Benedicta Boccoli: “Il pubblico più bello d’Italia è a Cinisello Balsamo”

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Foto di Stefano Colarieti

Benedicta Boccoli, dopo aver combattuto due tumori al seno, è tornata più che mai in forma nel luogo che più le appartiene: il teatro. L’attrice, sempre molto brillante, con una comicità intelligente e ricca di personalità che regala a ogni suo personaggio, è ora in tournée con Debora Caprioglio e Vittoria Belvedere in Donne in pericolo, ma tanti sono i nuovi ambiziosi progetti che la vedono impegnata. Prepariamoci, perché dopo l’exploit di T’appartengo di Ambra, sta per tornare prepotentemente un altro cult musicale orecchiabile e ballabile, che vide protagonista proprio Benedicta e sua sorella Brigitta.

Ce lo ha raccontato proprio lei: l’abbiamo sentita tra una pausa e l’altra di questo spettacolo, che l’ha vista riprendersi in mano il mestiere che ama.

Prima di tutto bentornata Benedicta. Il teatro ti aspettava: forse anche lo stesso palcoscenico è una medicina in questi casi.

Quando hai qualsiasi tipo di dolore e devi andare in scena, ti devi scordare tutto ciò che stai vivendo fuori: bisogna rimanere concentrati, quindi non ci possono essere distrazioni. Si vive l’adrenalina, con il solo pensiero di portare a termine la storia e il personaggio, nonché di prendere delle risate, instaurare un’empatia e un ritmo insieme al pubblico. Il teatro salva ed è un grande compagno: amico vero.

Non si sceglierebbe la carriera di attori se non si fosse un po’ narcisi, ma recitare a teatro significa anche rinunciare a una certa popolarità?

Più che altro vuol dire fare qualcosa che darà un bagaglio inconsapevole. Il teatro attinge moltissimo dal piccolo e dal grande schermo ed è stato proprio frequentando questi che mi sono accorta di quanto il palcoscenico mi abbia insegnato davvero il mestiere. È così che ho imparato a scalare montagne e fare fatica. Forse si può dire che, sotto il piano della popolarità il teatro sia un po’ ingrato: si dà moltissimo e ritorna poco, la carriera si fa in tv o al cinema. Professionalmente, però, regala una sicurezza nel proprio mestiere che è impareggiabile.

Mai un momento di ansia o insicurezza?

Altroché, costantemente! Ma quello fa parte del mio carattere. Mi faccio assalire da preoccupazioni, poi subito dopo mi rendo conto che non c’era bisogno di farlo…

Il pubblico che ruolo ha negli spettacoli?

Fondamentale. Ogni regione ha una sua reazione, quindi lo spettacolo cambia ovunque si vada in scena: dico sempre le stesse battute ma con un pubblico diverso, questo significa usare tutte le volte un’energia diversa. Me lo insegnò tra i primi Gino Bramieri. Sai cosa mi confessò?

Cosa?

Che a Napoli non ridevano mai quando lui recitava, nemmeno con le barzellette che funzionavano dappertutto e che Gino sapeva raccontare come nessun altro. Erano diffidenti. Questo perché i napoletani sono più fisici rispetto a un milanese e poi sono più abituati a fare loro stessi i comici al centro della scena.

Con Donne in pericolo avete vissuto qualcosa di simile?

Sì, non solo a Napoli ma anche a Palermo, dove c’è il pubblico più chiuso e introverso, la platea non ride, però ti riempie di applausi alla fine. Per me la prova del nove avviene sempre a Cinisello Balsamo: il pubblico più bello d’Italia lo trovo lì. Le signore ridono anche nelle cose più semplici, quindi con loro posso capire cosa davvero funzioni e cosa non funzioni.

Si racconta di una certa complicità femminile, ma questa esiste davvero o è valida solo in scena?

Di solito ho più complicità con le donne che con gli uomini: ovviamente esistono eccezioni, ma fondamentalmente sono una molto aperta e vado oltre tante questioni. Trovo che le donne abbiano poca superficialità nell’affrontare i problemi. Io sono molto pignola, mi piace approfondire, capire come debba essere detta una battuta anche con prove fino allo sfinimento, senza approsimazioni: ecco, con le donne sono sempre riuscita a fare questa cosa, con gli uomini qualche volta un po’ meno.

La donna che hai stimato di più fin qui?

Non è un’attrice: mia madre.

C’è qualcosa che non rifaresti nella tua carriera?

Se dovessi rinascere cercherei di essere un po’ più paracula: sono sempre stata troppo limpida, avrei ottenuto molto di più. Dico quello che penso, non faccio giri strani: questo non mi ha aiutato molto. Un po’ appunto come avere scelto il teatro anziché la tv, ma ciascuno fa la strada in base al proprio carattere: oggi farei anche televisione, ma senza mai lasciare il teatro, che resta la scelta che mi somiglia di più caratterialmente.

Sul piccolo schermo sei stata comunque un volto più che mai noto e amato.

Vero, sono ricordata perché sono una sorella Boccoli: è una cosa basica, ma siamo amate moltissimo per questo. Recentemente quindi ho proposto a mia sorella di tornare a giocare insieme, facendo le “sorelle vintage”, pur mantenendo solidamente le nostre carriere individuali.

Tornerete?

Incideremo nuovamente Stella stella, la canzone che scrisse Jovanotti e con cui partecipammo a Sanremo nel 1989!

Altroché allora non rifare qualcosa, rifaresti tutto! Ma non era una partecipazione di cui ti vergognavi?

Sì, infatti l’ho tenuta fuori dal curriculum per anni: fummo cacciate da Sanremo al primo turno. Nel tempo quella canzone ha vinto tutte le classifiche trash, anche perché entrambe l’abbiamo sempre pubblicizzata negativamente. Riascoltandola, però, mi sono accorta che non era brutta, piuttosto potrebbe sembrare una canzone per bambini, ma di certo non qualcosa di cui vergognarsi. Ho cambiato totalmente la visione. Si matura, ci si vede dall’esterno e si trasformano le idee.

Quindi ora tornerai anche cantante. E il cinema?

Il mio sogno è proprio fare la regia cinematografica: a qualcuno sembrerà una follia, ma io so che ci riuscirò. Intanto ho fatto un cortometraggio (Come un fiore, ndr) sul tumore al seno, sostenuto da MIBACT e Regione Lazio: sono felicissima perché è notizia di poco fa che, dopo aver partecipato al Festival del cinema di Roma, ora arriverà anche su Rai 5 e Rai Play!

Qual è la tua città identitaria?

Milano, lo dico anche da attrice forse, perché è quella che ha il pubblico migliore. A Milano non ci sono ostacoli di gente che voglia il tuo insuccesso, come accade in altre città, che diventa più difficile conquistare.

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