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Il vertice dei Capi di Stato e di Governo delle maggiori democrazie industrializzate (detto G7), che quest’anno ha avuto luogo a Hiroshima in Giappone, è un’occasione per i massimi vertici dei sette Stati partecipanti (Canada, Francia, Gran Bretagna, Germania, Giappone, Italia e Stati Uniti) di intavolare discussioni e cercare soluzioni in tempi rapidi alle più incombenti questioni globali. I tavoli si svolgono in atmosfera informale, intrecciando anche rapidi incontri bilaterali, alla cui parte iniziale assistono giornalisti e media. I più pressanti argomenti in agenda per questo G7 sono stati l’aggressione russa dell’Ucraina, il disarmo nucleare, la resilienza economica e la sicurezza. Immaginate perciò lo sconcerto della nostra Presidente del Consiglio Meloni, quando – come incipit al loro faccia a faccia – si è sentita esternare dal Primo Ministro canadese Trudeau non meglio precisate preoccupazioni su “alcune” delle posizioni “che l’Italia sta assumendo in merito ai diritti LGBT (acronimo italiano per Lesbica, Gay, Bisessuale e Transessuale)”. Riavutasi dalla sorpresa (l’argomento non era affatto previsto fra quelli concordati fra le due diplomazie), Giorgia Meloni ha risposto glaciale che nulla era cambiato rispetto ai precedenti Governi e che non c’era di che preoccuparsi.
Vero è che due giorni prima (il 17 Maggio) ricorreva la “Giornata contro l’Omofobia, la Bifobia e la Transfobia”, rimane però il fatto che il tono velatamente inquisitorio dell’affermazione – ancorché ‘fuori sacco’ – di Trudeau sia stato ingiustificato e inaccettabile. Chi appartiene alla comunità LGBT italiana è difeso dalla nostra Costituzione come ogni altro, le coppie dello stesso sesso sono ormai da anni giuridicamente riconosciute e i Gay Pride si svolgono allegramente in molte città.
E allora a quali diritti LGBT si riferisce il premier canadese? Chiaramente a quelli che lui stesso riconosce a casa propria: soprattutto l’adozione di figli altrui da parte di coppie dello stesso sesso, l’accesso alla fecondazione in vitro per le lesbiche, la maternità surrogata commerciale per le coppie gay (altrimenti detta, ‘utero in affitto’). Ma il Governo italiano di centro-destra non ha alcuna intenzione di riconoscere questi cosiddetti ‘diritti’, mettendo in primo piano invece quelli autentici dei minori, affinché possano venire al mondo ed essere accolti da una famiglia ‘naturale’, ancorché monogenitoriale. Ecco cosa “preoccupa” Trudeau. Anche se pare che la sua vera preoccupazione sia un recentissimo sondaggio che lo vedrebbe avere in patria un poco lusinghiero 32% di giudizi positivi a fronte di un mortificante 48% di negativi…
In realtà, in parte del mondo occidentale è in atto da anni un’azione globale che mira non solo a equiparare la genitorialità ‘naturale’ a quella omosessuale anche dal lato filiale, ma pure a coinvolgere i minori (fra cui bambini e preadolescenti) in una visione del sesso e del genere che non risponde più all’antico canone ‘maschio-femmina’.
Negli Stati Uniti questo dibattito è particolarmente aspro. Dall’inizio della presidenza Biden (che, come sondaggi, non se la passa meglio di Trudeau), i Democratici e il mainstream mediatico hanno propugnato una visione secondo la quale il genere biologico alla nascita è trascurabile, in quanto ciò che conta è la scelta dell’individuo e non importa a che età essa avverrebbe. L’identità di genere sarebbe quindi qualcosa di fluido, di mutevole e le distinzioni cromosomiche (XX per le femmine e XY per i maschi) che identificano il sesso qualcosa di opzionale.
