Andrà tutto bene? Sì come no! Intanto crollano i ponti

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“A riscontro della Vostra nota Prot.n.17049 del 8 agosto 2019, anticipata via Pec a questa scrivente area compartimentale toscana, con la presente siamo a comunicare a codesta amministrazione comunale che il viadotto di Albiano in questione …. non presenta criticità tali da compromettere la sua funzionalità statica; sulla base di ciò non sono giustificati provvedimenti emergenziali per il viadotto stesso”.

Cominciava così la lettera inviata all’amministrazione comunale di Aulla e alla provincia di Massa Carrara, dal responsabile dell’area compartimentale di Anas Spa, in risposta alle opportune segnalazioni compiute proprio dal comune di Aulla. Il viadotto di cui scrive Anas è naturalmente quello crollato questa mattina, al confine tra Toscana e Liguria, dove il caso ha impedito che ci fossero vittime. In quel momento, infatti, solo due automezzi, uno di Telecom l’altro un corriere, stavano attraversando il ponte. Nulla di grave è fortunatamente accaduto ai conducenti. La quarantena ha fatto in modo che il viadotto non fosse come sempre altamente trafficato.

Una facile lettura potrebbe farci ritenere che al tempo del Covid19 è ancora una volta il caso a decidere la vita e la morte delle persone. Non solo negli ospedali, ma anche per strade e ponti del nostro Paese. Ma non è così. Non è così per una Paese che in poco più di un anno ha visto cadere a pochi chilometri l’uno dall’altro tre viadotti. Non si tratta del sud, spesso utilizzato come atavico responsabile dei mali d’ Italia, ma di Liguria e Toscana. Regioni strategiche nell’ambito infrastrutturale italiano ed europeo, per i propri porti, per il turismo e più in generale per l’economia nazionale. Cose già dette. Cose già scritte. Cose già lette. Ma ora non ne possiamo più. Agli italiani, a cui viene chiesto di rimboccarsi le maniche per ripartire, al grido di “Ce la faremo” non ce la fanno proprio più.

Gli si chiede di contrarre debiti per far fronte a una situazione di cui non sono responsabili, gli si chiede di chiudere ma non si sa fino a quando.

Gli si racconta che tra un anno potrebbe arrivare un vaccino, ben sapendo che sono oltre 25 anni che la popolazione mondiale sta aspettando il vaccino per l’ HIV di cui al momento esistono solo cure. E nessuno ha il coraggio di dire che il mondo alle volte è costretto a una lunga attesa. Per questo credo stia per finire, se già finita non è finita, la pazienza.

Un ponte caduto, il Morandi, è stato il simbolo di un disfacimento, la sua ricostruzione di una rinascita. Ma ci rendiamo conto che parliamo di un tratto lungo un chilometro e mezzo? Ci rendiamo conto che un paese moderno, mentre in Cina si realizzava in quattro anni un ponte di oltre cinquanta chilometri di cui più di quattro sommersi, affida la sua voglia di riscatto alla ricostruzione, attraverso il modello Genova – parole del premier Conte, di quello che per i cinesi sarebbe solo un ponticello? E’ bene averle chiare queste cose, perchè noi restiamo sempre i figli dei figli di Brunelleschi, di Leonardo da Vinci, di Raffaello, di generazioni di uomini che hanno insegnato al mondo grazie a una classe dirigente capace di cogliere, sia pure tra lotte intestine, talento e merito ed ergerlo a modello. Invece no. In molti cercheranno di cavarsela con un giustizialismo da applicare al “responsabile” di turno senza mai cercare le vere ragioni che rendono possibile l’inverosimile. Tre ponti che cadono. Una ricerca dedicata agli antivirali abbandonata perchè la pandemia da ebola non è più all’ordine del giorno.

Dice un proverbio cinese: “Se devi spostare una montagna comincia con i sassi più piccoli.” Allora cominciamo con toglierci quelli che abbiamo nelle scarpe, così che le pedate da assicurate a una classe dirigente a dir poco scarsa e incompetente, cominceranno a partire con il vigore giusto