«Il destino d’Europa è nelle nostre mani… un’ora può decidere le sorti di un secolo» gridava Giuseppe Mazzini alla folla che a Milano lo acclamava durante le gloriose Cinque Giornate del 1848. Le elezioni europee dell’8-9 giugno sono, in questa tornata elettorale più che mai, un appuntamento basilare per il futuro del Vecchio Continente. Con una guerra che da oltre due anni sta mettendo l’uno contro l’altro due popoli che provengono dallo stesso ceppo, le follie green dei nuovi sacerdoti del wokeismo ed il pericolo islamizzazione che si fa sempre più radicale in molte città, l’Europa rischia di perdere definitivamente la propria identità.
In realtà queste spinte nichiliste sono state alimentate in questo ultimo decennio più che altro da chi ha governato l’Unione Europea piuttosto che dai cittadini che, oramai stanchi, in tante capitali sono scesi in piazza per protestare contro le scellerate scelte progressiste della UE. Le elezioni che hanno caratterizzato i singoli Stati europei parlano chiaro: c’è voglia di cambiamento. Insomma c’è bisogno di una nuova Europa che va difesa ma cambiata radicalmente, riunificata e non abbattuta. E le parole di Giorgio Almirante pronunciate in un famoso comizio di 45 anni fa, proprio nell’anniversario dei centodieci anni dalla sua nascita, sembrano profetiche: «L’Europa o va a destra o non si fa». È l’Europa dei Popoli sovrani quella che abbiamo sempre auspicato, quella pensata da Giuseppe Mazzini, quella missione del Dio e Popolo della Giovine Europa, poi tradita dalla Pace di Versailles nel 1919 per la quale il Vate Gabriele d’Annunzio occupa la città di Fiume.
E se l’allora nascente Società delle Nazioni, che già un secolo fa assomigliava all’Unione dei burocrati che in questi anni a Bruxelles ha messo lacci e lacciuoli alle libertà di ogni singola nazione, venne contrastata dalla meglio gioventù ribelle dannunziana, oggi il futuro è nelle nostre mani con il voto che deciderà il nuovo governo europeo. Immagino e sogno le Città identitarie d’Europa che sappiano riscoprire la propria storia e i propri grandi personaggi, gli artisti e gli uomini di cultura che hanno fatto grande il Vecchio Continente. Un continente che deve tornare a fare figli, che possa riscoprire quel dinamismo con il quale cento fa FT Marinetti Caffeina d’Europa ne rivoluzionò i costumi svegliando la società. Poeti e scrittori, visionari che hanno indicato una via che non sappiamo più ripercorrere. Dice bene nelle nostre pagine, il nuovo direttore della Pinacoteca di Brera, Angelo Crespi «Dobbiamo smettere il piagnisteo e renderci conto della missione dell’Europa nel mondo». Benedetto da Norcia o Woytila, Leonardo o Dalì, Giovanna d’Arco o Montesquieu, Mozart o Verdi sono tante le icone che la civiltà europea ha saputo creare nei secoli. Basta non avere più paura di quello che siamo stati e che dovremmo essere.
Altrimenti torneremo a togliere crocifissi ed imporre il ramadan nelle scuole, a multare chi supera i 30 Km all’ora, a mangiare cavallette invece che una buona carbonara, ad imbrattare la Gioconda o la Venere di Botticelli. Ad ogni bivio si fa la Storia e tra poco la nostra grande vecchia Europa potrebbe diventare finalmente quella delle mille patrie, l’Europa Popoli fratelli che si rispettano nella propria ricca unicità.