Guerra: oggi comanda il “diktat UniDem”

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L’offensiva internazionale contro Putin è stata voluta dai consiglieri di Joe Biden perché serviva un buon motivo per dare una spolverata all’immagine del Presidente USA dopo la frettolosa fuoriuscita dall’Afghanistan e dopo le innumerevoli brutte figure in pubblico non solo per ragioni elettorali ma anche per ragioni anagrafiche: non a caso Donald Trump, avvezzo a dar nomignoli, lo chiamava Sleepy Joe. Parentesi: The Donald, considerato dai media mainstream del globo come un pericolo per la democrazia, è lo stesso che ha fatto incontrare a un tavolo israeliani e palestinesi e che ha incontrato (quello sì un tipo davvero pericoloso) il dittatore nord coreano per indurlo a più miti consigli: lo chiamava Rocket Man, a proposito di nomignoli.

Cosa c’è di meglio di un Commander in Chief di una Terza Guerra Mondiale per mostrare al globo che Joe Biden vale, come recitava uno spot tv italiano di qualche anno fa? Chi, meglio dei Democratici USA, può accettare e fare accettare una guerra senza essere accusato di voler incendiare il mondo? L’ha fatto Bill Clinton bombardando Belgrado per 78 giorni di fila, l’ha fatto Bush junior (sostenuto dai Neocon, cioè ex Democratici) in Iraq, l’ha fatto Obama sostenendo le cosiddette primavere arabe. Risultato: il mondo è diventato più pericoloso che neanche ai tempi della Guerra Fredda. E domani, quando questa guerra sarà finita, sarà anche peggio, altro che equilibrio del terrore USA – URSS. Una volta c’era l’equilibrio delle due superpotenze, ora la crisi dei missili a Cuba (c’era Kennedy) sembra un petardetto.

Putin, per bocca del ministro degli Esteri della Federazione Russa, minaccia l’Occidente avvisando che una Terza Guerra Mondiale sarà nucleare e non avrà nessun vincitore: per i cosiddetti esperti questa è una buona notizia perché indica che è in difficoltà (e lo è, se son vere le stime delle perdite dei soldati russi sul fronte di guerra) e, soprattutto, perché bombardare le centrali nucleari in Ucraina sarebbe un punto di non ritorno.

Le immagini che vediamo raffigurano un Paese, l’Ucraina, martoriato da bombardamenti che non si limitano ai centri di comando militare ma colpiscono infrastrutture civili come scuole, ospedali, sedi istituzionali e sedi della TV (sia detto per inciso, anche gli americani bombardarono la sede della TV di Belgrado): noi siamo contro la guerra e contro questa guerra, siamo al fianco del popolo ucraino, condanniamo l’aggressione di Putin e non ci stancheremo mai di dirlo. Non si può non stare con chi difende la propria casa e i propri figli da un aggressore, ma non si può non tener conto del fatto che tutto è connesso e di conseguenza schierarsi da una parte o dall’altra è assolutamente puerile: come scrive Marcello Veneziani nel suo blog, “È lecito notare che dopo aver per anni calpestato, svilito, squalificato ogni richiesta di sovranità nazionale e ogni relativo nazionalismo, è grottesco ora elogiare il patriottismo sovrano degli ucraini? È lecito sostenere che il dramma aggiuntivo di questo conflitto è che non ci sono arbitri, garanti, figure terze che possano essere accettate da ambo le parti per cercare una soluzione?”

E non si può non tener conto della mossa suicida del Governo italiano di inviare armi in Ucraina e di appoggiare le sanzioni economiche anti russe (se chiudono i rubinetti del gas non solo stiamo al freddo ma anche al buio), con in più la conventio ad exludendum che nello sport e nella cultura si va facendo in questi giorni sulla base del passaporto.

Infatti, ora e sempre, il problema di fondo è quella che Veneziani chiama “la fabbrica del consenso”, il diktat comunicativo della stessa versione dei fatti, per cui guai a chi cerca di vedere che la situazione è più complessa di quanto creda la dicotomia buoni/cattivi, vedi il giornalista Marc Innaro, che sparisce dalla corrispondenza da Mosca per la Rai perché ha accennato alle obiettive ragioni russe legate all’espansione della Nato (“Basta guardare la cartina geografica per capire che, negli ultimi 30 anni, chi si è allargato non è stata la Russia, ma la Nato“. Risultato: interpellanza del PD e relativo allontanamento del giornalista). Veneziani lo dice chiaramente: “Avviso superfluo a chi ragiona ma necessario ribadirlo per i poliziotti del pensiero e per gli imbecilli militanti: vedere le cose in un orizzonte più ampio e articolato e non attraverso lo schemino puerile e manicheo del bene/male esclude ogni indulgenza verso l’aggressione e il metodo sovietico di Putin e include ogni solidarietà verso il popolo ucraino che è sicuramente vittima e sta patendo l’inferno“. E’ quello che Veneziani chiama il diktat UniDem, “Canone Dem, valevole negli States da quando sono tornati al potere i democratici con Biden, nell’Europa tecno-dem e in Italia con le sue periferiche“.

Il problema è che il mondo è governato da una “classe dirigente” mal consigliata e cresciuta a Twitter: non per niente, l’Alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell aveva affidato a Twitter questo messaggio (poi rimosso):

Potrebbe essere uno screenshot di Twitter raffigurante 1 persona e il seguente testo "Josep Borrell Fontelles @JosepBorrellF No more: Shopping in #Milano Partying in #SaintTropez Diamonds in #Antwerp This is a first step. #WeStandUnited (4/4)"

Una volta chi ricopriva cariche politiche di elevatissimo livello internazionale non aveva bisogno di cinguettare per potenziare la propria immagine, perché allora chi comandava si chiamava Helmut Kohl, si chiamava John Major, si chiamava Jacques Chirac, si chiamava Ronald Reagan, mentre oggi ci sono Josep Borrell, Ursula e Sleepy Joe, che come Crozza interpretano la sceneggiatura scritta dagli autori, il “diktat UniDem” per dirla con Veneziani.

Possibile che nessuno si accorga che la guerra è da sempre un buon affare per Presidenti democraticamente eletti come per dittatori che prendono il potere con la forza? Il regime cinese ha infettato il mondo nel 2020, ma nessuna cancelleria ha richiamato a casa il proprio ambasciatore e i rapporti sia politici che commerciali sono andati avanti lo stesso. Negoziati: questa è l’unica cosa che andava fatta (e che le delegazioni ucraine e russe stanno facendo, con l’augurio che si giunga al più presto a un cessate il fuoco, perché come sempre a pagarne le conseguenze è la popolazione civile). Ma mai come oggi il mondo avrebbe bisogno di una classe dirigente che parlasse a braccio, perché “grande è la confusione sotto il cielo“, come diceva Confucio…

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3 Commenti

  1. Sarà meglio che torniamo agli anni ’70 quando si sono spenti la metà della illuminazione stradale e si viaggiava a targhe alterne. Ogni tanto bisogna far veder ai nostri figli come si fanno i sacrifici, loro che si lamentano delle discoteche chiuse. Ma che discoteche , meglio vivere in casa con un po’ più di benessere ed avere l’energia per fare da mangiare…sempre ringraziando quelli del M5S, che hanno detto no a tutto, per non avere delle energie alternative.

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