Fervono i preparativi di quello che sarà l’agguato a Pasolini. Questa puntata mostra quale grande importanza ha avuto Johnny Lo Zingaro nella vicenda di cui ci occupiamo. Il fatto desta non poca sorpresa se si considera che stiamo parlando di un sedicenne; troppo giovane per caricarsi la responsabilità di un progetto delicatissimo. Pasolini nell’autunno del 1975 era all’apice della sua popolarità, contestatissimo, ma non per questo meno rispettato per l’autorevolezza del suo retroterra intellettuale. Come avranno fatto i mandanti dell’omicidio a mettersi nelle mani di un ragazzino, resta un mistero. Eppure partendo da un ruolo secondario, il Biondino diventa il regista dell’operazione. L’atteggiamento che assumerà durante l’indagine e negli sviluppi successivi, sarà in linea con questa presa di posizione. Muto, negazionista e generosamente non disturbato da alcun approfondimento, sia processuale che giornalistico, ha mantenuto un profilo defilato da ogni coinvolgimento nella vicenda Pasolini, in questo smaccatamente coadiuvato dall’unico attore “visibile” che avrebbe potuto testimoniare la sua attiva partecipazione ad esso: Pino Pelosi. Pelosi è infatti l’unico sopravvissuto della scalcinata banda dei quattro che agisce all’Idroscalo. I fratelli Borsellino (Braciola e Bracioletta) muoiono per una provvidenziale overdose, poco dopo che il carabiniere Renzo Sansone entra casualmente in contatto con loro. Il milite appartiene alla compagnia di Monterotondo e viene comandato di infiltrarsi in una bisca di Tiburtino III perché pare sia in atto il progetto di rapire la figlia del cantante Gianni Morandi. Lì viene in contatto con Franco e Giuseppe Borsellino che gli rivelano di aver partecipato all’omicidio dello scrittore-regista, per vantarsi della loro capacità a dispetto della giovanissima età. Naturalmente la pista aperta dal carabiniere Sansone viene immediatamente abbandonata e nessuno dà seguito e approfondimento a questo inaspettato sviluppo che invece permetterebbe di capire ogni cosa. Nel giro di poche ore i due fratelli vengono rilasciati e gli inquirenti perdono un’occasione d’oro per far luce su un caso che resta confinato nella responsabilità, comoda, del solo Pelosi.
L’altro protagonista, il meccanico Antonio Pinna fa perdere le tracce di se subito dopo l’omicidio, probabilmente temendo che sia i Borsellino che Pelosi stesso, potrebbero fare il suo nome. Inoltre nella borgata di Monteverde Nuovo, sono già molte le bocche che cominciano a parlare e il nome di Pinna comincia a fare il giro degli ambienti malavitosi. Subito dopo l’agguato è incaricato di far pulire la sua auto, simile a quella di Pasolini, perché su di essa ci sono le tracce del passaggio sul corpo e dell’urto contro la recinzione del campo di calcio all’Idroscalo. E fatica non poco a trovare un carrozziere che accetti di fare quella riparazione assai scottante. A circa quattro mesi dall’assassinio la sua auto verrà trovata al parcheggio dell’aeroporto di Fiumicino, mentre lui si renderà irreperibile. Questo avvalorerà la tesi della sua partenza per l’America del Sud, a cui in verità non crede nessuno. Tutti pensano che sia stato giustiziato, per non lasciare testimoni scomodi, secondo una versione; per aver sottratto soldi a malavitosi che lo stanno cercando, secondo una cerchia ristretta.
Resta solo Pelosi che ostinatamente durante il processo di primo grado ed in quello di appello continua ad asserire di essere stato da solo quella notta all’Idroscalo e resiste ancor più decisamente durante le fasi di riapertura delle indagini voluta da coraggiosi avvocati che rilevano le infinite incongruenze, senza che siano chiarificate. E così per mancanza di prove contrarie. Pelosi diventa definitivamente il solo responsabile della morte di Pasolini escludendo tutti gli altri, compreso il terribile Biondino.
QUELLA NOTTE ALL’IDROSCALO…
Atto unico
personaggi
UNO ufficiale superiore dei Servizi
DUE agente dei Servizi
BIONDINO, ragazzo malavitoso
PELOSINO, ragazzo di vita
BRACIOLA, ragazzo di vita
TONINO, meccanico
Buio. Musica. Sullo sfondo compare una scritta
17 settembre 1975
In un imprecisato appartamento di Catania.
