Vittorio Feltri: “Non sono né di destra né di sinistra, sono soltanto scoglionato”

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Oggi Vittorio Feltri compie 80 anni, lo festeggiamo pubblicando le due interviste cult  pubblicate su CulturaIdentità e il Giornale OFF

Intervistare un maestro del giornalismo e non solo come Vittorio Feltri è sempre, oltre che emozionante e piacevole, sorprendente. Non sai mai dove la conversazione possa portare. E in effetti l’intervista doveva ruotare attorno a Draghi, poi si è un po’ divagato, tanto a un certo punto da diventare un dialogo. Solo che Feltri è un Venerato Maestro, chi lo intervista il Solito Stronzo. In un tuo libro del 2014, Buoni e cattivi, dedichi alcune pagine a Mario Draghi prevedendo che sarebbe arrivato al Quirinale. La confermi anche oggi? Sì, assolutamente. Draghi non dovrebbe avere problemi per ottenere il quorum. Poi toccherebbe a lui scegliere il suo successore a Palazzo Chigi, e quindi una persona di stretta fiducia. La politica non subirebbe alcun scossone, perché il nuovo premier seguirebbero gli stessi criteri di Draghi e sarebbe da lui tenuto per il guinzaglio. Non vedo perciò perché deputati e senatori debbano temere lo scioglimento delle Camere. Un timore comprensibile visto che perderebbero l’indennità di carica, cospicua soprattutto per chi non ha mai fatto un tubo nella vita, ma avrebbero anche la possibilità di riscuotere da subito la pensione, appena chiuso il mandato. L’interesse generale sarebbe quello di andare al voto, quello personale dei vari parlamentari no. E siccome tra l’interesse generale e quello personale vince quasi sempre quest’ultimo, la mia previsione credo non sarà smentita.

Draghi e gli italiani

A proposito del tempo che scorre, dall’alto della tua lunga esperienza del mondo politico ma soprattutto dell’antropologia degli italiani, che politico e che tipo di italiano è Draghi? Draghi di italiano ha poco, giudicando il suo comportamento, anche se il suo intimo ovviamente non lo conosco. Credo abbia un temperamento che lo conduca a seguire le teorie e le pratiche finanziere di cui si è occupato per molti anni con grande competenza. Non credo possieda una visione politica, nel senso tradizionale, e forse neppure è interessato ad averla. Certamente quel che lo interessa è maneggiare i soldi dello Stato, non per sé beninteso. Questo è anche dovuto alla sua preparazione culturale e alle cariche che ha ricoperto fino a poco tempo fa. Non mi sembra infatti che ami affrontare problemi di piccola politica, come quella della legge Zan, su cui non ha mai espresso alcun parere, soprattutto perché credo non gli importi nulla della questione. Bada molto al sodo, ed è totalmente disinteressato alle questioncelle che appassionano il mondo politico. E’ un uomo pratico, preparato, conosce perfettamente la materia che ha maneggiato per molti anni e da questo punto di vista fornisce anche delle garanzie. Infatti tutti ritengono non sia entrato nella questione Zan solo per non coinvolgere il governo nella spaccatura delle forze di maggioranza. Elemento che ha pesato, certo, ma credo anche esista una scarsa sensibilità di Draghi nei confronti del tema… La stessa scarsa sensibilità che ho io e forse hai anche tu sul tema. Non ci importa nulla di quel che fanno gli omosessuali o i trans. Vorremo solo evitare di essere indagati da un p, per avere espresso le nostre idee, cosa che è successa a entrambi, e a te molte più volte che a me… Questo d’accordo, ma quando io ho di fronte una persona non la giudico sulla base di chi ama frequentare sotto o sopra le lenzuola Neppure io ovviamente, ma è la sinistra che ne ha fatto una battaglia politica e identitaria, secondo il vecchio slogan sessantottino “il personale è politico”. Il loro personale che poi però vogliono imporre a tutti. Aldilà del caso Zan, e tornando a Draghi, un’altra conferma a quanto dici si vede nel modo in cui si egli atteggia quando maneggia temi non direttamente economici, come la questione ecologica. Ovviamente dice quelle parole politicamente corrette che deve per forza dire, ma si vede che anche quella non è una sua grande passione Il politicamente corretto ha sostituito la religione. Ma non mi pare che Draghi abbia un grande animo religioso Anche se appartiene alla Pontificia Accademia, o forse un po’ perfidamente potremmo dire che la sua unica religione è quella dei soldi e dell’euro Che è poi la religione di tutti, o almeno di chi qualche soldo ce l’ha. Nella vita contano solo due cose: la salute e i soldi. I secondi ti evitano molte rotture, per cui è meglio averli che no. Tra i principali giornalisti del paese, sei stato uno dei pochi a non cantare peana dall’inizio del governo Draghi. Anzi per le prime settimane “Libero” era l’unico quotidiano critico con il governo. Atteggiamento che certo ti è consono: non cantavi peana neppure ai governi Berlusconi quando dirigevi il giornale di proprietà della sua famiglia. Ma perché oggi in modo particolare? Io sostenevo un’affermazione che mi sembra di buon senso. Prima di incensare Draghi, pensavo dovesse essere messo alla prova. Giudicare, in un verso o nell’altro, le persone prima ancora che queste inizino, mi sembra una cosa ingenua e stupida, Che rivela un atteggiamento servile da parte di larga parte della stampa italiana. Tu non avevi nulla di pregiudiziale contro Draghi… Al contrario, sono personalmente, se non proprio amico, un buon conoscente di Draghi. Lo incontravo quasi sempre quando si fermava a Milano, al Principe di Savoia (uno dei principali hotel della città). Dopo una sua telefonata, ci si vedeva li per un aperitivo, e si parlava in modo molto piacevole: un uomo molto intelligente, molto arguto, molto rapido nel cogliere i problemi, uno che mantiene costantemente i piedi per terra. Nonostante questo, non era sufficiente per firmargli un assegno in bianco.

