A tanti stranieri è sempre piaciuto ostentare odio anti-italiano. Cosa alquanto frequente soprattutto dopo il Risorgimento, quando il nostro era ancora un paese giovane e molti stranieri avevano mal digerito che una “espressione geografica” si fosse conquistata l’unità e l’indipendenza dalla gloriosa dinastia austriaca degli Asburgo senza avere la buona grazia di diventare colonia inglese o francese, nel contempo. Questa improvvisa alzata di schiena degli italiani aveva insolentito un po’ tutti i potenti d’Europa (e al contrario, inorgoglito e ammirato tutti i popoli oppressi del nostro continente e non solo), che non vedevano l’ora di poter soffiare veleno contro l’Italia.
Così, nel 1897, stesso anno in cui presso Versailles, il conte di Torino Vittorio Emanuele di Savoia-Aosta sconfisse in duello il principe Henry d’Orléans per ricacciargli in gola le sue battute infelici e ingiuste sui soldati italiani sconfitti ad Adua, in Africa, a Vienna tocca a un belga capire bon gre mal gre che a fare gli spiritosi con gli abitanti del Bel Paese si rischia un brutto quarto d’ora.
E la lezione di buona educazione e di rispetto dell’Italia gliela impartisce Agesilao Greco, con un colpo segreto che per due volte consecutive disarma il borioso avversario facendo cadere la sua spada proprio ai piedi del nostro ambasciatore… [Red.]
Torneo di Vienna, 1897. In tribuna c’è l’imperatore Francesco Giuseppe con il suo seguito di granduchi e con i più alti dignitari dell’Impero. E tutto il corpo diplomatico accreditato presso la corte d’Asburgo, compreso l’ambasciatore italiano, il conte Costantino Nigra. Agesilao sconfigge il primo campione, poi il secondo, poi gli tocca il belga Werbrugge, “burbanzoso, presuntuoso e notoriamente anti italiano”.
Nella cerimonia di inaugurazione, ostentatamente, aveva evitato di salutare l’ambasciatore Nigra. Lo spadaccino italiano decide di riparare a quel torto. Mette subito a segno uno dei suoi famosi disarmi; la spada del belga schizza fuori dalla pedana e va a finire esattamente ai piedi del conte Nigra. Werbugge è costretto a scendere e inginocchiarsi sino a terra proprio lì, per raccoglierla.
Agesilao non è ancora soddisfatto: tutti devono capire che non si è trattato di un caso. Così, alla ripresa del combattimento, ripete la mossa. Identica. L’arma del belga è di nuovo lì, ai piedi del nostro ambasciatore. Werbugge si inchina una seconda volta. Si alza la voce di Agesilao: «Restez com ça, s’il vous plait, monsieur, a salutare il mio ambasciatore, il rappresentante, qui dentro, dell’Italia». Il conte Nigra confiderà in seguito al maestro Greco: «Siete stato crudele, ma vi ringrazio». Poco prima di morire, Agesilao ricorderà ancora con quanto piacere si tolse quella soddisfazione: «Fu bellissimo… vedere quel cialtrone che aveva ignorato, non dico la mia presenza, ma quella del nostro ambasciatore, piegarsi sino a terra ai piedi del conte Nigra».