Il Comitato del Patrimonio Mondiale UNESCO nell’ambito della 46sima sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale riunito a Nuova Delhi, ha iscritto la Via Appia nella lista dei Patrimoni Mondiali, diventando così il 60° sito italiano riconosciuto dall’organizzazione. Ad essere riconosciuta dall’UNESCO è il percorso integrale della Via Appia Antica che va da Roma a Brindisi e che comprende anche la variante traianea, tratto campano e tratto pugliese.
Capolavoro dell’ingegneria della civiltà romana, costruita con tecniche innovative, il tracciato fu avviato nel 312 a.C. dal censore Appio Claudio Cieco per collegare Roma a Capua, per poi essere prolungato fino a Benevento, Venosa, Taranto e Brindisi. Nata per esigenze militari, fin da subito l’arteria stradale diventò fondamentale dal punto di vista strategico, commerciale e culturale, diventando il modello di tutte le successive vie pubbliche dell’Impero Romano. Come si legge nel dossier di candidatura, la Via Appia “esibisce ancora in molti tratti la perfezione tecnica delle pavimentazioni, la grandiosità dei ponti, delle sostruzioni, delle tagliate e delle innumerevoli altre opere infrastrutturali e di bonifica idraulica”.
Il tracciato della Via Appia fu esteso più volte, in corrispondenza con l’espansione dell’influenza romana sulla Penisola, prima fino a Benevento, intorno al 268 a.C., poi attraverso gli Appennini fino a Venosa e di nuovo fino a Taranto. Infine, nel II secolo a.C., raggiunse Brindisi, principale porto per le navi dirette in Grecia e in Oriente. Nel corso degli anni, il tracciato originario da Benevento a Brindisi fu gradualmente sostituito da un percorso più breve e agevole attraverso la Puglia fino a quando, all’inizio del II secolo d.C., l’imperatore Traiano promosse un vero e proprio itinerario alternativo, che porta il suo nome, Via Traianea e che raggiungeva Brindisi in 13-14 giorni per un totale di 365 miglia, poco meno di 540 km.
Il tratto pugliese è caratterizzato, al valico di San Vito, sovrastato da un’altura isolata, il Castiglione, la via Traiana toccava la massima altitudine (947 m s.l.m.), dirigendosi poi dalla dorsale dei monti della Daunia, che veniva superata mediante uno stretto passaggio artificiale, il cosiddetto Buccolo. Da qui la via scendeva con notevole dislivello verso Aecae, attuale Troia, per poi abbandonare il tracciato rettilineo del tratturello Camporeale-Foggia dirigendosi invece verso Herdonia, al centro del Tavoliere delle Puglie.
Da Herdonia la strada proseguiva verso Canusium (Canosa), Coratum (Corato), Rubi (Ruvo), Butuntum (Bitonto) seguendo poi due diversi tracciati:
- la “via Appia-Traiana” lungo la costa che toccava Barium (Bari), Neapolis (presso Polignano a Mare) ed Egnatia (a nord-est di Fasano).
- la “via Minucia Traiana”, più antica e interna, che passava per Midunium (Modugno), Caelia (Ceglie del Campo), Capursi (Capurso), Noa (Noicattaro), Azetium (Rutigliano) e Norba (Conversano), per poi riunirsi alla costiera nei pressi di Egnazia.
La strada proseguiva poi per terminare a Brindisi, con il monumento delle colonne terminali. L’ipotesi più accreditata dalla tradizione afferma che si tratta di un monumento fatto innalzare nel 110 circa d. C. dall’imperatore Traiano, per celebrare – con il potenziamento del porto – la costruzione di una deviazione della via Appia per il tratto che da Benevento conduceva a Brindisi, passando da Canosa, Ruvo, Egnazia; strada che da lui fu detta Traiana o Appia-Traiana (ma anche Egnazia).
Il Borgo di Egnazia conserva un parco con il foro, l’area dei templi, il criptoportico, l’anfiteatro, le fornaci, il complesso termale e l’area delle necropoli. Si tratta di un’antica città rinvenuta nei pressi di Fasano, dove resta visibile un tratto della via Minuccia poi divenuta la via Traiana, costruita ovviamente da Traiano. Qui c’è la Tomba delle melegrane, nota per i suoi affreschi a motivi geometrici e vegetali. Grazie alla costante manutenzione, la via Appia rimase in perfetta efficienza per diversi secoli, fino al Medioevo, quando la strada attraversò un periodo di abbandono. Nel XIV secolo divenne nuovamente la principale via di accesso al Sud Italia. Completamente restaurata dai Papi e dai Re di Napoli, la strada fu inclusa da Napoleone tra gli itinerari che considerava essenziali per le sue attività politiche e militari.
Grande soddisfazione, naturalmente, da parte del Ministero della Cultura, che per la prima volta ha promosso direttamente la candidatura. Ma il riconoscimento è arrivato anche grazie al lavoro di squadra, che ha coinvolto 4 Regioni (Lazio, Campania, Basilicata e Puglia), 13 Città Metropolitane e Province, 74 Comuni, 14 Parchi, 25 Università, rappresentanze delle comunità territoriali, associazioni, nonché il Ministero degli Esteri e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra della Santa Sede.