Sylos Labini ad Agorà: “l’egemonia culturale da Gramsci ai Ferragnez”

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Dal “Signore degli Anelli” all’egemonia culturale, dalla censura ai guai giudiziari di Chiara Ferragni al caso di Vittorio Sgarbi. Tanti gli argomenti toccati stamattina ad Agorà, diretto Roberto Inciocchi, dal direttore di CulturaIdentità Edoardo Sylos Labini. Un confronto con lo scrittore Paolo Di Paolo, col quale si è avuta una consonanza soprattutto sui temi della censura e del garantismo: “La censura, soprattutto in campo artistico e culturale è sempre una follia, a prescindere dai contenuti, nel merito dei quali non entro” ha detto Sylos Labini, commentando il caso del film filorusso la cui proiezione è stata impedita a Bologna. Un’affermazione a cui ha fatto eco Di Paolo: “Anche questa volta mi trovo d’accordo con Sylos Labini, la censura non mi sembra assolutamente proponibile in nessun circostanza”. Ma la vicenda è indice anche di una crisi culturale all’interno della sinistra, commenta Sylos Labini: “Dentro la sinistra c’è una spaccatura pure sul posizionamento nella contesa fra russi e ucraini. Del resto ricordiamoci che il Partito Comunista Italiano è stato a libro paga di Mosca fino alla caduta del Muro di Berlino. È logico che tutt’ora, in piena crisi di identità della sinistra, chi si rifà alla tradizione veterocomunista tiri fuori simboli e parole d’ordine cari alla propaganda dei regimi comunisti”.

Il cuore della puntata di Agorà è dedicato all’egemonia culturale: la destra la sta conquistando? Esiste una scalata culturale della destra al fortino costruito dalla sinistra? Un tema che prende le mosse dalla grande mostra su Tolkien alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, di cui CulturaIdentità ha parlato in più occasioni, spesso indicata come il segnale di un attacco generalizzato ai feudi culturali della sinistra. “È vero che i libri di Tolkien inizialmente erano appannaggio degli hippie – dice Sylos Labini – ma poi sono stati scoperti dai giovani di destra. I Campi Hobbit, alla fine degli anni Settanta e fino agli anni Novanta hanno rappresentato un modello nuovo per la destra culturale, con la quale si staccava dalla destra postfascista nata nel dopoguerra, e ha creato un modello da cui parte la generazione Atreju che oggi è protagonista”.  

Ma insomma, la destra ha avuto bisogno di Tolkien per guadagnarsi un posto al sole nel panorama culturale? La domanda – sottintesa dal conduttore Roberto Inciocchi – è che a destra sono mancati gli intellettuali. Riecheggia dunque un pregiudizio residuale che deriva da quelle affermazioni con cui la sinistra ha avocato ai suoi adepti il monopolio della cultura, riducendo tutto ciò che le era estraneo (dalla cultura liberale a quella fascista, dal conservatorismo anglosassone a quello cattolico etc.) a una “invasione degli hyksos”. Un pregiudizio smantellato coi fatti dalla risposta di Sylos Labini: “No. La carenza non è stata intellettuale. Semmai di rappresentanza politica. Dal dopoguerra in poi mentre il Partito Comunista riusciva a piazzare i suoi militanti nei gangli della produzione culturale, della scuola e della magistratura, se un intellettuale un artista diceva che proveniva da un’area politica anticomunista molto semplicemente gli tagliavano le gambe. Per questo motivo se ne stava zitto, non trovando alcuna rappresentanza politica con un disegno politico-culturale in grado di rappresentarlo e di difenderlo”. La svolta si è quasi toccata con l’arrivo di Berlusconi, ormai trent’anni fa. Ma è stata un’occasione sprecata: “Comunque un’autocritica va fatta, e io l’ho sempre denunciato. Più di dieci anni fa a Berlusconi dissi: presidente lei è l’editore culturale più importante d’Italia degli ultimi 40 anni. Da Medusa a Mediaset, dalle TV al Teatro Manzoni ha la possibilità di costruire un percorso culturale. Sfortunatamente non ci è riusciti. Ma oggi forse questo governo di destra comincia a capire l’importanza della cultura”. E proprio l’importanza della cultura è al centro della riflessione sul caso Ferragni, più che la questione giudiziaria su cui – ovviamente – non ci si può pronunciare: “Chi di social ferisce di social perisce – commenta Sylos Labini – Su ciò che la Ferragni ha fatto ci sarà un giudizio della magistratura. Io sono garantista sempre con tutti. Ma il problema è culturale: chi costruisce la propria immagine sul nulla alla fine ne paga le conseguenze. A me piacerebbe che gli influencer di oggi fossero scrittori come Di Paolo, artisti, intellettuali che veicolassero attraverso gli strumenti social dei contenuti veri e di spessore culturale. È il mio sogno. Un sogno fiumano, un sogno dannunziano” conclude Sylos Labini.

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