A Voghera si prospetta un caso di legittima difesa?

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La legittima difesa, quale espressione del principio di autotutela privata autorizzata dal nostro ordinamento nelle ipotesi in cui l’intervento dello Stato non possa essere immediato, è un istituto che, pur avendo radici storiche molto profonde, non risparmia aspre divisioni sia nella società civile che nell’agorà politica. E l’ultimo tragico avvenimento accaduto a Voghera ne dà conferma.

Pur dovendo attendere l’esito dei rilievi balistici, dell’autopsia e dei prodromici controlli sulle telecamere si può, comunque, compiere qualche valutazione il più obiettiva possibile, nel rigore delle norme attualmente vigenti ma, soprattutto, nel rispetto in primis della vittima e dell’autore, attualmente sottoposto alle indagini.

La legittima difesa richiama il noto brocardo latino “vim vi repellere licet”, ossia “è lecito reagire con forza/violenza alla (pregressa) violenza”: e, come anticipato, serve a scriminare condotte illecite commesse, in estreme circostanze di pericolo e tutela per la propria (e altrui) incolumità, nelle situazioni in cui l’intervento delle forze dell’ordine non possa operare tempestivamente.

Dopo successive modifiche, nel 2019, l’attuale norma è stata ‘potenziata’ per tutelarci da aggressioni subite (rapine) all’interno delle nostre abitazioni o di altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale: infatti è stato previsto che, in talune circostanze, possa esser lecita la difesa anche con l’uso di un’arma legittimamente detenuta, sussistendo il cosiddetto rapporto di proporzionalità tra la (nostra) difesa e l’offesa arrecata e ricevuta.

Questo, come visto, per quanto riguarda la legittima difesa c.d. domiciliare. Ma il tragico fatto di Voghera è tutt’altra storia. Nel senso che la scena del crimine si è svolta fuori da un locale pubblico, tra due persone, in seguito – in apparenza – ad una colluttazione/aggressione con il ferimento mortale dovuto ad un colpo d’arma da fuoco esploso da un’arma legittimamente detenuta. L’autore ha dichiarato che il colpo esploso è stato accidentale: la presente affermazione si tradurrebbe, conseguentemente, nell’esclusione del cosiddetto elemento soggettivo del dolo, quindi dell’omicidio volontario. Se si ritenesse, comunque, “eccessiva”, cioè non proporzionata, pur sempre colposa, la forza/violenza esercitata, è prevista l’ipotesi specifica dell’eccesso colposo. Quindi le ipotesi prospettabili in astratto sono chiare e solo le indagini le chiariranno.

Questo per significare che, l’attuale querelle tra chi difenda “a spada tratta” la legittima difesa e chi la reputi assolutamente illegittima risulta, allo stato, non solo palesemente fuori luogo ma, si ripete, stante lo specifico caso e vicenda, pretestuosamente lesiva di un nobile istituto che, al contrario, tutela tutti noi da situazioni di pericolo per specifiche circostanze atte a preservare la nostra – e dei nostri cari – incolumità da aggressioni violente.

Avv. Alessandro Continiello (Unione Nazionale Vittime – UNAVI)

Paola Radaelli (Presidente Unione Nazionale Vittime – UNAVI)

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