Piazza Duomo come Colonia

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Mentre la classe politica pensa solo al Quirinale, è proprio mentalmente chiusa nel Palazzo, per di più in uno che fin dai tempi della Roma papalina è  sospettato di portare jella, e mentre la classe giornalistico-socialista (nel senso che sta sempre su twitter) è ossessionata da un tennista che si sta solo facendo pubblicità, il mondo vero va avanti. E non ha fattezze tranquillizzanti, come quello virtuale degli intrighi politici e quello della realtà parallela del metaverso social.

Nel mondo reale capita che la notte di Capodanno alcune ragazze siano avvicinate e circondate da un branco di immigrati maschi giovani e palpeggiate o comunque molestate. E non nella periferia di qualche città ma nel centro del centro di Milano, piazza Duomo.

Nel mondo reale poi capita che la notizia venga taciuta per giorni, nonostante non fosse avvenuta nel profondo del nulla, e che essa si faccia strada prima sui giornali di centro destra, poi sulla stampa mainstream.

Nel mondo reale capita che, per una cosa sgradevole e censurabile, ma in scala di gravità etica e penale assai meno importante del fatto dei piazza Duomo, una giornalista televisiva di una tv locale sia stata descritta per settimane come un incrocio tra Giovanna d’Arco e Santa Maria Goretti, e il suo molestatore sottoposto a un linciaggio quasi anche fisico, perché pare siano andati anche sotto casa sua.

Nel mondo reale capita che siano immigrati a circondare in gruppo le donne, e che quello di piazza Duomo sia una specie di ritualità maghrebina, da compiere a Capodanno (anche se per loro non è una festa): basta ricordarsi i fatti, su più grande scala, di Colonia di anni fa. Si chiama . taharrush jamaʿi (in arabo: تحرش جماعي, taḥarrush jamāʿī)  un’espressione che significa letteralmente “molestia collettiva”. Con l’Islam non c’entra, nel senso che non è una pratica della sharia, ma non pare che gli imam siano troppo solerti nel condannarla. Anche allora la stampa cercò di tenere bassa la notizia, tuttavia i fatti emersero e diedero una buona spinta al successo elettorale della destra radicale.

Nel mondo reale gli immigrati circondano le donne. Nel mondo virtuale dei media mainstream non accade nulla di tutto questo: i molestatori o violentatori sono solo italiani, come quello della pacca sul sedere alla giornalista. E se proprio bisogna parlarne, l’ “origine” (cioè, fuori dal linguaggio politicamente corretto, la nazionalità) dei molestatori non è resa nota, oppure si glissa, utilizzando termini come “giovani”, “ragazzi”, giusto per far passare l’idea della smargiassata.

E se qualcuno proprio ne parla, è per spiegare che “è parte della loro cultura” e che perciò dobbiamo capirli, oppure si addentra nello psicologismo da bar radical chic sui traumi subiti dai molestatori durante le “guerre”. L’Africa, estesa tre volte tanto l’Europa, è infatti tutta, sempre e ovunque, “in guerra”, contro chi non si sa.  Ma i più tacciono: imbarazzati perché le loro parole hanno giustificato le prassi di sfondamento delle frontiere e di invasione, quando non hanno chiamato indirettamente i clandestini, come ha fatto in quattro anni il sindaco Sala. Ma imbarazzati perché l’immigrazionismo è la ideologia più forte che convince la sinistra di essere ancora viva, e il fondamento di tale ideologia è che l’uomo non occidentale, soprattutto se di pelle scura, sia buono, quello occidentale, di pelle bianca, cattivo.

Meglio denunciare il “maschio bianco” e la sua mano morta su twitter. Le urla delle ragazze stuprate in strada si possono anche non sentire, e magari se le saranno pure cercate, ignorantelle che non si sono messe “in dialogo con la cultura dell’altro”.

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