Era il 6 ottobre di cento anni fa quando le calde voci di Maria Luisa Boncompagni e Ines Viviani Donarelli lessero i primi annunci della neonata radio in Italia.
Ora il Senato della Repubblica, per iniziativa del presidente Ignazio La Russa, celebra questo storico compleanno con una cerimonia a Palazzo Madama. Oggi, a partire dalle 14,00, in diretta TV e Radio sui rispettivi primi canali RAI, verranno ricordati i momenti più emozionanti della storia della radiofonia del nostro Paese: dal primo annuncio di quel 6 ottobre 1924, alle trasmissioni di maggiore ascolto, rievocando poi le voci più famose.
A raccontare questa storia eccezionale saranno direttamente dai protagonisti radiofonici di oggi – Renzo Arbore, Umberto Broccoli e Andrea Delogu, con la conduzione di Carlo Conti – coi loro ricordi e le testimonianze della storia recente. Grazie al contributo del Museo della Radio e della Televisione Rai di Torino, sarà anche possibile ascoltare i primi annunci così come furono trasmessi dagli apparecchi radiofonici di un secolo fa.
La radio, invenzione italiana del premio Nobel Guglielmo Marconi, ha in realtà diversi compleanni. Il 6 ottobre è la data più significativa perché è quella in cui iniziano le trasmissioni radiofoniche ufficiali dell’URI, Unione Radiofonica Italiana. La URI era una società anonima che riuniva due delle tre compagnie pioniere della radiofonia in Italia, la Radiofono e la «Società italiana radio audizioni circolari», SIRAC, (una terza, Radio Araldo, a cui andrebbe effettivamente la palma di prima trasmittente assoluta in Italia fin dal giugno 1923, non riuscì ad aderire per carenza di capitali).
L’URI era una società privata concessionaria e ben presto divenne a controllo pubblico, mutando nome e ragione sociale (SpA) nel 1927. Quell’anno nacque l’EIAR, Ente Italiano Audizioni Radiofoniche. Il suo maggior azionista era la SIP, Società Idroelettrica Piemontese che poi per decenni avrebbe gestito la rete telefonica pubblica italiana. Quando dopo la crisi del 1929 venne fondata l’IRI, la SIP venne acquisita dall’Istituto e di conseguenza l’EIAR, già indirettamente controllata dallo Stato, ne divenne proprietà.
La radio divenne così presto una delle più importanti imprese culturali d’Italia, forgiando lo spirito dei tempi. Dalla radio, fin da prima della guerra, germinò anche la televisione, allora “radio-visione”, un esperimento durato poco più di un anno (1938-1940) e interrotto dallo scoppio del conflitto ma destinato nel dopoguerra a rinascere e rivoluzionare il paese. Con la sconfitta e la caduta del Fascismo, cambiò anche il nome dell’ente pubblico, considerato troppo evocativo del regime, che da EIAR venne cambiato in RAI, Radio Audizioni Italiane. Acronimo rimasto anche quando il tubo catodico si affiancò all’altoparlante delle radio e che tutt’oggi – in epoca di digital media company – rievoca quasi fosse una patente di nobiltà le sue origini radiofoniche.