“In Italia una burocrazia “bulgara” mette i bastoni fra le ruote alle imprese”

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Il giuslavorista Nino Carmine Cafasso riceve oggi il Premio CulturaIdentità Lavoro 2022 per il suo importante contributo nel settore

Nino Carmine Cafasso, al quale venerdì è stato conferito il Premio CulturaIdentità Lavoro 2022, parla in un modo pacato e felicemente si distacca dai toni urlati di tanta comunicazione odierna. «Urlare non serve», ci dice quando lo incontriamo. Giuslavorista, Presidente dell’Associazione Imprese di Servizi, CEO dello  Studio Cafasso & Figli, con sede principale a Napoli, Nino Carmine Cafasso con la sua esperienza nell’attività di consulenza per il lavoro cerca di individuare alcuni punti di approdo nella tempesta economica (e sanitaria e militare) dei nostri tempi.

Trovare un approdo sereno non è semplice di questi tempi…

I tempi sono difficili e la difficoltà maggiore in Italia è mettere insieme forze politiche che esprimono profonde divergenze. Draghi sta cercando di fare appello per garantire il raggiungimento di un livello di coesione necessario. Il fatto che si sia dovuti ricorrere all’ex Governatore della Banca d’Italia e della BCE rappresenta una sconfitta per la politica tradizionale, ma è anche vero che il crollo di questa compagine di governo creerebbe problemi molto più grandi di quelli che ci sono già adesso.

Anche in Francia e Germania la politica è stata costretta alle coabitazioni.

L’Italia è profondamente spaccata e non vedo forze politiche capaci di esprimere una vocazione maggioritaria. I leader politici mirano a distinguersi polemicamente, a rimarcare il loro potere di veto per tutelare i confini del loro perimetro elettorale. Per questo considero Draghi come una figura indispensabile con la sua competenza e il suo carisma. Penso avremo bisogno di lui anche dopo il 2023 per dotare l’Italia di strutture più moderne.

Un argomento che divide è il reddito di cittadinanza.

Parlare contro il reddito di cittadinanza è oggi come sparare sulla Croce Rossa… troppo comodo. Personalmente riconosco la nobiltà dell’intento: garantire una rete di protezione ai cittadini più bisognosi in attesa di un lavoro vero. Ma le modalità di assegnazione e di fruizione vanno radicalmente riviste. Il reddito non può essere una sorta di vitalizio, non può perpetuare dinamiche di un assistenzialismo che oggi sono insostenibili. L’obiettivo rimane quello di facilitare l’accesso dell’individuo a un lavoro stabile e gratificante.

E qui interviene la burocrazia italiana, con i mille paletti e la lunga corsa ad ostacoli a chi cerca di fare attività economica.

Questo è un problema fondamentale. La società italiana è vittima di una burocrazia abnorme. Le pratiche per i bonus sull’edilizia rappresentano l’esempio lampante di uno Stato che per certi aspetti si concepisce come “bulgaro” nel rimarcare la sua centralità nei controlli e nello stesso tempo scarica sul cittadino e le imprese tutti gli oneri della documentazione per dimostrare che le carte sono in regola.

La verità è che molti in Italia vivono facendo il mestiere di “controllore”, come quelle dogane prese in giro da Troisi e Benigni in Non ci resta che piangere («Chi siete? Dove andate? Un fiorino»)

Certo, ma mi si consenta: tutti questo labirinto kafkiano della burocrazia è assurdo in un’epoca caratterizzata dallo sviluppo telematico, dunque di forme di controllo che potrebbero essere molto più veloci, agevoli.  

Come se ne esce?

Con percorsi innovativi per far ripartire le aziende. Innanzitutto con la liberalizzazione dei contratti a termine e soprattutto evitando che le aziende siano vessate dall’innalzamento dei costi del lavoro. Oggi davvero è prioritario impegnarsi a ridurre il cuneo fiscale: dare alle imprese virtuose un contributo per proseguire, con scelte coraggiose per cui è necessario un esecutivo autorevole.

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1 commento

  1. Forse, molto più semplicemente, è lo ‘Stato’ che manca in Italia. E si va per cosche. Altrimenti sarebbe inspiegabile l’assalto di sempre allo Stato da parte degli indigeni e alle coste italiche dai cosiddetti migranti. E la tensione, per quando riguarda quest’ultimi, non fa che aumentare. Ma lì dove c’è sempre stata. Con Pantelleria che si lamenta di essere in ginocchio perché è stata dimenticata. Mentre, dice, i “Riflettori sono solo su Lampedusa…”.
    E così, anche per gli sbarcati a Pantelleria, rigorosamente extracomunitari irregolari, «”verrà notificato l’ordine del questore a lasciare il territorio entro 7 giorni”. Un ordine che, come sempre accade, non verrà rispettato.» Il questore di turno così notifica un ordine, pur consapevole, che nessuno rispetterà. Ne è consapevole anche il prefetto. E anche il ministro dell’Interno. Eppure, la farsa si ripete centinaia e centinaia di volte al giorno. Non solo. Tutt’e tre i livelli istituzionali sanno che questi clandestini irregolari mai lasceranno lo Stivale. Neppure a volerlo: dato che tutti gli altri stanti membri dell’Ue hanno serrato i confini. Insomma, il giochetto inaugurato ai tempi di Alfano l’africanizzatore, del quale peraltro andava orgoglioso e ne faceva motivo di vanto in favore di telecamera, di usare il decreto questoriale per fare sciamare verso gli stati confinanti gli extracomunitari irregolari, è diventato un classico buco nell’acqua. Allora, perché questa presa in giro? E, soprattutto, perché svilire le funzioni in questioni e trasformare l’Italia in una barzelletta oscena?

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