Luci, lazzi, risse e poesia: le meravigliose Serate Futuriste

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Di Umberto Boccioni - Fotografia autoprodotta (Maquesta, 2008-01-29), Pubblico dominio, commons.wikimedia.org

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L’avanguardia teatrale marinettiana passa per Ettore Petrolini e i Sei Personaggi di Pirandello

Per i futuristi il teatro non poteva esaurirsi in un assunto solo tecnico o teorico. Non era solo genere letterario. Il teatro, strumento della visione (gli antichi Greci lo definivano, Theatron) è soprattutto spettacolo, realizzazione scenica, rappresentazione. Per i Futuristi il “qui e ora, quella sensazione magica filtrante dell’evento, la sinfonia di luce, il suo pubblico rumoroso, la curiosità di una spettatrice, la carnosità di una ballerina, facevano dire a Marinetti: “ Noi ce ne infischiamo di una battuta di Shakespeare o di un detto addormentato di Ibsen. Ci entusiasma invece il riflesso rosso e verde delle poltrone”.

E qualche anno più tardi, un giovane Federico Fellini verrà portato a teatro a Rimini dal maestro Giovannini delle scuole Teatini, e racconterà così a distanza di anni quell’esperienza: “ Quello che mi interessava di più, veramente, non era lo spettacolo in sé; quanto il prima, l’aspetto magico-esoterico del Teatro: il foyer, il salutare qualche amico, le mascherine che ti accolgono sorridenti, i palchetti, i velluti, il campanellino che richiama lo spettatore che lo spettacolo sta per cominciare, qualche colpo di tosse, il buio, l’apertura del sipario. Poi, quando un attore fa il suo ingresso e comincia a muoversi e a parlare, sono preso dalla tentazione di scappar via. La soggezione inguaribile del Teatro. Ero attratto dalla platea.”

Descrizione perfetta per avvicinarci a quella reazione antiletteraria che avevano i Futuristi. Il Teatro Futurista deve distruggere il Solenne, il Sacro, Il Serio. EVVIVA IL VARIETA’! Il Comico diventa la massima attrazione. Il teatro del mattatore romano Ettore Petrolini ad esempio, che si muoveva sulle scene in estrema autonomia dal Movimento Futurista ma quelle istanze sovversive, vitali, erano le stesse ed erano nell’aria. La tecnica sorprendente di Petrolini, la pennellata a sorpresa, il cogliere la palla al balzo, l’abbinamento, il parallelo di intuizione, il capriccio linguistico, la volubilità dell’arte teatrale; quella sua intelligenza spregiudicata, libera, composta da una polifonia di voci e suoni.

Stesso tripudio accordato a Raffaele Viviani, drammaturgo napoletano che con il suo Piedigrotta verrà acclamato dai futuristi per quella “ simultaneità delle sensazioni contenuta nella sua opera”.

Di Umberto Boccioni – Fotografia autoprodotta (Maquesta, 2008-01-29), Pubblico dominio, commons.wikimedia.org

L’improvvisazione in scena, lo sappiamo, non si improvvisa diceva Totò, e la continua rivoluzione delle forme finisce inesorabilmente ad avvitarsi su se stessa. Il Teatro Futurista è durato un lampo, era sensazione immediata, agile, vibrante; con risultati di provocazione inimmaginabili per l’epoca. Bisognava avere un grande rigore per improvvisare e quando hai in squadra Depero, Prampolini e Balla, va bene, ma i successivi tentativi di provocazione scenica non furono adeguati per invenzione o mezzi tecnici. In mezzo al pubblico, tumulti e litigi. Allegria, proteste. C’è chi vuol sentire il testo, chi si tappa le orecchie a tali oscenità. Chi grida a gran voce: “ Ascoltate rammolliti!”. Dal palco sventolano fazzoletti bianchi in segno di resa. Il pubblico balza in piedi, da qualche parte è scoppiata una rissa. Le guardie intervengono mentre Marinetti continua a declamare una poesia: “ BILO, BILO, FILU’, ZANG ZANG TUMB!”chiasso, fischiatine, paroline flebili di sfottò. Lancio di frutta e ortaggi. Prima un’arancia, poi una carota. Poi il delirio.

Esemplare la barzelletta di Ettore Petrolini: “ Conoscevo un attore che aveva centinaia di scarpe. Tante gliene avevano tirate!” Richiami gutturali degli altri, parole gotiche, strani singulti. I Futuristi rinnegano l’applauso ed esortano al fischio in teatro. Alcuni esperimenti poetici saranno davvero degni di nota.

Si pensi all’opera di Aldo Palazzeschi che veniva accompagnata da una sinfonia di rumori di treno in corsa e trombetta ferroviaria di controllore+ fucili+applausi e Vispa Teresa che facea tra l’erbetta. Finale: Bum Bum dei cannoni. I Futuristi furono i primi che usarono la “luce” in teatro: l’illuminazione. La luce è strumento espressivo, è regia, evocazione temporale e spaziale. Spettacoli con giochi di luce e colori dati da riflettori rudimentali, piazzati per sottolineare nella storia da raccontare passaggi essenziali. Una testimonianza l’abbiamo dai Sei Personaggi di Luigi Pirandello, quando nel testo il Capocomico chiede il colore Blu al tecnico luci per sottolineare un’atmosfera lunare da ricreare. Quella sera, alla prima dei Sei Personaggi, mentre il pubblico gridava inferocito Manicomio, manicomio! I nostri amici, capitanati da Filippo Tommaso Marinetti, gridavano esaltati al capolavoro. Marinetti aveva capito che il Teatro poteva e doveva scuotere il pubblico dalla passività e poteva sottrarre l’attore da quell’atteggiamento di piedistallo, di divo compreso nella sua professione borghese e che tutti in arte avevano bisogno di un sano schiocco di frusta. Come dargli torto. L’elettricità era nell’aria. Si sorrideva per una ricca e insolita zuppa, pioggia aereo-vegetale, bufera, incidente, allegria, vitalità. Il battibecco, la guasconata, risata generale. Una nota del musicista Pratella, la spavalderia dello scenografo Boccioni, le Cretinerie di Marinetti e Petrolini. Qualcuno vuole i soldi indietro del biglietto. Lo spettatore viene accontentato con un feroce e goliardico lancio di monetine da venti centesimi. Tra artisti e pubblico non c’è sipario, non c’è barriera. Barzellette che finiscono a pugni. Com’era andare a teatro? Oltre ai fischi, applausi, posti a sedere o in piedi, si rischiava pure qualche allegra contusione. Il nuovo verbo Futurista era arrivato.

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