No, il cinema italiano l’ha messo in ginocchio l’amichettismo di sinistra

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Foto Denis Billi CC 2.0

“Sangiuliano ha messo in ginocchio il cinema”, così Gabriele Muccino sferra il calcio dell’asino al ministro della Cultura uscente prima in un post su Instagram e poi in un’intervista su “La Stampa”. L’alzata di palla gli viene dal palco del Festival di Venezia, con la critica di Nanni Moretti alla legge sui finanziamenti al cinema. Il clima, secondo il cineasta, sarebbe pessimo, tanto che si respirerebbe “aria di autocensura spontanea”.

La realtà è che la greppia doveva saltare, presto o tardi, e a questo ingrato compito s’era accostato Gennaro Sangiuliano, sapendo di dover infilare la mano in un cesto di serpenti. Un sistema bizantino, elefantiaco, in cui si inseriscono produttori senza scrupoli ma soprattutto i soliti sempre-a-galla, gli amici-degli-amici che sanno esattamente dove, quando e a chi fare domanda per ottenere finanziamenti, esenzioni fiscali o franchigie per poter usare scenari, sfondi, paesaggi, monumenti pubblici, strade. Un sistema di elargizione di soldi estorti con le tasse ai contribuenti che ha raggiunto uno dei suoi vertici non con il vituperato e calunniato Sangiuliano, ma col suo predecessore, Dario Franceschini, sotto il cui dicastero erano stati elargiti – tanto per far un esempio – la bellezza di euro 2.828.044 e trentadue centesimi (sic) a Ginevra Elkann, sorella di John e Lapo. Insomma non esattamente una regista che avrebbe bisogno di fare il crowfunding (vedi sotto) per realizzare le proprie pellicole: secondo “Tag24” di Unicusano, la Elkann avrebbe un patrimonio personale che s’aggira intorno ai 900 milioni di euro… Ma tant’è: sotto il regno di Franceschini a via del Collegio Romano tre milioni di soldi nostri sono andati a due lungometraggi firmati Elkann che hanno raccolto rispettivamente 12 mila e 117 mila euro.

Durante il ministero di Franceschini, scrisse Francesco Specchia su “Libero”, solo il credito d’imposta elargito ai registi sui “costi ammissibili di produzione” è quadruplicato. I fondi in totale da 423 a quasi 850 milioni, fatti scendere a 749 da Sangiuliano. E con questo denaro sono stati finanziati film che hanno staccato ben 14 e 30 biglietti in sala… Altri sono evidenti prodotti di un ben connotato ambiente culturale: “M, il figlio del secolo”, basato sul romanzo storico (pieno d’errori storici) di Antonio Scurati ha ricevuto ben 14,9 milioni di finanziamento pubblico attraverso credito d’imposta, di cui 1,7 milioni andati al regista Joseph Maximilian Wright. E Muccino stesso ne ha ben donde di lamentarsi dei tagli voluti da Sangiuliano (comunque, abbiamo visto, pari ad appena il 20% della somma totale degli incrementi d’era Franceschini), che come regista della serie “A casa tutti bene” ha dichiarato 2,2 milioni di compenso e 2,1 milioni di finanziamento da credito d’imposta, come riferiva Dagospia circa un anno fa.

Nel 2021 in Italia erano stati prodotti 239 lungometraggi, in Francia 197 e in Germania 118 a fronte di un incasso che – riferisce “Libero” – è stato pari a 306 milioni, un terzo del miliardo guadagnato dalle sale francesi e meno della metà di quanto percepito da quelle tedesche (693,2). Facciamo più film ma abbiamo meno spettatori. E la cosa non riguarda solo le piccole produzioni di esordienti o di pervicaci registi armati più di boria che di talento. Anche i grossi nomi del cinema – tutti ben schierati – corrono il rischio di non arrivare a pagarsi una pizzata con la troupe senza i finanziamenti statali. Basta vedere l’elenco dato sempre da “Libero” lo scorso 8 maggio: “Io capitano (5 David di Donatello vinti) di Matteo Garrone quasi 4.4 milioni di contributi statali e un incasso di 4.8 milioni. Rapito (5 David in bacheca) di Marco Bellocchio quasi 5 milioni di euro di contributi e incentivi pubblici e solo 1 milione 934 mila euro al botteghino. Il sol dell’avvenire (zero David) di Nanni Moretti quasi 4.6 milioni di tax credit e 4 milioni 194 mila euro al box office. Palazzina Laf (vincitore di tre David) di David Riondino con 1.24 milioni di aiuti statali e un incasso di appena 767 mila euro. Cifre in ottima compagnia con i risultati a fronte di budget speso ottenuti da Walter “Guidobaldo Maria Riccardelli” Veltroni, che con “Quando” ha incassato poco più di 600 mila euro in sala.

In questa panoramica, c’è però ancora chi il cinema italiano sta cercando di rianimarlo. Ci sono casi, come quello, ormai di un anno fa, di Svevo Moltrasio, col suo “Gli ospiti”, interamente finanziato col crowfunding dopo che soggetto e sceneggiatura erano stati respinti dai produttori. E che, nonostante anche i distributori si fossero smarcati, è riuscito a vincere la scommessa di andare in sala da indipendente: prima in una sola, a Roma, per un pugno di giorni. Poi, visti i risultati incoraggianti, in più cinema in tutto il paese. Incassando alla fine 63 mila, rispettabilissimi, euro e ottenendo dalla critica (quella non mainstream, visto che l’altra era troppo impegnata a elogiare i film finanziati dallo Stato…) una buona accoglienza.

Sarebbe dunque interessante, in un libero mercato delle idee dove i cineasti possano competere fra loro senza aiutini ministeriali, vedere come andrebbe a finire un derby fra l’ennesimo capolavoro del regista del salotto buono e il prossimo film di un autore senza santi in paradiso.

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