Il fascino dell’arte della scherma

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Dal 22 al 30 luglio 2023 l’Italia torna ad essere la casa per tiratori e tiratrici di spada, sciabola e fioretto, un mese dopo gli appuntamenti degli Europei individuali di Plovdiv e dei Giochi Europei di Cracovia. In particolare Milano ospita i big della scherma internazionale, per l’edizione del 2023 dei Mondiali individuali e a squadre, per il penultimo appuntamento dell’anno nel calendario di qualificazione a Parigi 2024. Come afferma Renzo Musumeci Greco, maestro d’armi con un esperienza di 30 anni e Presidente dell’Accademia d’Armi Musumeci Greco, una delle più antiche Scuole di scherma del mondo a Roma da cui sono passati capi di Stato, olimpionici e grandi artisti, la scherma è “un insieme di scienza e tecnica combinata alla fantasia e all’estro della mente. Hai di fronte un avversario, bisogna decidere la mossa in centesimi di secondo, essere fulminei nel ragionamento da tradurre in un gesto atletico. Senza far capire il proprio pensiero”. E poi “tra la scherma e il cinema c’è un bel rapporto…– Redazione.

Il Mestro d’armi Renzo Musumeci Greco continua la grande tradizione di famiglia tra set e teatro da Franco Zeffirelli a Roberto Bolle

Uno sport tanto nobile da essere definito un’arte. «La scherma è un insieme di scienza e tecnica combinata alla fantasia e all’estro della mente» spiega il maestro d’armi Renzo Musumeci Greco, erede di una famiglia che ha fondato la Federazione italiana scherma nel 1909. In oltre 100 anni di storia il medagliere azzurro conta ben 125 medaglie olimpiche, l’unica disciplina in Italia ad aver raggiunto questo traguardo, un record eccezionale che contribuisce ad accrescere sempre più il prestigio internazionale di tutto lo sport del nostro Paese. Tanti i ragazzi che oggi si iscrivono, attratti dal suo innegabile fascino e dal marcato valore educativo. «È come giocare a scacchi a 200 all’ora
– prosegue Musumeci Greco – Come negli scacchi c’è una componente mentale, di ragionamento e previsione, ma non hai mezz’ora per fare la tua mossa. Nella scherma avviene tutto in tempo reale perché hai difronte un avversario che ragiona nel più veloce possibile, bisogna decidere in centesimi di secondo, essere fulminei nel pensiero da tradurre in un gesto atletico». Si approccia alla scherma tra i 5 e i 6 anni, un tempo soltanto tra i 10 e i 12. «Chi inizia pensa sempre si intraprendere una carriera agonistica, anche se non si può vivere solo di quello, ai fini economici è uno sport povero, quindi è limitato agli anni giovanili e fino ai 30 anni, poi si viene assorbiti dai corpi militari. Io mi sono trovato ad un bivio ed ho scelto la carriera dello spettacolo perché può durare fino agli 80 anni. Ho scelto quello che faceva mio padre». Infatti, ad avvicinare quest’arte allo spettacolo fu Enzo Musumeci Greco, che nel 1939 iniziò collaborando con il grande cinema da Cinecittà a Hollywood, e dando vita a una tradizione tenuta viva ancora oggi da suo figlio Renzo. «Tra la scherma e il cinema c’è un rapporto ciclico. A partire dagli anni 20, con l’avvento dell’audio nel cinema, e fino agli anni 60, c’era un legame strettissimo. All’epoca erano molto in voga il duello, il genere cavalleresco, i film in costume. Negli anni 70 il tutto si è affievolito, il genere è passato di moda, al cinema andava più la commedia o altri generi, per cui noi abbiamo spostato l’attenzione su altri generi di spettacolo come il teatro e l’opera critica». Quando aveva appena 6 anni ebbe la fortuna di visitare il set di “Ben Hur”. «Mi ci portò mio padre che lavorava a quel film. Non capivo bene quello che succedeva, assistevo a galeoni nella piscina di Cinecittà che simulava un mare in tempesta, a cavalli e bighe con attori in costume. Tutto quello che avevo visto dal vivo per mesi, si è tradotto in un film che andai a vedere al cinema. E lì ho subito un fascino incredibile, mio padre mi trasmise così una malattia incurabile, terminale, me la porto appresso. Qualcosa che ho attaccato a mio figlio: quando lui aveva 14 anni siamo stati un mese sul set della serie “Caravaggio” con Alessio Boni, girato a Belgrado ma ambientato nella Roma rinascimentale, con Storaro che ne curava la fotografia. Fu colpito anche lui da questo fascino. Ora lavora come assistente alla regia». Tra gli innumerevoli spettacoli al quale il maestro ha lavorato ce n’è uno in particolare al quale si sente legato. «Sicuramente “Il trovatore” diretto da Franco Zeffirelli. Nel 2001 alla prima all’Arena di Verona quando salimmo in scena per i saluti finali fummo accolti da 15 minuti di applausi da parte di 15mila spettatori. Fu il riconoscimento di un grande lavoro. In scena portammo una battaglia che coinvolgeva oltre 100 attori. Ricordo con piacere anche un “Otello” con Placido Domingo». Gli attori più bravi che ha incontrato sul suo cammino ci sono Alessio Boni, Massimo Ranieri e Roberto Bolle. «Boni sapeva fare poco con le armi, abbiamo fatto tre mesi di preparazione e un lavoro straordinario. Ranieri aveva già lavorato con mio padre, era già forte fisicamente e pronto tecnicamente. Bolle, invece, aveva una maestria nel portamento e una grande prestanza». Renzo Musumeci Greco è un uomo d’altri tempi, tanto da poter essere definito un Robin Hood moderno. «Sfiderei a duello gli imbroglioni, gli usurpatori, ho lo spirito cavalleresco, quello puro, quello che di chi rischia la vita per proteggere i più deboli»

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