Graffiando la materia pittorica l’artista ottiene un interessante effetto visivo
L’operato artistico di Marco Benedetti, ottimo compromesso tecnico tra fotografia e pittura, rievoca sperimentazioni e ambientazioni surreali. Siamo dinnanzi ad elaborazioni che donano nuova verve interpretativa al basico e spesso scontato concetto di realtà. Le lezioni di Man Ray, di Fancis Bacon e di René Magritte si ripresentano in nuova veste in queste “foto dipinti” nelle quali dal dato oggettivo l’artista ci conduce verso nuove liriche interpretazioni. Benedetti ricorre a diverse tecniche, lavorando di volta in volta con pennellate incisive o graffiando la materia pittorica favorendo un interessante effetto visivo. I suoi lavori dimostrano un approfondito studio tecnico, che si riflette nell’accuratezza dei soggetti che spesso sono illuminati da una luce radente, capace di esaltarne l’espressività. Marco Benedetti descrive le sue emozioni rendendole ben percepibili all’osservatore, che può immedesimarsi nel realismo interpretativo e nella soggettività dell’artista, rivivendone le sensazioni.
Marco Benedetti è attivo dietro la telecamera fin dal 1990 oltre a numerose altre professioni: ingegnere meccanico, ingegnere informatico, project manager, laureato in comunicazione visiva e nuovi media, ingegnere della sicurezza informatica, direttore della propria azienda informatica e la propria agenzia fotografica e, ultimo ma non meno importante, pratica e insegna Arti Marziali Giapponesi (Karate, Kobudo, Iai-Do, Tai-Jitsu). Ha studiato fotografia molto tardi in Italia, dove viveva con suo zio e i suoi nonni. Ma questo era più per confermare teoricamente quanto già ottenuto per ispirazione e intuizione. Dato il lusso di perseguire la fotografia come sfogo creativo, ha sfruttato le sue possibilità e ha costruito un modo di lavorare solido e professionale, con la migliore attrezzatura fotografica disponibile e tuttavia con un approccio artistico e sfrenato. Ama usare la luce disponibile sempre quando possibile, dando più importanza all’ottima gestione delle sue macchine fotografiche analogiche e digitali che agli oggetti di scena esterni e al fotoritocco. La visione dell’opera d’arte finale cresce nel suo cervello e nella sua mente molto prima delle riprese. Preferisce inoltre non girare se tutti gli elementi necessari sul posto non sono presenti e raggiungibili. Si tratta anche di sentire il momento giusto, di lavorare con emozioni forti e intento narrativo profondo.
Grazie per l’articolo.
Un caro saluto
Marco Benedetti