La nostra nuova sfida alle stelle

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Idee che diventano azioni, ma anche azioni che sono idee. In questa felice corrispondenza sta la forza del manifesto di CulturaIdentità che abbiamo lanciato giusto un anno fa e che sintetizza i contorni del nostro impegno politico e culturale, con azioni coniugate all’infinito che diventano imperativi.

Il manifesto è uno strumento è uno strumento novecentesco, lo sappiamo, usurato, specie dai chierici di sinistra, che in allegra, comitiva ne firmavano uno al mese, sempre contro qualcuno o qualcosa, talvolta contro qualcuno o qualcosa, talvolta neppure sapendo per cosa ponevano la firma (accadde anche a Sartre e ad Eco di sottoscrivere senza leggere). Il nostro però si ispira a quello del Futurismo che non solo fu il primo, ma fu anche capace di incidere realmente e rompere una cultura a quell’epoca polverosa e stantia, piena di accademismo. La palude di conformismo è la stessa di oggi, i tic e i vezzi della cultura italiana contemporanea sono addirittura peggiori di quelli di fine Ottocento, o meglio sono forse irrimediabilmente gli stessi: la pochezza delle élite culturali, l’asservimento a un pensiero unico nichilista, l’amore per la falsità che pareggia la vanità di un piccolo mondo di intellettuali idealisti al limite della malafede, utopisti per partito preso, mai davvero in linea con il proprio paese, internazionalisti, mondialisti, multiculturalisti, che nel corso degli ultimi sessant’anni hanno sbagliato sempre parte, salvo accorgersene dopo, che rispondono ai campanelli del politicamente corretto come i cani di Pavlov, salivando in eccesso e scodinzolando felici.

La cosa paradossale è che mentre il consenso dei partiti di sinistra è scemato, la casta degli intellettuali di regime è sempre al potere, ancora in grado di determinare il corso delle cose, ancora al comando nei giornali, nelle case editrici, nei giornali, nei musei, nel sistema dell’arte, nelle scuole, nella burocrazia dei ministeri. Ed è per questo motivo che il primo punto del nostro manifesto è Liberare la cultura dal regime di menzogne del politicamente corretto, dalle soggezioni conformiste della lobby radical chic e dalla globalizzazione dei cervelli. Il secondo è Detassare la cultura, sottraendola alla burocrazia tassatrice e oppressiva: apriamo gratuitamente ogni museo e lasciamo l’arte libera da inutili vincoli fiscali. Il terzo è Educare, riavviciniamo gli italiani alla bellezza, all’arte, alla musica e alla lingua come espressione di un canone eterno; la cosa pubblica se ne faccia carico e veicolo, rendendo obbligatorie fin dalla scuola materna le discipline artistiche. Il quarto è Sostenere: incitiamo gli imprenditori al mecenatismo, promuovendo il direttore artistico nelle aziende che, come già nelle corti rinascimentali, innalzerà alla vita armoniosa le invenzioni della libera impresa. Il quinto è Armonizzare: rilanciamo il valore artistico oltre ogni economicismo, armonizziamo il ritmo qualitativo della cultura con le misurazioni convenzionali e quantitative degli algoritmi moderni. Il sesto è Italianizzare: favoriamo, incentiviamo, premiamo il ritorno in patria degli intelletti italiani dispersi all’estero per necessità economiche. Il settimo è Sovranizzare: restituiamo la propria storia a ogni gente, lottiamo per la sovranità di tutti i popoli senza divario di stirpe, di lingua, di classe, di religione. L’ottavo è Integrare: consentiamo l’inserimento di chi vive una disabilità in un contesto sociale e culturale, regaliamo una speranza abbattendo ogni barriera mentale. Il nono è Riordinare: ricominciamo dall’ovvio, dal normale, dall’ordine naturale delle cose, rifiutiamo il finto umanitarismo livellatore, eterofobico. Il decimo è Difendere: difendiamo la persona, la famiglia dal suo inviolabile domicilio rivendicando con forza la legittima difesa.