L’afroamericana Ketanji Brown Jackson, nuovo giudice della Corte Suprema nominato da Joe Biden, alla maliziosa domanda di un parlamentare repubblicano «Che cos’è una donna?» ha replicato «Non posso rispondere. Non sono un biologo.»
Ben più chiare sono le idee dell’autrice della saga su Harry Potter, J. K. Rowling, che ha pubblicamente condiviso il parere della ricercatrice inglese Maya Forstater, licenziata dopo aver sostenuto che “il sesso biologico è un dato oggettivo e che le donne trans non sono vere donne”. Se la Forstater è stata poi reintegrata (grazie alla sentenza di un tribunale), J. K. Rowling ha subito sdegnate accuse di transfobia da media e intellettuali americani, boicottaggi e feroci contestazioni.
Negli Stati Uniti, diversi distretti scolastici organizzano spettacoli di drag queen in cui vengono coinvolti alunni in età da scuola elementare, accolgono nelle biblioteche libri a tematica omosessuale con dialoghi e disegni espliciti, sostengono discussioni sessualizzanti in classe senza il consenso dei genitori. Addirittura, si parla dell’irreversibile cambio di sesso anche per i minori che si sentissero non conformi al proprio genere biologico, tramite somministrazione di farmaci antipuberali e mutilazione degli organi genitali. Non è raro che questi approcci da parte degli ‘educatori’ avvenga senza alcun coinvolgimento dei genitori, moltissimi dei quali – temendo anche una sorta di ‘arruolamento’ occulto – stanno scatenando una veemente e sempre più vasta opposizione.
Alcuni Stati americani (come la California del Governatore democratico Newsom) consentono e incoraggiano queste pratiche, senza una valutazione della salute mentale né una diagnosi di disforia di genere e a prescindere dal genitore che vi si opponga. Altri Stati (come la Florida del Governatore repubblicano De Santis), invece le proibiscono consentendole solo dopo la maggiore età. Va da sé che questi ultimi vengono messi all’indice come transfobici.
La narrazione secondo cui, quindi, signore o signori non si nasce ma si diventa, ha fatto irruzione anche nello sport americano. La nuotatrice americana Lia Thomas (nata maschio e passata femmina a vent’anni grazie a una terapia ormonale sostitutiva), dopo una carriera non particolarmente brillante come nuotatore, è stata ammessa come nuotatrice a diverse gare femminili, stracciando ovviamente quasi sempre le donne biologiche rivali. La campionessa universitaria di nuoto e donna biologica Riley Gaines, che ha sostenuto pubblicamente come sia ingiusto avere come avversarie atlete trans con un fisico maschile già formato e quindi ben più performante di quello femminile, è stata contestata e aggredita fisicamente da attivisti transgender. Anche il ciclismo, l’atletica, lo sport da combattimento e il golf hanno visto atlete transessuali dotate di apparati muscoloscheletrici e cardiopolmonari maschili irrompere prepotentemente nelle gare femminili.
Nota di colore: un rinomato marchio di costumi da bagno femminili ha scelto di farli indossare da un maschio per la propria campagna fotografica di marketing in America. La stessa cosa ha fatto un altrettanto famoso brand di intimo femminile. Anche in Italia, è possibile vedere in tv lo spot di un noto canale di vendita e-commerce che pubblicizza i propri prodotti di vestiario utilizzando modelle e modelli di generi difficilmente distinguibili.
In chiusura, una considerazione. Si lascia a chi legge la facoltà di cercare le percentuali di popolazione omosessuale e (cosa diversa, ricordiamolo!) transgender. Comunque, qualunque siano queste percentuali, a esse va rispetto e attenzione senza se e senza ma. Rimangono però, per la stragrande maggioranza che non appartiene a quelle comunità, valori e certezze che vanno ugualmente rispettati e difesi. A partire dalla famiglia ‘naturale’ e dalle bambine e i bambini, che ne sono il frutto più sacro.