Il Maestro Melozzi: “Cristina D’Avena sa unire tutti”

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Siamo arrivati alla giornata delle cover del Festival di Sanremo, ossia quella che un tempo veniva definita come “la più bella” della kermesse. Un tempo. Perché oggi sicuramente sarà appassionante ma, a giudicare dai titoli che ascolteremo questa sera, il livello delle nuove canzoni in gara questa volta potrebbe essere superiore alle cover. Il successo della terza puntata (share vicino al 60% e telespettatori sempre superiori rispetto all’anno scorso) ha confermato un grande livello musicale, con un Francesco Gabbani sottovalutato dai bookmakers ma formidabile, che si pone tra i primi cinque della serata insieme a Irama, Coma_Cose, Brunori Sas e Olly (favorito per il podio).

Sembra non mancare nulla a questo Festival, dove questa sera arriverà a sorpresa anche Roberto Benigni ad aprire la puntata. Eppure una grande assenza c’è: il Maestro Enrico Melozzi, che quest’anno non dirige nessuno. È lui l’ospite della nuova puntata di Conversazione Sanremo Edition, in diretta dal ballatoio del Teatro Ariston su RaiPlay ogni giorno dalle 17 alle 18 con Giovanni Benincasa.

Il Maestro Melozzi, però, in qualche modo è ancora a Sanremo. È lui infatti ad avere arrangiato la sigla del FantaSanremo sulla musica di Occhi di gatto, con la grande Cristina D’Avena. Racconta così ai telespettatori che telefonano per parlare direttamente coi protagonisti: “Quest’estate ci siamo sentiti coi ragazzi del FantaSanremo pensando di iniziare a portarci avanti. Abbiamo voluto coinvolgere un personaggio iconico che potesse legare tutte le generazioni: scelta non facile da fare. Cristina D’Avena però sa unire tutti. Ho riorchestrato quindi quella sigla che in questi giorni tutti cantano, sulle note di una delle canzoni più  famose di Cristina”. Poi rivela: “Credo che il FantaSanremo, con 5 milioni di squadre, abbia contribuito ad alzare lo share del Festival del 3% almeno in questi anni”.

Il debutto a Sanremo nel 2012, con Sono solo parole, cantata da Noemi. Il successo totale arriva nel 2021 con Zitti e buoni, quando dirige i Maneskin. Melozzi lo ricorda così: “Era l’anno in cui il Festival non aveva pubblico a causa del Covid. A casa, però, arrivava l’energia straordinaria che emanavamo: fu straordinario”. Aggiunge un mezzo shock avvenuto alla band quell’anno: “I Maneskin lo scoprirono pochi giorni prima che l’orchestra ci sarebbe stata. Pensarono: e come ci rovinano ora il pezzo? Scrissi note di violino, finale straviskiano: impazzirono per questa versione e nacque un grande feeling.

Una passione musicale, quella del Maestro Melozzi, nata in Abruzzo e probabilmente ereditata dal nonno, genio della chitarra classica, ma mai conosciuto dal nipote. L’illuminazione vera con il film Amadeus: “Inizialmente mi spaventò quel film, sembrava horror, era molto forte per un ragazzino. Poi ho cominciato a cercare di avvicinarmi sempre di più a Mozart: mi iscrissi a un coro. Successivamente ho studiato canto lirico e poi violoncello”.

C’entra però anche l’atletica nel suo approccio alle sette note: “Era il mio sogno della preadolescenza. Ero fortissimo nel salto in lungo. Poi nell’88 ebbi un incidente grave per cui rimasi a lungo sulla sedie a rotelle. Mi dovetti fermare ma quell’incidente mi ha portato su un’altra strada: quella della musica” 

Enrico Melozzi conferma lo spirito ironico del programma, che sta riscuotendo grande successo su RaiPlay anche coi suoi jingle tormentoni che ricordano quanto “Elodie sia una bella donna” o quale numero chiamare. Li commenta seriamente così il Maestro: “Per essere un jingle anni ’80 non è male, un po’ lungo. Sembra la musica un po’ sexy di una pubblicità di saponi di MonteSilvano o della pellicceria a confine tra Teramo e San Nicolò”.

A Conversazione si parla di tutto, compreso il sistema di voto, ogni anno al centro delle polemiche. Questa volta più delle altre secondo molti la stampa avrebbe troppo potere rispetto al televoto che rispecchia i gusti del pubblico. La stampa, infatti, nella serata finale potrà dare un punteggio da 1 a 5 a ogni finalista, facendo la differenza. Per capirci, come spiegato da un dirigente  Rai l’altro giorno in conferenza, basterebbe dare 5 al preferito e 1 agli altri: in questo modo si creerà già una differenza di fatto depotenziando il televoto.

Melozzi, però, sa spiegare bene questa scelta: “Per lo spettacolo è giusto il sistema di voto. Le radio hanno un gusto diverso dalla carta stampata, a sua volta diverso da quello del televoto. Sanremo è anzitutto una trasmissione televisiva, ci vogliono regole per cui tutti lo possano sempre guardare”. In ogni caso l’obiettivo quest’anno è chiaro: la parola agli esperti e a chi di musica ne usufruisce e ne scrive ogni giorno.

Il Maestro confessa a Benincasa cosa odia dell’orchestra: “Quando non si rispetta il silenzio. Odio se un orchestrale gira la pagina di uno spartito o se il conduttore fa l’applauso davanti al microfono”. Quest’ultima è una qualità che anche Benincasa ricorda di Raffaella Carrà: “Ho lavorato per tanti anni con lei, non l’ho mai vista applaudire davvero, faceva finta per evitare questo rumore”.

Sembrerebbe anche un ottimo cuoco il Maestro Melozzi, che però svela una ricetta tutt’altro che leggera per mangiare bene in riviera: “Bisogna prendere un vecchio cofano della 127: si ribalta e ci si mettono dentro cozze, calamari, totani, guanciale, banane, maionese a tonnellate. Poi si accende un fuoco sotto al cofano e si fa cuocere per 30/40 giorni. Poi ci si butta 200 grammi di pasta e si condisce con tutto”. Per fortuna ha optato per la musica, oltre che per i nostri stomaci, anche e soprattutto per le nostre orecchie, che ogni volta scoprono arrangiamenti rock ed estremamente orchestrali con lui. A Sanremo si ride e si scherza, ma soprattutto quest’anno si canta davvero.

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