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In un mondo estetico dominato dal brutto e da sperimentazioni che di sperimentale non hanno nulla perché ripetono il già visto fa piacere scoprire una produzione artistica, tutta italiana, che senza tema di smentite possiamo inquadrare nella corrente dell’arte sacra contemporanea: un ossimoro? Niente affatto. Chi ci segue sa quanto teniamo al recupero del figurativo in arte, di contro al birignao del concettuale e dei suoi derivati: pertanto non stupisce vedere in uno dei massimi rappresentanti dell’arte sacra contemporanea, Rodolfo Papa (Roma, 1964; vive e lavora a Roma), la sintesi mirabile di tradizione e innovazione. Le basi sono Dalì e Tiziano, Giotto e Magritte, il Beato Angelico e Raffaello, ma il focus è il presente, con una proiezione nel futuro. Ma sempre sapendo che siamo nani sulle spalle dei giganti. L’arte richiede studio, lavoro, applicazione e Rodolfo Papa, che è pittore, ma anche scultore, teorico, storico e filosofo dell’arte, ben rappresenta questo concetto di homo faber. Nel suo percorso pluridecennale ha realizzato molte opere di arte sacra, che appunto vogliamo dire arte sacra contemporanea, realizzando interi cicli pittorici per basiliche, cattedrali, chiese e conventi e non solo in Italia, mentre per quanto attiene ai suoi scritti contiamo circa venti monografie (molte delle quali tradotte) e alcune centinaia di articoli. Per non dire del suo ruolo accademico: Ordinario alla Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon, invito diretto di Giovanni Paolo II nel Duemila a far parte degli artisti del Vaticano come accadeva ai grandi artisti di epoca rinascimentale. Uno dei lavori più significativi di questo moderno artista “rinascimentale” è il ciclo pittorico per la Cappella del Perdono presso la Chiesa del Santissimo Sacramento a Roma a Tor de’ Schiavi, realizzato in piena pandemia (l’inaugurazione è stata domenica 25 ottobre 2020), commissionato da don Maurizio Mirilli e caratterizzato da un’innovativa lettura (e visione) della Pentecoste. Una sorta di “riscrittura” per immagini del tema sacro, fatta in un contesto dove l’Italia e il mondo intero vivevano ancora nell’angoscia, in cui Papa associa all’evento evangelico della Pentecoste un nuovo punto di vista (letteralmente: una prospettiva particolare) e una rilettura dei modelli del passato. La composizione dell’opera a parete si caratterizza per una duplicazione del piano che idealmente possiamo chiamare celeste e terreno: le pareti si azzerano mediante uno studiato rapporto prospettico a dar l’illusione di un’unica volta su cui campeggiano i soggetti che l’artista raffigura con allure contemporanea ma sempre con lo sguardo alla tradizione, cifra stilistica che del resto già abbiamo riscontrato in una parte importante della sue precedente produzione pittorica. Ci piace accostare questo grande artista a un umanista, Coluccio Salutati, che nell’Italia dell’epoca umanistico rinascimentale seppe coniugare il sacro e il profano, il cielo e la terra, alla luce di un messaggio che risulta attualissimo: la ri-scoperta della dimensione mondana dell’uomo, la costruzione della città terrena, ma avendo come punti di riferimento il sacro e la tradizione.