Davide Santacolomba, palermitano doc classe 1987, è un pianista che con determinazione e volontà ha superato il suo limite, la sordità. All’età di otto anni gli viene diagnosticata una forma grave di ipoacusia neurosensoriale, patologia che impedisce a chi ne è affetto di percepire i suoni acuti e, nello stesso periodo nasce a Milano, nella casa di un’amica di famiglia, il suo interesse e poi amore per lo strumento dai tasti bianchi e neri che rivoluzionerà la sua vita e forse anche quella degli altri.
Com’è nato questo amore così grande per la musica classica?
A Milano, contemporaneamente alla diagnosi dell’ipoacusia, a casa di un’amica di famiglia c’è stato il colpo di fulmine. La nostra amica aveva un pianoforte in soggiorno e suonò per me una canzoncina per bambini molto semplice e conosciuta, Fra’ Martino Campanaro, ovviamente nel registro grave perché la mia patologia non mi permette di ascoltare i suoni acuti e da lì fu amore a prima vista. Rimasi molto stupito e dopo che lei che terminò di suonare ritornò dai miei genitori a parlare mentre io restai lì, seduto al pianoforte. Dopo cinque minuti riprodussi la stessa melodia senza alcun tipo di spartito e i miei si accorsero subito di questa predisposizione. Da quel giorno mio padre iniziò a svegliarmi ogni domenica mattina con le sinfonie di Beethoven ed io simulavo la direzione orchestrale per formarmi a livello uditivo. Inoltre anche mia madre collaborò alla nascita di questa passione poiché mi portava in chiesa con sé quando c’erano le prove di coro alla sera e io mi mettevo vicino all’organista per poter ascoltare da vicino tutte le musiche. Sulla carta non era una famiglia di musicisti ma di amanti della musica e questo sicuramente contribuì a farmi appassionare al pianoforte.
In che modo riesci a dar vita e magia al pianoforte nonostante i problemi d’udito? Che metodo hai collaudato?
Il metodo è stato molto difficile da collaudare in primis per la mia insegnante di Conservatorio perché ha dovuto trovare un metodo su misura per me incentrandosi di più sull’emotività, sull’espressione artistica piuttosto che sugli aspetti tecnici che sono subentrati dopo. Poi dovetti adoperare io stesso un metodo che potesse essere utile ad affrontare repertori difficili come ad esempio trasportare ciò che il brano del compositore richiedeva di essere suonato nel registro acuto nel registro grave. Prima suonavo tutto nel registro grave per capire quello che poteva essere l’effetto sonoro e poi, siccome la musica segue una logica consequenziale sulla base delle scale, facevo una trasposizione dalle note gravi a quelle acute immaginandomi il risultato sonoro lì. Ho dovuto fare molto affidamento sulla memoria cinetica, sull’osservazione delle mani e del loro movimento e sull’immaginazione. Di fondamentale importanza è stato poi il feedback delle persone che mi ascoltavano: mi fermavano se stavo suonando troppo forte o eccessivamente piano e sulla base dei loro suggerimenti calibravo il suono. Questo riuscivo a farlo grazie alle sensazioni muscolari poiché quando suonavo forte i muscoli si irrigidivano mentre se rimanevo morbido creavo un suono bello e orecchiabile. È un gioco continuo di ascolto, di percezione di se stessi e di ciò che si crea e nella musica come nella vita questi sono elementi indispensabili per migliorarsi e rendere le proprie opere uniche e belle.
Cosa ti ha spinto ad affrontare il tuo ostacolo più grande e a donarti interamente alla musica? Hai mai provato sensazioni di sconforto o di rinuncia?
Ho avuto sensazioni di sconforto quando, alla fine del primo anno di Conservatorio il mio docente di pianoforte mi disse che a causa della mia malattia dovevo cambiare strumento e non dovevo presentarmi all’esame di conferma poiché mi avrebbe bocciato. Mi disse tali parole durante una telefonata il giorno dell’esame: io mi presentai lo stesso e passai l’esame seppur con il minimo dei voti. Poi continuai gli studi fino alla fine del percorso con un’insegnante cui devo molto, Giovanna De Gregorio, che disse subito ai miei genitori che da me non si aspettava tanto ma di più.
C’è stato qualcuno che ha appoggiato in particolar modo questo tuo talento straordinario ?