La musica cessa. Luci soffuse in un ambiente scarno dove ci sono un tavolo e due sedie. Due uomini dei Servizi a colloquio, uno di spalle al pubblico e l’altro di fronte. Sullo sfondo un’immagine di Catania
DUE: Hanno arrestato il Biondino
UNO: Che ha fatto?
DUE: Una rapina.
UNO: Questo Biondino, è un ragazzino, ma ha preso in mano tutta l’organizzazione.
DUE: Lo controlliamo, Generale.
UNO: E’ uno che si vuole tirare fuori. Un paraculo. Non si vuole far coinvolgere in questa faccenda. Ci potrebbe dare qualche dispiacere?
DUE: Ma, no. Ci ha chiesto favori. Abbiamo in pugno anche lui.
UNO: Sì, però, non mi fido. Facciamo qualcosa per incastrarlo.
DUE: Prima bisogna farlo uscire.
UNO: Me ne occupo io. E’ a Casal del Marmo?
DUE: Sì.
UNO: Lo facciamo uscire e poi diamo il via all’operazione. Voglio che partecipi. E voglio che lasciamo qualche traccia della sua partecipazione.
DUE: Come?
UNO: Prenda qualcosa che gli appartiene e la lasciamo all’Idroscalo.
DUE: Così, in caso, gli inquirenti possono risalire a lui.
UNO: Ci serve qualcosa di personale per tenerlo legato a noi, casomai gli venisse in mente di fare il matto..
DUE: Ci ho pensato io. Ha un anello molto vistoso e ho chiesto che me lo presti.
UNO: Un anello? Che tipo di anello?
DUE: Questo. ( e glielo mostra) Dice che è delle Forze Armate Americane.
UNO: ( osservandolo ) Mmmh… Non basta. Un anello così lo puoi trovare facilmente nei mercatini dell’usato. Un avvocato qualunque ci smonterebbe la prova della sua presenza in un batter d’occhio.
DUE: Troverò qualche altro oggetto personale.
UNO: Il Biondino zoppica. E’ probabile che usi il plantare. Prendiamo un suo plantare e lo lasciamo nella scena. Quello è suo personale e non può essere di altri.
DUE: Giusto. Mando qualcuno?
UNO: Non sarà difficile. Vive in una roulotte, gliene prendiamo uno, forse nemmeno se ne accorge.
DUE: E l’anello? Se me lo chiede quando esce?
UNO: Teniamocelo. E’ meglio.
DUE: Va bene.
UNO: Intanto Pelosino ha telefonato ed ha fissato l’appuntamento col regista.
DUE: Sì, per il giorno 20. Ha chiesto tempo per mettere insieme i contanti.
UNO: Dica a quei derelitti di accettare. Ma all’ultimo momento facciamo saltare l’appuntamento. Una prova generale. Voglio verificare che venga solo e poi rifissiamo un nuovo appuntamento subito dopo, appena faccio uscire il Biondino.
DUE: Va bene.
UNO: Il regista è sempre seguito?
DUE: Ha una macchina incollata addosso 24 ore su 24.
UNO: Ha iniziato a scrivere un nuovo capitolo del suo fottuto romanzo. Sta spingendo sull’acceleratore. E’ arrivato a collegare la nostra organizzazione al colpo di stato di cinque anni fa, attraverso la morte di Mattei. Si è spinto anche oltre dove era arrivato il giornalista che abbiamo fatto sparire.
DUE: Glielo rubiamo.
UNO: Non ancora. Non sappiamo se ne ha fatto copie. Dobbiamo intervenire presto, sennò questo fa scoppiare un casino e poi si immagina quello che succede?
Buio. Musica. Appare una scritta
1 novembre 1975
Retro del un bar al Forte Tiburtino.
La musica cessa. Sullo sfondo un’immagine dell’entrata di un bar a Tiburtino. Biondino, Pelosino, Braciola e Tonino.
BRACIOLA: Com’era ar gabbio, Bio’?
BIONDINO: Bene. So’ tutti amici.
PELOSINO: Ce sei stato poco.
BIONDINO: Questi so’ forti. M’hanno fatto esci’ a palla.
BRACIOLA: Quanno?
BIONDINO: Ieri. Aoh, allora è pe’ stasera…
PELOSINO: Ma n’è che ce ristoppeno n’artra vorta?
BIONDINO: A guardia dice de sta’ pronti. Se dovemo move’.
TONINO: Ma tu chi cazzo sei? Er capo?
BIONDINO: E allora? Ricevo istruzioni e devo da mette’ tutti d’accordo. Si n’ te sta bene, te ne vai affanculo n da’ sei venuto.