Il declino del giornalismo italiano

La situazione è senza precedenti. Ai tempi del bipolarismo la stampa di sinistra si schierava contro un governo di centro destra, e il contrario accadeva quando vi era un governo di centro sinistra. Era una cosa normale, sia pure la normalità all’italiana. Ma ora, che il governo non ha un’opposizione, a parte i lodevoli ma limitati di numero parlamentari di Fratelli d’Italia, dovrebbe essere compito della stampa svolgere una funzione di watchdog, come si dice in Usa. Cane da guardia dei cittadini contro gli eventuali abusi del governo, E invece i giornali sembrano i Dobermann del governo Draghi. La stampa italiana ha perduto autorevolezza con la perdita di autorevolezza della politica, Un tempo la politica era una sorta di religione. Si era comunisti o democristiani per sempre : certo, c’erano quelli come me (milioni di italiani) che votavano Dc pur non essendo democristiani per evitare che salisse troppo il Pci. Tutti o quasi si andava comunque a votare, e con passione. Oggi si va sempre meno, segno che la politica non interessa più la larga parte degli italiani. E i giornali, che hanno sempre campato di politica, non possono che perdere di interesse. Oggi del resto dove è la politica? Si parla solo di Covid, come si può pensare che la stampa abbia influenza sulla opinione pubblica? Non ne ha più, o pochissima. Gli editoriali sono scritti sempre dalle solite persone, e sono sempre gli stessi articoli mentre in tv i talk show politici vedono sempre le solite facce, sempre le solite chiacchiere. La gente si scoccia. Infatti anche le trasmissioni politiche hanno dimezzato gli ascolti, Interessano solo quelle di cronaca, meglio se nera. Si vede anche dalle vendite dei giornali, ma non è una tendenza diffusa ovunque. Negli altri paesi vanno discretamente Da noi è un tracollo Credo sia il risultato del peccato originario del nostro giornalismo, essere troppo politico. I fondatori di fascismo e di comunismo furono due direttori di giornali, Mussolini con l’”Avanti!” e Gramsci con l’”Unità”, del resto Mussolini prese in mano l’”Avanti!” che vendeva dieci mila copie e lo portò a ottantamila. Meglio di lui ho fatto solo io Potremmo quindi scherzosamente dire che sei il Mussolini del giornalismo italiano ? Se vuoi… Il nostro giornalismo nasce, sulla linea della Rivoluzione francese, come di opinione, in appoggio a questo o quel partito Al contrario quello anglosassone nasce per vendere e per guadagnare dei soldi. Nel primo caso è il lettore che si deve adeguare al giornale, nel secondo il contrario. Lì i tabloid sono fantastici, da noi, cosi legati alla politica, ed essendo questa entrata in fase terminale, lo è entrato anche il nostro giornalismo Gli unici che vanno bene sono i giornali locali Io per esempio leggo tutti i giorni l’”Eco di Bergamo” Leggerli è l’unico modo per conoscere il paese reale, snobbato dai giornali nazionali C’è un motivo. Nei giornali nazionali, per risparmiare, i giornalisti prendono tutte le informazioni dallo schermo delle agenzie. E’ morto il giornalismo perché non c’è nessuno che racconti più i fatti. Non mandando un inviato sul luogo, questo non ci capisce nulla. Era il modo di Dino Buzzati che oltre ad essere un grandissimo scrittore, è stato uno dei nostri massimi inviati.

