All’Italia: Madre, Moglie, Figlia, Sovrana

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O patria mia, vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e l’erme
Torri degli avi nostri,
Ma la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond’eran carchi
I nostri padri antichi. Or fatta inerme,
Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante ferite,
Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
E al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale? 

 

Appena abbiamo impaginato l’immagine di copertina di questo mese, la bellissima opera del ritrattista Luca Vernizzi, avevo ancora riflesse negli occhi le fiamme di Notre-Dame a Parigi. Così All’Italia, il grido di dolore che Giacomo Leopardi scrisse nel 1818, mi è sembrato calzasse a perfezione in un momento in cui la frattura tra i valori della nostra identità culturale e la mediocrità dell’omologazione contemporanea arrivano ad uno scontro epocale. La preghiera che il poeta di Recanati compone per svegliare l’amata Italia sembra la stessa di quei cittadini parigini che si sono riversati lungo la Senna mentre il loro simbolo bruciava o quella degli abitanti di Norcia uniti nell’Ave Maria sotto la statua di San Benedetto, mentre la loro basilica crollava sotto le scosse del terremoto. La bellezza e la sovranità di un popolo prendono forma straordinariamente quando a raccontarle sono i versi di una poesia o la tela di un pittore. L’arte, si sa, è immortale e gli artisti sono come sciamani che attraversano i secoli. Allora non dimentichiamo le parole profetiche di chi ha amato la propria Patria più di ogni altra cosa. La Patria siamo noi, le nostre famiglie, le nostre tradizioni, le radici di quello che mangiamo, calpestiamo e respiriamo ogni secondo. La Patria, così nuda: madre, moglie, figlia. Bella e sovrana.