BRACIOLA: Daje, discutemo dopo.
BIONDINO: Pelosino va a piazza Esedra alle 10 e se ‘ncontra cor frocio…
PELOSINO: …E me devo fa’ vede’ da tutti…
BRACIOLA: C’è sempre ‘n zacco de gente, n’è difficile.
PELOSINO: E si ce vie’ addosso quarcuno? Ce so’ ‘n zacco de pischelli che quanno lo vedono pensano a fasse da’ ‘n po’ de sordi…
BIONDINO: Quello mo sta a penza’ ai pezzi der firme che je mancheno, nun se incula nessuno. Pelosino je dice che bisogna anna’ a prenne uno a via Ostiense che è quello che conosce chi je li deve rida’.
PELOSINO: Che saresti te…
BIONDINO: Che so’ io. V’aspetto davanti ai Mercati Generali. Me caricate in maghina pure a me e se ne annamo all’Idroscalo. Durante er percorso c’ aggancia Tonino e ce segue fino all’Idroscalo.
PELOSINO: Io n’ho capito lui ( rivolto a Tonino), che ce viene a fa’…
TONINO: Ma n’ c’è nessuno che se fa li cazzi sua da ‘ste parti?
BIONDINO: Oh…Così m’è stato detto e così famo.
BRACIOLA: Io e mi fratello ‘nvece, annamo diretti a Fiumicino
BIONDINO: Trovete un motorino.
BRACIOLA: Ma si me pijo ‘na maghina, n’è mejo?
BIONDINO: Ho detto un motorino. Nun comincia’ a rompe’ er cazzo, Bracio’…
BRACIOLA: Se cagamo sotto dar freddo. Mi’ fratello ancora tossisce…
BIONDINO: Insistisci? C’hai na faccia da stronzetto. Si te vede madama pe’ strada, ‘o capisce che n’ ce poi ave’ a patente. E te ferma. Te la voi rischia’?
BRACIOLA: Vabbè. Amo trovato un Gilera. Sta sempre parcheggiato a Portonaccio. C’ha un lucchetto micio micio. Più tardi se l’annamo a pija’.
BIONDINO: Bene. Allora avete capito tutto. Mo levateve dar cazzo che devo parla’ co’ Tonino.
PELOSINO: Ciao, Bio’…
BRACIOLA: Se vedemo, Bio’.
Ed escono. Biondino resta con Tonino.
BIONDINO: Devi aspetta’ i siciliani. Sanno la maghina tua e la targa
TONINO : Lo so. So’ in tre. Ma ‘n dove?
BIONDINO: Nun te preoccupa’. T’agganciano loro
TONINO: Alla fine semo ‘na folla. Te, er pischello, i du’ fratelli e noi quattro. N’ semo troppi?
BIONDINO: La guardia m’ha spiegato. Aspettate che famo lo scambio, poi loro escheno dall’ombra e zompeno addosso ar frocio. Tu je devi da’ ‘na mano, perché quello è bono a difendese e mena forte.
TONINO: Ho capito. Je dovemo mena’. Ma bisogna spaventallo bene, perché quello me conosce e dopo me denuncia. Io l’ho detto un zacco de vorte. Vabbè che scappo ‘n Brasile, ma è sempre un rischio.
BIONDINO: …Guarda che quello dar campetto, deve usci’ co le gambe davanti…
TONINO: …Bisogna ammazzallo..?
BIONDINO: Che cazzo ce venivano a fa’, quelli, da Catania? A trova’ gente che mena, eravamo boni pure noi…
TONINO: Eh, vabbe’… ma così… nun s’era detto…
BIONDINO: …‘n te la senti?
TONINO: N’è che ‘n me la sento…E’ che semo amici da tant’anni… Lo conosco. Con me s’è sempre comportato bene.
BIONDINO: Oh, si n’ te sta più bene dillo mo’. Te levi e trovamo ‘n artro. Però, sia chiaro, nun piji più ‘n cazzo…
TONINO: Nun posso manco rinuncia’ a li sordi. C’ho la merda fino all’occhi…
BIONDINO: Me l’ha detto la guardia.
TONINO: ‘Na cifra de buffi. Devo da’ i sordi a mezza Roma. E è tutta gente ‘nfame che prima te stacca ‘n dito e poi te chiede si hai portato i sordi.
BIONDINO: Devi decide’ te…
TONINO: ( combattuto ) Vabbe…
BIONDINO: Sicuro?
TONINO: V’aspetto stasera a Ponte Marconi. Sto lì dalle 11
Buio. Musica.