“Non sono né di destra né di sinistra, sono solo scoglionato”

Ritornando a Draghi, dopo diversi mesi, quali sono le azioni del governo che oggi ritieni positive? Mi pare che complessivamente la politica di lotta alla pandemia sia stata sufficiente e anzi meriti una lode. Sembra che sia pure diminuito il debito pubblico, nell’ultimo mese. Non grande cosa ma un segnale. E’ troppo presto per dare un giudizio sul Recovery fund: quei soldi dobbiamo restituirli, molti lo hanno dimenticato, pensando che ci siano stati regalati. Draghi è riuscito a calmare un po’ gli animi e a procedere per la sua strada, anche con un certo cinismo indispensabile quando si governa Cambiando ma fino a un certo punto argomento, tu ora sei anche un poco al di là della barricata, nel senso che sei stato eletto, con gran messe di voti, al consiglio comunale di Milano con Fratelli d’Italia. Cosa ti ha spinto oggi, dopo aver rifiutato negli anni numerose offerte? Il clima di conformismo da unità nazionale ha giocato? E’ esattamente cosi. All’inizio non avevo compreso la scelta di Meloni di creare Fratelli d’Italia ma poi mi sono ricreduto e ho pure una simpatia personale per lei: quando viene a Milano ci vediamo quasi sempre. Non mi sono iscritto al partito e ho fatto la scelta di candidarmi in un momento di guasto della mia intelligenza. Pensavo di divertirmi, ma in Consiglio vi domina la burocrazia e non contiamo nulla. Non sono pentito ma ho scoperto che la politica è rottura di coglioni e perdita di tempo. Ovviamente resterò li, ma come si dice a Milano “l’è minga el me meste’” Era un po’ quello che pensavano nostri, tuoi e miei, maestri come Prezzolini, Longanesi e Montanelli. Io invece mi sono fatto tentare… Però almeno così avrai un altro punto in comune con Mussolini: siete stati entrambi consiglieri comunali di Milano (lui fu eletto nel 1914). Però lui con la sinistra (il Psi), tu con la destra. Ma io non sono né di destra né di sinistra: sono solo scoglionato.

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Feltri: “I giornali, come le donne, dopo un po’ vanno cambiati”

di Marco Lomonaco

Direttore, partiamo dal suo nuovo libro. Cos’ha significato per lei la pubblicazione dell’autobiografia intitolata “Il Borghese”?

