Tolkien, tra mito e fede

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A Roma la GNAM (Galleria Nazionale di Arte Moderna) racconta con una mostra l’idolo della gioventù di destra, J.R.R. Tolkien, la vita, le opere, il suo rivoluzionario messaggio. John Ronald Reuel è stato uno scrittore, filologo, glottoteta e linguista britannico, padre de Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit e Il Silmarillion. Nel profondo del suo animo, della sua poetica, fu un fervente cattolico (dono che condivise con l’amico C.S. Lewis). Negli anni 60 le opere di Tolkien furono considerate controcultura studentesca: boschi, campagne, erbe, insomma hippie style! Invece, erano un chiaro invito a tornare alle radici precapitaliste, alle tradizioni “contro la civiltà moderna che distruggeva l’amata Britannia rurale”, dove Tolkien passò parte dell’infanzia. Dio (la fede), patria (le tradizioni) e famiglia (i propri cari, la contea): The shire (la contea degli hobbit) è appunto un paesino edoardiano come lo immaginava Tolkien. Da ultraconservatore, credeva che la civilizzazione stesse allontanando l’uomo dal suo originale stato di grazia, dove cercava di riportarlo con i suoi libri. Il suo “fantasy” non rappresenta un mondo “fantastico”, “senza tempo”, basta osservare la mappa del Signore degli Anelli per vedervi nella geografia del XX secolo l’Inghilterra (la contea), l’Urss (il regno di Sauron), l’Europa occidentale (il regno degli uomini).

Nelle sue storie esistono razze distinte, disgiunte, i singoli personaggi sono attentamente disegnati e ricondotti meticolosamente ognuno ad un preciso ruolo e tutti concorrono, uniti, al bene comune. Il male è assoluto, totale, guidato da un signore che si chiama Sauron (un rettile e/o per il tempo anche Stalin) che utilizza orchi, troll e altre razze cattive per spargere terrore, bontà e malvagità sono connotazioni insite in ogni razza.

Poi c’è l’Anello degli anelli, creato dal male che dona potere ma corrompe il possessore. Non si utilizza l’arma del “cattivo” per fare del bene. Persino i saggi (maghi e druidi) accecati dal potere si mettono al servizio del male (vedi Saruman che fabbrica un esercito di orchi). Solo il piccolo hobbit (puro, umile) può salvare l’umanità dalla barbarie: alta e profonda trasposizione senza tempo!

Elémire Zolla evidenzia i caratteri etici e religiosi delle storie dove l’autore ribadisce che il male esiste, è incarnato nel diavolo (Sauron). Tolkien non cerca la mediazione del bene sul male, ma soltanto la vittoria su di esso. Il Signore degli Anelli è fondamentalmente un’opera religiosa e cattolica scrive lo stesso Tolkien a padre Robert Murray. La profonda fede ereditata dalla madre, convertita dalla religione protestante al cattolicesimo, lo alimenta ed ispira costantemente.

Paolo Gulisano, (Il mito e la grazia), Andrea Monda e Saverio Simonelli (Tolkien il signore della fantasia) suggeriscono una “lettura cattolica” per scoprire realmente l’opera di J.R.R. Il Signore degli anelli è un inno alla Grazia con rimandi continui alla Sacra Scrittura. Il pensiero di Tolkien lo si può accostare a Dante: entrambi conferiscono un senso anagogico (mistico) al loro lavoro. Non una fiaba o un’opera di fantasia ma una creazione che rimanda ad Altro, inteso come trascendente, così è la Divina Commedia.

O Dio onnipotente ed eterno che scegli le creature più miti e più deboli per confondere le potenze del mondo” (S.Agnese). Qui c’è Tolkien! L’illimitata fiducia in Dio e nel Suo progetto sulla storia, l’esaltazione degli umili, la rinuncia e la possibilità dl riscatto per tutti, persino per il “peccatore” Smeagol, desideroso di ri-possedere lo strumento del male che lo ha “deformato” nella mente e nel corpo in un Gollum mai pentito, solo e ramingo. Tutto Il Signore degli Anelli è pervaso dal senso della fragilità umana che solo in Dio trova compimento e appoggio. Il protagonista (Frodo), ha elementi ascetici sempre attuali ma scomodi oggi: rinunzia, senso di inadeguatezza, profonda umiltà ma determinazione nel portare a termine la missione a costo della vita. E una volta “chiamato” non cede. Un riferimento senza tempo per tutti i governanti!

La Grazia è presente in ogni pagina del romanzo e si svela proprio al momento decisivo. Nessuno può arrogarsi singolarmente il merito di avere salvato “la Terra di Mezzo”, ognuno ha offerto il proprio contributo, ma solo la Grazia,  servendosi di tutti,  gioca l’ultima carta. Dio, mai nominato, è sempre presente nelle opere di Tolkien. “Il senso del sacro è una dimensione radicale, costitutiva del nostro essere uomini” (M. Veneziani). Tolkien va letto solo con la lente della fede, altrimenti “sono solo canzonette”!

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