Grembiulino (rosa) e compasso: quando la massoneria è donna

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Il libro di Ferruccio Pinotti, “Potere massonico” (Chiarelettere, pp. 768, euro 20,90), è un’indagine giornalistica sulla massoneria in Italia che si distingue per precisione e lucidità di analisi. Le tre principali comunioni massoniche italiane – il Grande Oriente d’Italia, la Gran Loggia Nazionale d’Italia (con sede a piazza del Gesù a Roma) e la Gran Loggia Regolare d’Italia – registrano una vera e propria «corsa al grembiulino», una diffusa voglia di «squadra e compasso», se si considerano i dati ufficiali forniti e l’aumento delle domande di ammissione.

Un aspetto non di poco conto, posto all’attenzione del lettore da Pinotti, che è caposervizio del Corriere della Sera, riguarda la presenza nella massoneria delle donne. Esiste, infatti, una «comunione» rosa, la Gran Loggia Femminile d’Italia (Glmfi), costituita nel 1990, erede della Gran Loggia Tradizionale Femminile d’Italia, sorta nel 1980. Essa è stata riconosciuta nel 1991 dalla Gran Loggia Femminile di Francia e ha ricevuto la «patente» per lavorare secondo i tre gradi del Rito scozzese antico e accettato. La Gran Loggia Femminile d’Italia si basa sui rapporti d’amicizia con la Gran Loggia Nazionale d’Italia, guidata attualmente dal Gran Maestro Luciano Romoli. La comunione massonica di piazza del Gesù conta circa 9000 iscritti e il 34% è costituito da donne, vale a dire 3.500 “grembiulini rosa”. A detta di Romoli quella femminile è la componente più dinamica. La massoneria rappresenta per le donne italiane un’opportunità di crescita, di comprensione del potere e di networking. L’obbedienza conta oltre 505 logge a livello nazionale, comprese alcune all’estero. Si contano logge pure in Libano. In una di queste operanti nella capitale libanese, Beirut, la guida è stata affidata ad una donna. Ma esistono altre realtà. Il Grande Oriente ha la sua organizzazione femminile, le Stelle d’Oriente, composta in maggioranza da mogli e compagne di massoni affiliati al Goi, un po’ come accade nel Rotary. In questo caso, però, l’ammissione vera e propria delle donne nel Goi non è consentita, come vuole la tradizione inglese che ne prevede la categorica esclusione.

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