Il contagio della cultura non uccide: riaprite i musei

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CulturaIdentità lancia l’hashtag #riapriteimusei

Andate davanti a uno dei musei desolatamente chiusi della vostra città, tenete in mano il cartello che potete SCARICARE QUI, fatevi una foto e postatela sui vostri profili social e sui social di CulturaIdentità

I musei contengono le memorie migliori della nostra civiltà e la nostra civiltà si basa sulla conservazione e sulla trasmissione di quanto di meglio abbiamo saputo fare. Progrediamo perché scartiamo gli errori e tramandiamo le cose buone. In questo si sublima il pensiero e il compito del conservatore che tiene alla tradizione, quella giusta, che crede nelle creazioni che l’hanno preceduto e che gli sopravvivranno, e vuole che esse siano tutelate e possano essere tradotte ai posteri.

Il conservatore è un realista e anche un ribelle e in questo senso anche un rivoluzionario proprio perché cerca incessantemente ciò che deve permanere ed essere mantenuto perché ci sia il giusto cambiamento e progresso. Esattamente il contrario di un progressista che pensa in astratto e in modo utopico il cambiamento, non basandosi sulla realtà bensì assecondando le proprie ideologie, ed è disposto ad immolare il “bene” del passato in prospettiva di un “meglio” futuro, che non ci sarà.

Questa, della “tradizione”, è la prima funzione dei musei. E per questo motivo, fuori da ogni altra considerazione, noi li reputiamo essenziali.

Siamo inoltre convinti che i musei abbiano un’importante funzione sociale, prestando servizi essenziali alla crescita culturale e al benessere delle persone, contribuendo alla salute psicologica e spirituale degli individui, allo sviluppo delle qualità cognitive e della sensibilità umana.

Per tutti questi motivi crediamo giusto che i musei vengano riaperti subito.

E abbiamo deciso come CulturaIdentità di essere presenti davanti a centinaia di musei e di lanciare una campagna di sensibilizzazione che vada a sostegno di queste istituzioni e riporti all’attenzione del Ministro della Cultura, Dario Franceschini, del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e soprattutto del Presidente d’Italia, Sergio Mattarella, i temi peraltro già contenuti in un appello promosso un mese fa dal direttore del Museo Novecento di Firenze, Sergio Risaliti, e firmato da 100 operatori del settore tra direttori di musei, critici e storici dell’arte, curatori, artisti, collezionisti, galleristi.

Un appello andato a vuoto, nonostante i musei siano luoghi pubblici attrezzati e presidiati, che possono garantire l’accessibilità e il distanziamento nel pieno rispetto delle norme di sicurezza sanitaria, al pari di altri servizi essenziali aperti anche in questi giorni di lockdown completo, come per esempio le librerie che tra l’altro sono esercizi commerciali.

Non amiamo troppo la retorica sorta intorno ai musei, soprattutto quelli del contemporaneo, in cui le funzioni conservative sono accessorie rispetto a quelle produttive, e le cui mission vengono ampliate con obbiettivi ulteriori rispetto alla tutela dei beni culturali, finalità cioè etiche e politiche che tendono a sovraccaricare in modo ideologico l’istituzione museo, allargandone il perimetro fino a pensare che in essi debbano essere giocate le future sfide dell’ambientalismo o del gender.

E neppure amiamo la retorica che vede i musei e in generale i beni culturali esclusivamente come leve economiche, attrattori per un turismo esasperato che spesso ha prodotto nelle città d’arte una desertificazione dell’antico tessuto sociale in favore di funzioni effimere, uno svuotamento che oggi in tempo di pandemia appare desolante.

Per noi i musei e i beni culturali sono innanzitutto un giacimento di senso e di identità, soprattutto di identità per quelle singolari patrie, borghi, paesi, e città che formano l’Italia; un giacimento inesausto di senso e di bellezza che senza soluzione di continuità risale da più di due mila anni a illuminare il nostro paese.

E solo considerando i musei un fattore identitario se ne può pensare uno sfruttamento economico sensato.

In questi mesi purtroppo abbiamo assistito a uno spettacolo indecoroso. La chiusura imposta non solo mette a repentaglio il sistema musei e più in generale il sistema della cultura italiana, ma ferisce il nostro stesso senso di appartenenza, il nostro senso di comunità.

La cultura è stata vilipesa dalla politica: i partiti al governo usano il tema della cultura solo per mascherare il proprio fallimento, si appellano all’arte e alla bellezza dicendole strategiche, ma in verità nei fatti ne sottostimano il valore e il potenziale. Basti dire che anche nel cosiddetto recovery fund, la cultura (con il turismo) è la voce più piccola, appena 3,1 miliardi di euro, sui 196 che riceveremo, mentre per fare un esempio “alla parità di genere” vengono destinati 4,2 miliardi di euro.

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