Giugno è il mese in cui ogni anno si celebra il Pride Month, ossia una “ricorrenza” internazionale diretta a sottolineare l’importanza della lotta per i diritti della comunità arcobaleno e soprattutto volto a celebrare e commemorare l’orgoglio lesbico, gay, bisessuale e transgender (LGBT).
“Lotta per i diritti”, frase sacrosanta nel nostro presente, proprio come lo sono i suoi principi fondamentali. Tra questi il principio di uguaglianza formale, per giunta sancito nel primo comma dell’art 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
“Senza distinzione di sesso”. Aspetto questo, che va tenuto bene in mente non solo nelle battaglie Lgbt ma anche in quelle altre che, puntualmente, vengono ostacolate tra indifferenza e tentativi di censura. A tal proposito da ricordare quanto successo lo scorso maggio, in occasione di una campagna comunicativa a Napoli, in via Marina e a Fuorigrotta con manifesti di grandi dimensioni riportanti la scritta “ma… LA VIOLENZA ha sempre lo stesso SESSO?”, seguita dal contatto di una associazione contro gli abusi sugli uomini, [email protected].
Un messaggio che non è stato gradito da 30 associazioni che si occupano di violenza maschile contro le donne e da oltre 250 donne, al punto da scrivere un appello a Gaetano Manfredi, primo cittadino di Napoli. Una campagna che ha portato anche l’intervento della politica con l’intervento della senatrice dem Valeria Valente.
A questa ondata di indignazione non poteva certo mancare la replica dell’avvocato Angelo Pisani, difensore del comitato promotore contro la violenza sugli uomini ([email protected]): «… la legge è uguale per tutti e del resto basta leggere l’articolo 1 della Costituzione, ma la violenza non può e non deve essere appannaggio di una sola parte. Se non si capisce che la violenza può essere ovunque non la si sconfiggerà mai e tutti saranno sempre in pericolo e senza pari tutele».
Ma la violenza ha sempre lo stesso sesso?
Domanda alla quale faremo rispondere i dati.
Secondo i dati Istati le vittime di omicidio sono più numerose tra gli uomini giovani e le donne adulte o anziane.
Nel 2022 si sono verificati 322 omicidi (+6,2% rispetto al 2021): 126 donne e 196 uomini, mentre cresce il numero di uomini uccisi da sconosciuti (0,37 per 100mila maschi; 0,27 nel 2021) e di donne uccise da parenti (0,14 per 100mila donne, 0,10 nel 2021).
Nei casi in cui si è scoperto l’autore, il 92,7% delle donne è vittima di un uomo, mentre nel caso la vittima sia un uomo nel 94,4% dei casi l’omicida è un uomo.
Dati che smentiscono non solo il fanatismo di un certo femminismo – dove la donna è vittima e l’uomo è carnefice, degenerando così in misandria – ma sbugiardano anche quel fanatismo in cui il carnefice dell’uomo viene identificato principalmente nella figura femminile, degenerando così in misoginia.
Sempre per quanto concerne la violenza sugli uomini da ricordare anche il boom delle vittime di violenza durante il lockdown.
Questo da quanto è emerso in Germania con i dati alla mano del telefono verde antiviolenze dedicato al mondo maschile, “Hilfetelfon Gewalt an Männern” (“Violenze contro gli uomini”): 2mila le richieste di aiuto gestite dagli operatori del servizio, che fino a quel momento avevano coperto solo due regioni del Paese, la Baviera e il Nord Reno-Westfalia.
Vergogna e paura di non essere creduti. Aspetti questi, che dimostrano come i tabù non affliggono solo l’universo in rosa ma anche quello maschile. E, tra questi, ce n’è un altro: le molestie a sfondo sessuale. Secondo un report Istat pubblicato da Il Sole 24 Ore dal 2015 al 2018 gli uomini che hanno subito molestie a sfondo sessuale sono stati 3,7 milioni. Anche in questo caso, però, i principali carnefici degli uomini sono gli stessi uomini: lo sono per il 97% delle vittime donne e per l’85,4% delle vittime uomini.
Un’altra piaga che affligge l’universo maschile è il suicidio. Gli uomini si suicidano in maniera sproporzionatamente alta: dalle 4 alle 5 volte più delle donne.
E infine c’è il dramma dei papà separati. Secondo i dati della Caritas, il 46% dei nuovi poveri è rappresentato da un padre separato, circa 4 milioni in Italia, di cui 800 mila vivono sulla soglia di povertà. Uno scenario disumano e ingiusto al quale si aggiunge la vergogna delle false accuse, dove a essere vittima non è solo il papà separato ma anche la donna realmente vittima di violenza.