Che noia i consigli per gli acquisti, ma uno ci emoziona

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È difficile oggi scrivere di pubblicità in Italia per almeno un motivo: non c’è più fantasia, creatività, humor, vitalità. Si accende oggi la discussione su un film pubblicitario Esselunga: un supermercato, una pesca, una bimba, una coppia di genitori separati (il nuovo spot di Esselunga ha come protagonisti una bambina e due genitori separati: la bambina sta facendo la spesa insieme alla mamma in un punto vendita, a un certo punto prende una pesca che, a fine spot, regala al papà separato, arrivato a prenderla sotto casa. Mentre i due sono in macchina, la bimba porge la pesca al padre e gli dice che è un regalo da parte della mamma, n.d.r.).

È una narrazione più lunga del solito (2 minuti), non è omologata a quella frenesia dai fastidiosi anglismi che non c’entrano nulla sussurrati a fine spot, non ci sono jingle terrificanti, frasi fatte, giochi di parole; non è appiattita sui testimonial (personaggi famosi che prendono paccate di milioni per premere un tasto della macchina del caffè o farsi vedere in mutande). Non c’è il grottesco, lo scabroso, la leccatina, l’allusione, la strizzatina d’occhio al sesso, allo scabroso, la violenza o quella perturbante attrazione verso l’androgino (donne che sembrano uomini e viceversa, Walter Siti aveva parlato di una gayzzazione dominante del linguaggio pubblicitario perché rivolto a un target altospendente e single). Non c’è più l’efebica, il modello palestrato, non c’è Giovanna che pittura la cancellata sotto gli occhi del datore di lavoro: “ Brava Giovanna, brava!” Non c’è Antò che ha caldo, e anche il modo di raccontare non è nuovo ma è lavato con Perlana (un racconto anni Ottanta Novanta in salsa libro Cuore), quando i soloni dichiaravano che non si interrompe un’emozione e che un capolavoro non si blocca o contamina con una pubblicità di pannolini o di carta igienica anche se lunga dieci piani di morbidezza. A spiegarmi tutto questo un giorno fu un dirigente di Italia Uno, la tv commerciale per eccellenza: “ Gli spot devono essere più belli dei programmi. La gente non deve cambiare canale con la pubblicità.” Geniale.

Tutti i conduttori ti dicono “restate con noi”, pochi secondi di pubblicità, ma chi ci crede? Quei minuti sembrano infiniti: budini, sofficini, deodoranti, qualcuno che ha sentito dei rumori in garage, automobili performanti come dischi volanti, simildottori in camice che fanno vedere dei grafici sul tartaro, ecc.. I consigli per gli acquisti, così li chiamava Maurizio Costanzo, diventano insopportabili e interminabili. Gli spot possono arrivare anche a dieci secondi di velocità, senza contare i banner, i pop up che si aprono in trasmissione o le telepromozioni di pentole o materassi (Giorgio Mastrota the King). Manca anche lo humor che contraddistingueva il Carosello, la narrazione di una volta. Fa eccezione Idealista immobiliare con la coppia che “sviene a cercare casa” ma oggi è davvero difficile sorridere con una pubblicità. Taffo ci ha provato con gli annunci ironici sulla morte mutuando una famosa affissione inglese di pompe funebri: “ Thank you for smoking.”

L’emozione torna oggi in Italia con un supermercato, una coppia di genitori, una bimba che regala una pesca. Sarà bigotto, neorealista, retorico, colpevolizzante per tutti quelli che hanno deciso di lasciarsi, è l’AntiMulino Bianco per eccellenza, emoziona “ripescando” una narrazione old style che non vuole farti comprare a tutti i costi. Ai testimonial senza una sincera identità col prodotto, siamo lontani da Nino Manfredi che sollevava la tazzina di caffè (Più lo mandi giù e più ti tira su), meglio uno spot che oggi racconti un’emozione anche se questa è divisiva e fa discutere. Il video è diventato in poche ore virale. È l’advertising, bellezza! Tutto questo, per non cambiare canale.

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