Bollette: servono almeno 60 miliardi per salvare l’industria italiana

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“Spararla grossa” in campagna elettorale è sempre comprensibile. Spesso deprecabile. Ma stavolta veramente necessario. Il governo Draghi ha continuato per settimane a tapparsi le orecchie pur di non sentire le urla di dolore di famiglie e imprese che si vedono recapitare bollette da capogiro. Con aumenti che in un anno arrivano al 500% ed oltre. “Aziende che operano in settori fortemente gasivori vedrebbero in tempo reale balzare l’incidenza del costo del solo gas, senza nemmeno considerare l’energia elettrica, a una percentuale compresa tra il 20% e un quasi impronunciabile 40%, e talora oltre” ha detto Marco Colacicco -presidente di Mittel il salotto buono della finanza cattolica bresciana non propriamente un circolo di putiniani- alcuni giorni fa al Sole 24 Ore. Ma sembrano lontani anni luce i giorni in cui Mario Draghi dalle colonne Financial Times -appena scoppiata la pandemia e non ancora premier- scriveva: “La sfida che ci troviamo di fronte è come agire con sufficiente forza e velocità per evitare che la recessione si trasformi in una depressione prolungata, resa più profonda da un’ondata di fallimenti che lasceranno dietro di sé dei danni irreversibili”.

Sì certo vi è l’alibi che il governo è ancora in carica ma solo per il “disbrigo degli affari correnti”. Vero è però che questa obiezione vale solo quando pare a Super Mario. Non certo, ad esempio, per rimandare la vendita della partecipazione in ITA Airways. La ex Alitalia. Cosa di per sé magari anche commendevole. Ma forse sarebbe più logico che fosse il prossimo nuovo governo a sbrigarsela. O per stanziare ulteriori risorse in favore dell’invio di armi in Ucraina. Ma, che Dio non lo voglia, arrivasse un terremoto qualcuno, rimanendo serio, vorrebbe forse sostenere che questo governo non avrebbe titolo ad intervenire dichiarando il necessario stato di emergenza? Ma intanto per l’emergenza bollette non ci sarebbero, a detta di Palazzo Chigi, le condizioni di fattibilità politica. E comunque anche quando il governo era nel pieno dei suoi poteri, l’intervento a sostegno dell’economia per il caro bollette sembrava essere se non l’ultimo quasi il penultimo dei problemi elencati nell’agenda di Mario Draghi. Forse proprio quei problemi che lo hanno però alla fine indotto a lasciare la poltrona anzitempo rispetto alla fine naturale della legislatura.

Di fatto in questi mesi nessun scostamento di bilancio è stato approvato. Ma soltanto spiccioli o quasi spostati da un capitolo di spesa all’altro oppure facendo leva sull’aumento del gettito tributario spesso derivante dall’extra gettito IVA dovuto all’aumento dei prezzi. Ma la domanda che è lecito porsi a questo punto è: l’ordine di grandezza delle misure prefigurate è adeguato a fronteggiare l’emergenza energia? Nel centro destra Salvini parla di uno scostamento di trenta miliardi ad esempio. Vale a dire maggior deficit pubblico per quell’importo. Proviamo intanto a fare due conti pur di arrivare ad un ordine di grandezza. In Italia si sono consumati nel 2021 quasi 320 miliardi di kilowattora. Di cui 277 prodotti in Italia ed il resto importati. Già questa è un’anomalia. Nessun Paese industrialmente avanzato importa così tanta energia come l’Italia. E già nel 2021 il prezzo è cresciuto tantissimo ma la Russia non aveva ancora invaso l’Ucraina. Il PUN medio (Prezzo Unico Nazionale dell’energia fissato nella borsa elettrica) è stato infatti pari a 13 centesimi a KWh. Contro i 5 centesimi del 2019: in pratica nel 2021 il prezzo medio dell’energia era già aumentato di un +140%. Lasciamo perdere ovviamente i 4 centesimi del 2020; anno di chiusure e saracinesche abbassate. Ebbene nel 2022 siamo ad una media di oltre 30 centesimi per quanto riguarda i primi otto mesi dell’anno. +145% rispetto al già alto 2021. +488% rispetto al “normale” 2019. Solo ad agosto addirittura a 53 centesimi con un picco di 72 centesimi toccato venerdì 26 agosto. Qui le percentuali di incremento neanche proviamo a calcolarle. Detto ciò, se si mantenesse la media dei primi otto mesi (e già sappiamo che non è così visti i numeri in continua crescita) sappiamo che la bolletta elettrica arriverebbe per il sistema Italia a circa 98 miliardi nel 2022. Quasi 60 in più della già alta bolletta del 2021 pari a 40 miliardi. È ovviamente una stima per difetto perché come tutti sanno la bolletta non è fatto di solo consumo ma anche di spese di trasporto, accise e imposte indirette. Oltre che il margine del distributore di energia. Si chiama spread. Pure qui. Ma confrontando gli stessi valori nel tempo si ha un’idea dell’incremento dei costi. Calcolandola coi prezzi del 2019 sarebbe stata 17 miliardi. Da 17 a 98 miliardi. Se cioè volessimo far pagare all’Italia una bolletta “comparabile” a quella del 2019 sarebbero necessario uno scostamento di circa 80 miliardi. Quasi e “soltanto” 60 miliardi in più se volessimo sterilizzare solo l’aumento del 2022. In altre parole, un maggior deficit di bilancio da 60-80 miliardi. Questo è ciò che serve a tenere in piedi i bilanci di imprese e famiglie.

