La richiesta di sei anni di carcere per Matteo Salvini nel processo sul cosiddetto “sequestro” della nave Open Arms merita la rilettura di questo pezzo di Francesca Totolo, scritto nel 2021 per CulturaIdentità n. 27. Un’analisi lucida che mette in evidenza le storture del “sistema” giuridico – denunciato a suo tempo, fra i primi, portando sul palco il libro di Palamara e Sallusti con Edoardo Sylos Labini – e la deriva ideologica dell’attacco contro l’allora ministro degli Interni che nell’esercizio delle sue funzioni cercò di impedire l’approdo in Italia a una nave di ONG carica di clandestini. [Red.]
Il procuratore di Viterbo Paolo Auriemma: “Mi spiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministero dell’Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c’entra la procura di Agrigento. Questo dal punto di vista tecnico, al di là del lato politico. Tienilo per te o sbaglio?” Luca Palamara: “No, hai ragione. Ma ora bisogna attaccarlo”. Questo è un passo riportato nel libro-intervista “Il sistema” di Alessandro Sallusti. Come spiega Luca Palamara, esistono due giustizie, “Quella del procuratore di Agrigento, Patronaggio (nominato nel 2017 in quota Magistratura Democratica, ndr), che fa sbarcare gli immigrati e in qualche modo giustifica e protegge il ruolo delle Ong, e che indaga il ministro degli Interni per sequestro di persona. Poi c’è la giustizia del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, che negli stessi giorni e per gli stessi reati, per ben due volte, dà parere contrario a indagare Salvini; le navi le sequestra e alle Ong fa la guerra, ritenendole complici degli scafisti, in alcuni casi addirittura indagando i loro equipaggi per associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina. Catania e Agrigento distano tra loro solo un centinaio di chilometri, stesso mare, stesse navi, stesso Stato, stesso ministro e stesse leggi. Ma le leggi, com’è noto, non si applicano, si interpretano sì in base alla preparazione, ma anche alla sensibilità culturale, ideologica, politica dei magistrati, e a volte purtroppo anche alla loro appartenenza”.
E così l’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, finirà rinviato a giudizio per sequestro di persona per i casi Gregoretti e Open Arms. Palamara ha altresì messo nero su bianco ciò che ormai è il sentire comune dei cittadini italiani: “Negli anni Settanta, con i famosi pretori d’assalto, fu la lotta al capitalismo e la difesa a oltranza dei lavoratori, poi si aggiunse la tutela dell’ambiente e infine, ai tempi attuali, il tema dell’immigrazione. Risultato? Ci sono situazioni in cui il Parlamento è scavalcato dai magistrati, le leggi dalle sentenze. Così è andata”. A tal proposito, un sondaggio di Nando Pagnoncelli, pubblicato il 15 maggio sul Corriere della Sera, aveva evidenziato che solo il 39 per cento degli italiani ha ancora fiducia nella magistratura. Strapotere delle correnti di sinistra, inchieste ad orologeria, scandalo Palamara, e ora il caso della Loggia Ungheria hanno causato una perdita, forse irreparabile, nella credibilità della giustizia italiana.
Gli italiani, come stigmatizzato nel sondaggio, imputano ai magistrati politicizzazione, corruzione e discutibilità delle sentenze emesse. Per quanto riguarda le inchieste delle procure aperte nei confronti delle Ong, che dal 2015 hanno traghettato migliaia di immigrati dalla Libia solo ed esclusivamente verso i porti italiani, Palamara ha sottolineato la levata di scudi del sistema, “la maggior parte dei giornali, dei partiti e dei cosiddetti intellettuali” contro alcuni magistrati come Carmelo Zuccaro, il procuratore di Catania che per primo iniziò ad investigare sulla condotta delle navi sedicenti umanitarie, e in favore di altri, come Luigi Patronaggio. Al momento, sono tre i fascicoli di inchiesta ancora aperti nei tribunali siciliani. Il 3 marzo scorso, il gup di Catania, Marina Rizza, accogliendo la richiesta della locale procura distrettuale, ha rinviato a giudizio Medici senza frontiere e altri quattro imputati accusati di illecito smaltimento dei rifiuti accumulati durante le attività di salvataggio in mare da parte della Ong con la nave Aquarius.
A Ragusa, il procuratore Fabio D’Anna ha aperto un’inchiesta nei confronti di quattro membri della Ong Mediterranea, i capomissione Luca Casarini e Beppe Caccia, l’armatore Alessandro Metz e il comandante della nave Mare Jonio Pietro Marrone. L’accusa è quella di aver tra- sbordato 27 immigrati, che erano a bordo del mercantile Etienne Maersk, in cambio di denaro. Si parla di 125mila euro che sarebbero stati concordati dai sedicenti umanitari con la società armatrice del mercatile per sbarazzarsi di quel carico oneroso. Partita nel 2017, in seguito alle rivelazioni di un agente infiltrato a bordo di una cosiddetta nave umanitaria, l’inchiesta della procura di Trapani si è conclusa nel marzo scorso con la richiesta di rinvio al giudizio nei confronti di ventuno persone per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Gli indagati sono componenti dell’equipaggio e i comandanti delle navi Vos Prudence, Vos Hestia e Iuventa che operavano davanti alla Libia, nonché i responsabili delle missioni nel Mediterraneo di Medici senza frontiere, Save the Children e Jugend Rettet, che a loro volta come organizzazioni sono accusate del reato di falso. L’inchiesta, assolutamente solida perché basata anche su documenti audio e video, potrebbe subire delle battute d’arresto a causa della campagna di fango promossa dal “sistema” della lobby immigrazionista e sostenitrice delle Ong contro la procura di Trapani. La fuga di notizie in merito alle intercettazioni telefoniche che vedevano come destinataria del provvedi- mento Nancy Porsia, giornalista a bordo della nave Iuventa, ha spinto il ministro Marta Cartabia all’invio degli ispettori ministeriali presso la procura di Trapani. Vedremo nei prossimi mesi se la richiesta della procura per il rinvio a giudizio verrà accolta dal gup di Trapani e in che modo il solito “sistema” sarà riuscito a screditare un’indagine che ha impegnato uomini e risorse dello Stato per ben quattro anni. Al momento, dopo l’archiviazione decisa dal gip di Agrigento delle accuse a carico di Carola Rackete che aveva trasgredito agli ordini delle autorità italiane, speronando pure una motovedetta della Guardia di Finanza, possiamo aspettarci di tutto, anche la santificazione delle Ong indagate.