eletto negli organismi universitari, non ha il diritto di parlare.