Islamizzazione: ci stiamo sottomettendo e ce ne compiaciamo!

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Il woke sta svuotando di valori la civiltà europea. Un vuoto che viene riempito dal Corano

Nell’ultimo decennio, caratterizzato da ingenti flussi immigratori quali l’Italia non aveva mai conosciuto nella sua storia, ogni 10 persone sbarcate sulle nostre coste sette sono di fede musulmana. Malgrado il convergere verso il basso dei tassi di fertilità, le donne musulmane continuano ad avere significativamente più figli delle non musulmane. Se oggi la fede islamica interessa il 5% della popolazione italiana, vi sono pochi dubbi che la tendenza sia verso l’alto. All’arrivo di immigrati e al maggior numero di figli, si sommerà anche l’effetto delle conversioni. Fenomeno già in essere, man mano che l’islam mette radici nella nostra nazione diventerà sempre più efficace nel guadagnare nuovi adepti. Basta osservare come già in occasione dell’ultimo Ramadan i video dedicati al tema girassero ampiamente su TikTok anche tra i giovanissimi italiani non islamici, quasi si trattasse di una moda particolarmente «cool». E non sorprende, se consideriamo che molti dei trapper, idoli dell’ultima generazione, sono d’origine straniera, per lo più araba, e rivendicano la propria fede islamica indicandola come la scelta più opportuna anche per i loro fan.

I processi di conversione d’una nazione non sono lineari ma esponenziali. Man mano che un culto cresce quantitativamente, e riesce ad affermarsi come particolarmente «vitale» o «aggressivo», conquista sempre più rapidamente i nuovi adepti. La volontà di essere inseriti in reti sociali, la pressione dei pari, la semplice ammirazione che sempre i giovani hanno verso le identità più assertive, avvantaggeranno l’Islam rispetto al Cattolicesimo, che appare in crisi d’identità e sempre più timido nel proporsi come via di salvezza. Ateismo e secolarismo non sono che spazi vuoti in attesa di essere riempiti.

L’Islam non ha bisogno di diventare la religione maggioritaria in Italia per islamizzare la nostra terra. Esso può cominciare a guadagnarsi delle maggioranze locali, limitate a certi quartieri, città o regioni, e là pretendere che prevalgano le sue leggi e costumi. Abbiamo visto a Pioltello come la maggioranza relativa locale possa influire sulle scelte scolastiche, ad esempio, mentre i quartieri islamici nel Regno Unito sono ottimi esempi della capacità dei musulmani di creare comunità parallele, non assimilate, non integrate, non soggiacenti allo Stato ospite, ma di fatto auto-governantisi. La religione islamica non è solo fatto di fede ma anche di legge e di politica. A differenza del Cristianesimo in cui si dà «a Cesare quel che è di Cesare», la sharia è la sola vera fonte legislativa per i musulmani e lo Stato islamico è l’ideale verso cui tendere. La laicità è un concetto di difficile gestione per l’Islam.

L’islamizzazione dell’Italia sarà ulteriormente accelerata dalle nostre debolezze. Spesso sono gli autoctoni per primi, in nome del politicamente corretto, a rinunciare alla propria identità, ai nostri usi e costumi, per paura di «offendere» gli ospiti. Di fatto, tali ospiti o nuovi venuti sono trattati come padroni. Non è per noi lecito essere offesi dai loro, di costumi. Ciò sarebbe razzista. Ergo i musulmani possono esprimere liberamente la loro cultura, mentre a noi tocca accomodarla, abbozzare, nascondere la nostra. Di fatto, in un momento in cui l’Islam rappresenta in Italia solo il 5% della popolazione, siamo già all’embrione della dhimma ossia la sottomissione dei non-islamici all’Islam.

Il terzomondismo progressista e politicamente corretto, con la sua ossessione di «non offendere» gli altri, ha già apparecchiato per una sistemazione di quel tipo. La remissione, l’auto-umiliazione, l’oicofobia che promuove sono tutti elementi che possono caratterizzare un rapporto di dhimma rispetto ai padroni musulmani. Ed è curioso notare come questi ultimi sembrino già aver intuito il rapporto col progressismo, inquadrandolo nei loro schemi tradizionali. Quando politici musulmani assurgono al potere in Europa (e lo stiamo vedendo molto spesso soprattutto in area britannica), sono sempre molto attivi nel promuovere l’ideologia woke e LGBTQ, seppure contrastante con molti fondamenti islamici. Perché? Probabilmente perché sanno che quegli elementi non penetrano nella Umma, la comunità dei fedeli. Al contrario sono visti come gli «articoli di fede» del nuovo culto laico occidentale. E così, da misericordiosi protettori dei loro dhimmi laicizzati e wokeizzati, si assicurano che quel culto sia applicato alla comunità subalterna dei non musulmani. Che così resterà per sempre subalterna.

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