I miei genitori mi hanno supportato sin dall’inizio, mi hanno sempre detto di seguire il mio cuore e di non fermarmi mai di fronte agli ostacoli. Un’altra persona che non smetterò mai di ringraziare è, come ho detto prima, la mia docente di pianoforte: all’ottavo anno mi scoraggiai perché i problemi d’udito si erano intensificati e non mi avevano impiantato ancora l’apparecchio. Per questo mandai una lettera di rinuncia al Conservatorio ma Giovanna De Gregorio appena la lesse la strappò. Di grande valore penso siano le reazioni del pubblico ai concerti che mi fanno sentire davvero appoggiato e sostenuto.
L’emozione più forte che hai vissuto…
Le emozioni più forti e straordinarie sono quelle dell’amore: l’amore per una donna supera anche quello per la musica perché non si può fare a meno della persona che si ama. Tra le sensazioni più significative ricordo un concerto all’alba a Palermo nel porticciolo di Sant’Erasmo in occasione di Piano City: 3000 persone, la luce sempre più presente, una mattina calda di fine settembre e l’estate palermitana che stenta ad andarsene… Unico!
Secondo te quali sono gli elementi fondamentali che devono appartenere al musicista?
Mozart diceva: ”Le mani non sono tutto. Servono le orecchie, la testa e il cuore”. Io ho modificato la frase sostituendo le orecchie con le mani. L’udito non è tutto. Tanto cuore, passione e dedizione sono la chiave per essere un bravo musicista, che deve essere aperto a tutto, mettersi in gioco, confrontarsi, migliorarsi in continuazione. La musica è coordinare mille cose contemporaneamente, essere padroni della situazione, emozionarsi davanti alla bellezza che si riproduce dall’armonia dei suoni nel tempo, non nello spazio.
“La musica ci insegna la cosa più importante che esista, ascoltare”: il maestro Ezio Bosso descriveva così il ruolo della Musica. Davide, cosa vuol dire per te ascoltare e percepire la musica?
Ascoltare tutte le sensazioni dell’uomo, entrare grazie all’ascolto nell’amore, nella bellezza, nella purezza, nella semplicità e nell’eleganza che la musica trasmette in modo unico e diverso rispetto a tutte le altre forme d’arte. Questo è ciò che dovremmo fare ogni giorno nella vita quotidiana, guardare e accorgerci della bellezza che ci circonda. La musica unisce e un mondo migliore non può che partire dalla musica e dal nostro meravigliarci di essa.
Quali sono i compositori cui sei più legato? Il tuo pezzo preferito?
Non posso scegliere un compositore perché ognuno è diverso e meraviglioso: Mozart rappresenta l’allegria, il sorriso, la brillantezza, Beethoven è sincero, Chopin romantico e Debussy è acqua, magia e così via. È tutto straordinario e non si possono paragonare stili e pezzi così diversi che provengono da emozioni e sentimenti altrettanto diversi.
Sei diventato da pochissimo Professore di pianoforte presso il Conservatorio di Messina. Vuoi raccontarci qualcosa di questo tuo traguardo?
Questo è stato uno dei momenti più intensi della mia vita insieme all’amore per una donna infatti non pensavo di poter arrivare a tanto e raggiungere tale traguardo. Mi sento responsabile di questo ruolo e so che devo dare tutto quello che ho imparato sulla musica, sull’amore e sulla vita ai ragazzi che si approcciano allo studio del pianoforte. Devo tramandare gli insegnamenti per fare arrivare la bellezza e sono molto felice perché è quello che ho sempre voluto fare e perché insegno nella mia terra natia.
La Sicilia è la terra in cui sei nato e cresciuto. Cosa ti porti con te di quest’isola quando sei in giro per il mondo?
Il sole, il calore delle persone e la voglia di sorridere. La Sicilia è mille colori e mille emozioni e anche la mia insegnante mi diceva spesso che suonavo proprio come un siciliano, con il sole dentro.
Parlando un po’ di sogni e ambizioni, che cosa hai sempre desiderato o desideri profondamente?
Insegnare al Conservatorio e continuare a fare concerti portando l’amore attraverso la musica. Voglio parlare al pubblico non solo riproducendo pezzi di altri autori ma anche mie composizioni con l’intenzione di trasmettere ciò che provo e sento in modo creativo e personale.
Per finire, che messaggio personale vorresti lasciare ai giovani e non solo?
Amate, fate bruciare la vostra passione per sviluppare il vostro talento, credete in voi stessi e dedicatevi intensamente a ciò che vi piace. Sbagliate perché per essere felici bisogna sbagliare. Andate controvento e davanti ai no rispondete sì. Combattete per ciò che desiderate e rendete la vostra vita un capolavoro. Se qualcuno vi dirà che non ce la potrete fare, voi non dategli retta, perseverate e raggiungete i vostri sogni.