La conturbante attrice e showgirl Debora Caprioglio ha spento 52 candeline. Debuttò a diciassette anni nel concorso “Un volto per il cinema” e poco dopo Klaus Kinski, del quale divenne fidanzata, la lanciò nel mondo del cinema, inizialmente come comparsa non accreditata, in “Nosferatu a Venezia” (1988), di Augusto Caminito. La loro relazione fece molto scalpore a causa della differenza d’età. “Ero una toy-girl: ho precorso i tempi», ha detto l’attrice, recente ospite di Caterina Balivo. Si conobbero a Venezia, in un ristorante: la loro storia durò tre anni: “Lui mi lanciò nel mondo del cinema inizialmente come comparsa in Nosferatu a Venezia”. Anche con Tinto Brass il ristorante si rivelò un posto…decisivo: il grande Tinto le inviò il copione del film Paprika, lei lesse le prime due pagine e lasciò perdere. Fu solo con un invito a cena che Tinto Brass convinse Debora Caprioglio a accettare la parte del film. Ma Debora Caprioglio si è saputa scrollare di dosso l’ etichetta di icona sexy e, da anni, si dedica soprattutto al teatro. Di qualche anno fa la sua performance, insieme ad Edoardo Sylos Labini, nello spettacolo La grande guerra di Mario, una rilettura comica ma con momenti di profondo lirismo del capolavoro di Mario Monicelli. La Caprioglio è stata protagonista femminile di questa pièce e ha poi proseguito la sua carriera di attrice teatrale affermando di preferire il teatro al cinema perché solo dal palcoscenico si può instaurare un rapporto diretto con il pubblico. Rapporto che regala sempre grandi emozioni. Il 6 gennaio 2018, al Teatro Vertigo della città di Livorno, è andato in scena con il suo monologo autobiografico Debora’s Love. Vi proponiamo questa sua intervista cult. (Redazione).
Un episodio off della tua carriera?
Nei miei sogni di ragazzina io ho iniziato molto presto, a diciotto anni. Facevo danza classica e sognavo di fare l’attrice. Non avrei mai pensato di concretizzare questo sogno.
E’ stato un caso?
Avevo fatto un concorso di bellezza un volto nuovo per il Cinema e poi una sera a cena con mia madre e mia sorella, in attesa di riprendere l’ultimo anno di liceo, ho incontrato Klaus Kinski, che non conoscevo. Lui stava cercando volti nuovi per il suo film successivo.
Come nei sogni!
Una volta succedevano queste cose. Se io non fossi stata a quel tavolo, io credo, non so come sarebbe andata a finire.
Con lui la cosa si è evoluta..
Abbiamo avuto una relazione. Io a Mestre, lui negli Stati Uniti.
Che tipo era?
Non comprendevo allora, ma era un grandissimo artista. Aveva un amore maniacale per il cinema, per il suo lavoro. Quando preparava i film o i personaggi aveva con loro una profonda immedesimazione.
Un esempio?
Per fare Paganini, che è stato il mio primo film, si vestiva da Paganini tutti i giorni e girava per casa ascoltando musica classica a tutto volume!
Quanto si resiste accanto a uno così?
Dipende dal carattere! (Ride) Io sono stata con lui tre anni. Magari, difronte a una persona normale sarei durata cinque minuti. Io con lui, tre anni!
Com’è finita?
Si è esaurita la storia. C’era una differenza di età importante. Quello è stato il motivo più determinante.
Un ricordo divertente del set con lui?
Durante le riprese del film Paganini, sull’Appia Antica, dovevamo girare un campo lungo, era un film d’epoca ovviamente, entra in campo una Cinquecento! Motore, azione, chi doveva bloccare la strada si è distratto, fa il suo ingresso sul set una Cinquecento con due innamorati che si volevano appartare. Klaus s’incazza e vestito da Paganini salta sul cofano della macchina con l’archetto del violino, spaventando i due che scappano. Un corvo impazzito contro questa coppia ignara..
Tu sei veneta. Un pregio e un difetto dei veneti?
Padovani gran dottori, veneziani gran signori, vicentini magnagatti…Un pregio, un difetto… Possono essere molto open, gaudenti nel week end, poi da grandi lavoratori, molto chiusi nel resto della settimana. Due facce della stessa medaglia. Le nuove generazioni però, tutto diverso.
Todo cambia?
Sì. Io avverto nettamente il cambiamento. Noto costantemente questo collegamento al telefono o smartphone. Anche a teatro, le teste sono piegate su questi schermi luminosi. Gianfranco Jannuzzo, mio collega in scena, quando sente un cellulare che squilla lo fa notare in maniera divertente: “Se è per me, sto lavorando”. È una dipendenza con la “D” maiuscola.
La tua famiglia ti appoggiava?
Mia mamma mi ha sempre incoraggiato. Forse avrebbe voluto anche lei fare l’attrice. Vinse anche lei un concorso di bellezza a Mestre. Mi ha sempre sostenuto. Stava sempre con me. Mio padre più silenzioso sul tema. Lui non c’è più .
Il tuo primo ricordo da spettatrice?
Al cinema Una giornata particolare con la Loren, a teatro Gino Bramieri al Sistina in una commedia dove c’era guarda caso anche Gianfranco Jannuzzo. Poi Alberto Lionello mi piaceva tanto. Col teatro non è stato amore a prima vista.
Paprika è un film degli anni Novanta. A distanza di tanti anni è davvero un cult, un film davvero d’autore.
Paprika era ambientato in un bordello. Sei favorevole alla riapertura delle case chiuse?
Quando sento parlare di prostituzione penso sempre allo sfruttamento. Oggi tutto è più ingrandito. Non lo so se è una soluzione oggi. Gli interessi sono troppo grandi. Non sono sicura. Quel film raccontava un’atmosfera protetta, c’era il dottore, il controllo sulle malattie, ma era diverso.
Tua mamma che diceva di Tinto Brass?
Questa è divertente. Chiamò casa mia. Rispose mia madre. Signora, sto cercando Debora, sono Tinto Brass. E lei: “E io la regina d’Inghilterra!” E buttò giù il telefono.
Brass si innamora delle attrici con cui lavora?
Si innamora dei personaggi. Se ci fai caso non ha avuto la stessa attrice per più di un film.
Parliamo del tuo teatro.
È una passione, una droga. Se non lo faccio per più di dieci giorni mi manca. Mi manca il contatto col pubblico. Io sono fortunata. Quei dieci minuti di applausi sono più di una vacanza in un centro benessere.
Qual è la piazza teatrale più accogliente?
Non so perché, Torino.
La più ostica?
Roma. Difficile da acchiappare.
Un personaggio che vorresti fare?
La locandiera di Goldoni.
Che si può fare per il teatro, per risollevarlo?
Portare i giovani. Sono il pubblico del futuro e sono molto attenti. Il Teatro è civiltà.