A Roma la solita rissa tra PD e Cinquestelle e Michetti vola, anche contro la macchina del fango

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Ph Enrico Michetti profilo ufficiale FB

Il Movimento Cinquestelle ha fatto la sua fortuna elettorale come partito anti-sistema, in un paese in cui il sistema dei politici di professione corrispondeva in larga parte con l’organigramma del PD. A Roma la Raggi succedeva a Marino promettendo una rivoluzione antropologica. Più che antropologica c’è stata rivoluzione zoologica con i cinghiali a spasso nella città eterna e altri animali di più piccola taglia che di solito si accompagnano ai cumuli di rifiuti non smaltiti. A questo punto il PD si prendeva la sua amara rivincita punzecchiando la Raggi per ogni sua débâcle e sottolineando che peggio dei professionisti della politica ci sono soltanto i dilettanti dell’anti-politica. I due contendenti non avevano fatto i conti col destino cinico e surreale che a un certo punto li ha uniti in un’unica maggioranza. Nel momento in cui il centrodestra appariva in rimonta, a un passo dalla maggioranza assoluta dei consensi per responso dei sondaggisti anche più ostili, al PD e ai Cinquestelle non restava che un matrimonio di interesse, ma con un ménage quotidiano difficile da gestire.

Roma, come spesso accade, rispecchia le contraddizioni del paese e le amplifica. I due compromessi sposi della prossima legislatura al primo turno si trovano divisi. I Cinquestelle sono costretti a confermare la candidatura della Raggi per non ripudiare la propria “storia” (e che storia!), il PD promuove la candidatura non proprio carismatica di Gualtieri. Come faranno i due campioni a inseguire consensi per la propria parte e nello stesso tempo a non compromettere il connubio che si verificherà al secondo turno? La risposta è elementare: sparare a zero su Michetti. È il minimo comun denominatore per far dimenticare cinque anni di insulti variopinti e dieci anni di fallimenti amministrativi.

A ben vedere la macchina del fango che negli ultimi giorni sta andando su di giri e che cerca di schizzare il candidato del centrodestra è proprio la dimostrazione della forza di Michetti. Enrico Michetti va per la sua strada: i sondaggi lo accreditano come unico candidato sicuro di andare al ballottaggio. Il fatto che il secondo più bersagliato dal “mainstream” sia Calenda indica forse il timore che il “centro calendiano” possa riversarsi al secondo turno su Michetti decretandone la vittoria.

Sono ipotesi, soggette alle complesse alchimie della politica italiana. Quel che è certo è che la maggioranza giallo-rossa a Roma come in Italia è un condominio di persone che si odiano. Del resto il PD non dimentica di essere stato il bersaglio principale del partito del “vaffa” prima che Beppe Grillo (o Ciro?) imprimessero una svolta tattica. Poche ore fa Zingaretti ha pubblicato un twitt al vetriolo contro la gestione immondizia da parte della Raggi. E in effetti l’immondizia è palpabile simbolo della situazione attuale di degrado della capitale.

D’altra parte Michetti su che basi ritiene di poter portare una ventata di pulizia? La sua campagna elettorale si avvale della compattezza in ambito amministrativo dei due principali partiti italiani, Fratelli d’Italia e Lega. Ma Michetti ancor più che sui partiti punta sulla sua immagine di “uomo del fare” (una formula che dal 1994 risulta vincente…): non tanto politico di professione quanto consulente di politici a un passo dalla disperazione.

Gli abbiamo chiesto quale sarebbe il suo primo passo una volta salito al Campidoglio: “Mettere in moto la macchina burocratica – ci ha risposto – in modo che sia amica del cittadino, far applicare la legge 241 che obbliga la pubblica amministrazione a rispondere alle istanze di un privato entro trenta giorni”.

Forse tra i “politici di professione del PD” e “i dilettanti dell’antipolitica dei Cinquestelle” Roma potrebbe scegliere una terza via affidandosi al professore “che risolve i problemi” e che ha salvato centinaia di comuni dal dissesto amministrativo, senza guardare al colore di parte.

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