Carlomaria Balzola è un noto giovane imprenditore di Alassio (SV) ed è titolare e proprietario di quarta generazione del “Caffè Balzola“.
La storia di Alassio è ricca di personalità illustri, non ultimi Pasquale Valentino Balzola (1876-1941) fondatore nel 1902 dell’omonimo bar pasticceria che portò per primo in Liguria la moda del Caffè Concerto e il Commendator Rinaldo Balzola (1911-1987) pasticcere della Real Casa di Savoia.
Nel 2002 l’allora ministro Claudio Scajola consegnò una Medaglia a riconoscenza dei cento anni di rinomata storia dell’azienda pasticcera. Nel ponente ligure il “Caffè Balzola” è l’unico iscritto nella prestigiosa guida dei “Locali Storici d’Italia”. Rinaldo e Pasquale oltre ad aver dato lustro alla Città di Alassio hanno anche ricoperto, al servizio della categoria e della comunità, ruoli e cariche di rango locale, provinciale, regionale e nazionale.
Rinaldo Balzola (il nonno di Carlomaria) fu l’inventore dei famosi “Baci di Alassio” ai quali il “Vate” Gabriele D’Annunzio dedicò un pensiero appellandoli “I dolci della galanteria”.
Nel 1930 la Famiglia Balzola istituì il primo “Bacio d’Oro” che veniva assegnato a persone che partecipavano agli eventi organizzati nella lunga stagione estiva del Caffè Concerto. Nel 1950 inizia la storia del “Bacio d’Argento”, riconoscimento che ancora oggi viene consegnato a tutte quelle personalità legate ad Alassio che si sono distinte per meriti civili, istituzionali, culturali o sportivi.
Carlomaria Balzola è anche Presidente del sodalizio che raggruppa i pubblici esercizi della Città del Muretto (Assoristobar – Fipe Confcommercio) ed è membro della giunta provinciale di Savona di Confcommercio.
Oggi lo abbiamo intervistato per sapere come il suo locale storico affronta questo periodo di emergenza, che sta mettendo a dura prova queste realtà identitarie.
Lei è titolare di un locale storico di Alassio e rappresenta la quarta generazione dalla fondazione. Cosa significa appartenere a questa prestigiosa categoria?
I locali storici sono il patrimonio storico culturale ed enogastronomico dell’Italia. Mantengono l’identità e la storicità di un territorio. Per chi come me vi è nato è motivo di orgoglio ma soprattutto uno sprone a migliorarsi sempre mantenendo dritta la strada principale che è quella di una tradizione. Non siamo soltanto testimoni di un glorioso passato, ma siamo anche gli alfieri di un avvenire ricco di contenuti, di valori e di cultura.
Innegabile però che anche questa gravissima situazione del Covid vi abbia messo in difficoltà …
Le strutture dei locali storici sono davvero dei contesti particolarmente impegnativi e ricchi di attenzione. Non è facile mantenere la storicità e al contempo riuscire a trovare sviluppi professionali in situazioni particolarmente ostiche come questa che stiamo vivendo.
Cosa significa mantenere un locale storico?
Partendo dal presupposto che il locale storico è un punto di riferimento e di confronto, ci sono tre aspetti che più di tutti impongono un’attenta valutazione: il mantenimento delle strutture, il costo del personale altamente specializzato e formato e l’offerta gastronomica ricercata sempre in continua evoluzione e valutazione.
Quando parla di strutture intende anche il costo degli affitti?
Nella maggior parte dei casi i locali storici hanno non solo la licenza ma anche i muri dei locali. Questo nell 80% dei casi. Alcune volte, invece, per il 20% dei casi i locali essendo in affitto risentono non solo l’oscillamento del mercato ma anche un rialzo dovuto al valore pratico dell attività.
Negli ultimi tempi molti locali storici stanno chiudendo con il rischio di cambiare la loro anima …
Perdere un locale storico vuol dire perdere l’identità di un territorio, in questo caso le istituzioni dovrebbero essere più decise e più attente per salvare e mantenere luoghi che sono il patrimonio culturale della nostra amata Patria.
Quali sono le soluzioni che secondo Lei servono per affrontare questo momento? E cosa dovrebbero fare le istituzioni per aiutare i locali storici?
Le istituzioni devono innanzitutto tutelare queste attività con leggi ad hoc, creando anche sgravi fiscali. Per fare un esempio pratico, ristrutturare la sala da tè in stile ‘700 veneziano vuol dire investire decine di migliaia di euro; lo Stato, questo aspetto, dovrebbe valutarlo con più attenzione. Lo stesso vale per i contratti di lavoro professionali.
Quanti locali storici chiuderanno al termine di questa emergenza sanitaria?
Purtroppo quando si sente parlare di chiusura o di riconversione manca soprattutto la volontà di salvaguardare la continuità. Probabilmente ad oggi chi sta avendo i maggiori problemi sono gli esercizi che non sono riusciti ad ampliare la loro offerta e si trovano chiusi in un binario morto. Va ricordato inoltre che un locale storico deve sottostare a norme stringenti e a costi di gestione importanti. Ecco perché quando la macchina non è a pieno regime si rischia di valutare altre scelte senza guardare il cuore e l’identità ma solo il calcolo matematico economico.
Lei definisce una crociata quella per salvare i locali storici.
Sì. Difendere ciò che ci e’ stato donato dai nostri padri, ciò che ha animato incontri, riunioni, discussioni che hanno fatto la storia d’Italia deve a tutti i costi essere salvaguardato, altrimenti si rischia un giorno di vedere tanti locali moderni privi di una identità. Per questo bisogna combattere con tutte le forze e perorare la causa dei locali storici: uno degli ultimi grandi baluardi della tradizione. La cultura e l’identità partono anche da una tazzina di caffè.
Fabrizio Marabello
Gloria Pilotto