Il nostro futuro vira verso forme di locomozione ecologiche, di basso impatto ed autonome. Immaginiamo uomini seduti nei propri mezzi non impegnati alla conduzione, che semplicemente indichino la meta. Una realtà che forse sarà certezza nel futuro prossimo e che già oggi presenta le sue avanguardie. Nella progettazione di questa nuova dimensione sono al lavoro menti dell’ingegneria, della robotica, dell’elettronica… Tuttavia in una percentuale di realtà tanto asettica, cibernetica e digitale, ha presto preso piede l’esigenza di aprire uno spazio di lavoro a studiosi di tutt’altra sfera e dimensione: i filosofi.
Il perché è spiegato nel cosiddetto “dilemma del conducente”: si immagini che, durante la percorrenza di un tragitto, il veicolo si trovi di fronte ad una scelta che implichi una contingenza etica. Se ad esempio il veicolo si venisse a trovare di fronte ad una scelta bipolare che da un lato comporti l’investimento di un pedone e dall’altro la deviazione per schivarlo con una forte percentuale di possibilità di impattare contro un muro col rischio di ferire o peggio i passeggeri, quale sarebbe la decisione da “programmare” come corretta? Un dilemma che da anni vede al lavoro gli studiosi e che oggi assume una rilevanza pratica che esce prepotentemente al di fuori dei laboratori di pensiero per divenire protagonista di scenari concreti contemporanei. Gli studi dello psicologo Jean Francois Bonnefon, indicano la predisposizione umana ad una scelta del sacrificio del conducente e dei passeggeri come favorita. Si ritiene la vita di un solo pedone debba sempre essere salvata, anche a condizione che la sterzata implichi la morte dei presenti nel veicolo. Diverso approccio quello della scuola dell’utilitarismo: secondo questa teoria l’azione morale è quella che genera la felicità maggiore al maggior numero di persone. Se nello schianto eventuale contro il muro si dovessero preventivare cinque vittime, il veicolo dovrebbe allora proseguire la sua corsa evitando ogni deviazione se anche questo comportasse l’investimento di un individuo singolo.
Il “dilemma del conducente” (o “dilemma del carrello”) assume un valore anche fuori dal suo contesto naturale di studio, se applicato alla nostra attualità.
Abbiamo una società nella quale il governo può assumere il ruolo del software di intelligenza artificiale del veicolo (che invece diviene il Paese Italia).
Un governo come il nostro attuale, programmato debole, incerto, titubante, senza equilibrio e sul filo dell’ideologismo apatico rispetto al reale; che tipo di azione deve mettere in atto?
Anche di fronte a cittadini imbavagliati e condotti alla vita con il paraocchi, diviene urgente la necessità di un software programmato per essere risoluto e non incerto. Il rischio è quello di non compiere nessuna scelta e nell’ignavia uccidere il pedone e successivamente incidentare sacrificando anche i passeggeri: una carneficina senza senso e ratio.
Nel tentativo di tutelare la salute dei cittadini da una crisi pandemica, s’intenderà realmente sacrificare l’economia del Paese? O viceversa, l’opzione seconda preferirà mantenere viva la salute finanziaria?
Quale che sia la scelta, avrebbe risvolti dolorosi che dovremo essere pronti ad accettare. Quale che sia la scelta, dovrà esservene una.
L’Italia è quindi alla ricerca di figure in grado di assumersi le responsabilità del proprio ruolo e mestiere. Ed è invece nelle mani di professionisti della delega di doveri e ruoli, personaggi in attesa delle indicazioni di chiunque per ovviare all’assenza di proprie autonome decisione. Ed ecco che precise scelte di natura politica si sottomettono al parere di centinaia di soggetti arruolati nelle task force, di virologi, studiosi, esperti, medici e primari… Bulimia di poltrone, certo, ma con alla base la totale incapacità d’essere al pari del livello che il loro ruolo istituzionale richiederebbe.
Conte e Co. restano impassibili da decisioni funzionali, sono fermi al bivio ed incapaci d’intraprendere una direttrice. Rischiano così di sacrificare le nostre libertà individuali e le economie del sistema Paese, senza al contempo ottenere risultati nella lotta al virus. Una terza via non-decisionale e peggiore nelle conseguenza della sommatoria delle altre due. Ed in questo immobilismo, pare si rimanga ciechi di fronti alla razionale prosecuzione della questione: uccisa l’economia, non ci saranno più sostanze finanziarie per sostenere la sanità, collassando così anche sul campo virologico.
Ecco, in sintesi l’italiano “dilemma del conducente” rischia di risolversi nell’assenza totale di un conducente e del conseguente preavviso di strage preannunciata.