Ecco perché in campagna elettorale serve spararla grossa. Questi sono i numeri che servono per tenere in piedi un sistema industriale che altrimenti collasserà. Sì, poi si dovranno riattivare le centrali a carbone ed andare avanti coi rigassificatori. Ripartire col nucleare e mandare al macero l’isteria verde di Bruxelles per le rinnovabili che ha indotto gli operatori a smettere di investire causando riduzioni dell’offerta e quindi aumenti di prezzo. Finendola col mercato TTF di Amsterdam che si presta a mille uno manipolazioni. Disancorare inoltre il prezzo dell’energia a quello del gas. E infine smettere di giocare alla guerra con la Russia riaprendo Nordstream1 e aprire Nordstream2. Ma ora servono soldi. Tanti soldi. Tanti, maledetti e subito. Anche più dei 30 miliardi proposti da Salvini. E a chi dice che sono troppo ricordiamo che in pandemia ne sono stati spesi 130 miliardi in più ogni anno rispetto alla media. Se non interveniamo non oggi ma “ieri” del nostro sistema industriale non rimarrà più niente. A quel punto il bilancio dello stato sarà fatto di sole spese. Quelle per i sussidi di disoccupazione. Ma con quali entrate visto che le aziende che pagano le tasse non staranno in piedi?

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5 Commenti

  1. Non sono assolutamente d’accordo con quanto scritto nell’articolo, perché
    salvo di non voler continuare a gettare soldoni nella tazza per poi tirare l’acqua,
    non è con le mance che si risolvono i problemi e finora di mance ne abbiamo già date per 50 miliarducci sufficienti per costruire parchi eolici e/o centrali nucleari, specie se di quarta generazione come quella gia in costruzione in Wyoming ad opera di Gates, a go go.

    Ciò che sarebbe fare è:

    Disaccoppiare il prezzo del gas da quello dell’energia elettrica, cosa che potremmo fare da subito a prescindere da Bruxelles e se da quelle parti se la dovessero avere a male tanto peggio per loro.

    Porre un price cap sul gas europeo, anche se per farlo dovremo superare fortissime resistenze da parte di finora ci ha lucrato alla grande ossia Olanda e Norvegia.

    E per finire ricominciare ad investire seriamente nella produzione di gas indigeno, né
    producevamo 30 miliardi di metri cubi negli anni ’90, riaprire le centrali a carbone, sbloccare la costruzione dei parchi eolici gia previsti, prevederne molti di più di marini e seguendo l’esempio di chi sta già costruendo centrali nucleari di quarta generazione cominciare anche noi a costruirne magari in concorso con chi come gli USA ha già avviato la loro costruzione.

  2. per salvare l’economia italiana bisogna abolire subito tutti i vincoli al commercio con la Russia.
    Comiciare a potenziare la produzione di gas e petrolio nazionale e attivarsi per costuire tutte le centrali atomiche che servono.
    Le fonti energetiche rinnovabili cone biogas, fotovoltaico e eolico non servono a niente.

  3. Qualcuno ancora crede nella buona fede del governo dei migliori ? Da quello che hanno fatto e da quello che non stanno facendo si delinea un quadro di un progetto distruttivo voluto e programmato. D’altronde fu lo stesso PdC a delineare nel discorso di insediamento la “distruzione creativa” ovvero l’eliminazione delle piccole e medie imprese per far posto alle corporation,

    • Tutto nero su bianco in un corposo documento (“Reviving and Restructuring The Corporate Sector Post-Covid”) licenziato nel dicembre 2020 dal G30 (‘Group of Thirty’), del quale il nostro attuale premier era Co-Chair.

  4. Nel 2019 la Bis fece un rapporto che diceva: stop debito, altrimenti il sistema fallisce. Il sistema dei PCT pronti contro termine era ed è saturo, senza considerare tutto il resto dei derivati. A settembre le prime avvisaglie Covid precedute da un test a NYC proprio sul tema pandemia. Poi la segregazione per tutti, ma già nel 2019 i primi aumenti dell’energia e ora il botto che non ha ancora raggiunto il suo apice. E tutto incardinato sul sistema bancario, perché lì c’è il vero problema e da lì abbiamo la guerra in Ucraina, i Brics e la svalutazione del dollaro.

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