Diciamo che non è una biografia classica né un autobiografia. Sono delle mie memorie messe nero su bianco (senza ausilio di documentazione o quant’altro) ricche di aneddoti e siparietti divertenti. Le ho raccolte in forma di capitoli, dedicandone ciascuno ad un personaggio diverso. Ho voluto dilettare un po’ il lettore raccontando quello che succede nelle redazioni e nei rapporti tra i giornalisti, che di norma non è conosciuto. E’ come se fosse un articolo di giornale troppo lungo.

Com’è cambiato il mondo del giornalismo rispetto a quando lei ha iniziato? Dia un consiglio a un giovane aspirante giornalista.

Non è cambiato il giornalismo, è cambiata la realtà. E’ arrivata una tecnologia devastante che non dico che ci ha ammazzati, ma almeno storditi! Anche la tv – ad esempio – ci ha tolto il gusto dei reportage: prima mandavi un giornalista in Siria a raccontare, ora ce lo mandi lo stesso ma parlano le immagini per lui. Inoltre i giornalisti trovano comodo oggi attingere da internet, il quale come è oramai risaputo è abbastanza inattendibile, e non si rendono conto del fatto che è proprio la rete ad averci tarpato le ali (in quanto giornalisti). Le persone si informano su Google, senza badare alla fonte, scavalcando il tramite che si fa garante dell’informazione fornita. Nonostante tutto questo, in sé il giornalismo è sempre uguale, anche se devo dire che negli anni la scuola è un po’ decaduta e non tutti i ragazzi che vorrebbero fare i giornalisti possono oggi, non tutti ne hanno gli strumenti; detto ciò quelli bravi ci sono ancora, io a Libero ne ho cinque o sei che sono eccellenti. Il vero problema è trovare un buon lavoro, nei giornali si tende a licenziare e non ad assumere. Se uno però insiste e non demorde ce la fa, com’è sempre stato: io stesso ho fatto anni e anni di abusivato prima di farcela in questo mondo.

Possiamo dire che lei si gode la pensione lavorando?

Sì perché alla pensione “in ciabatte” non ci penso neanche. La mia passione coincide con il mio lavoro, quindi continuo a farlo e a guadagnare lavorando; se mi pagano la pensione me ne sbatto le balle. Fisicamente sto bene, non faccio fatica, anche se a volte mi stanco. Amo molto la carta stampata, molto più della tv: insomma faccio molto volentieri il mio lavoro e non ho intenzione di smettere.

Disse qualche tempo fa al Fatto: «i giornali sono come le donne, dopo un po’ mi stufo».

Ogni tanto mi piace cambiare. Non si può sempre vedere le stesse facce, fare le stesse cose, affrontare gli stessi problemi. Non dico ogni due anni ma ogni tanto mi piace cambiare e nella vita bisogna avere il coraggio di affrontare i cambiamenti.

A quale dei molti giornali in cui ha lavorato è rimasto più affezionato?

Devo dire di essere rimasto legato in modo particolare al Corriere della Sera, dove sono rimasto per quindici anni tra alti e bassi – a dirla tutta con più bassi che alti. Poi senza dubbio sono affezionato al Giornale, che ho risollevato, e infine al mio quotidiano Libero, che ho creato dal nulla.

E anche di una donna si stufa dopo un po’?

Come tutti, non è che sono il solo a stufarmi. Semplicemente io ho la faccia di tolla e non ho problemi ad ammetterlo. Diciamo che è difficoltoso stare tutta la vita con una donna senza fare qualche piccolo deragliamento. Io con mia moglie ho celebrato cinquant’anni di matrimonio, quindi non è che ogni volta che ho un’erezione mi sposo. Però è piacevole la compagnia di una bella donna intelligente con cui è piacevole parlare. Diciamo che non è che se devo andare a pranzo scelgo Senaldi, preferisco andare con una bella donna.

Lei ha conosciuto Montanelli al Corriere della Sera, o dopo?

L’ho conosciuto che se n’era già andato dal Corriere. Io vi arrivai nel 74, quando Montanelli fondò Il Giornale Nuovo. Pensi che in quel periodo ero l’unico che lo poteva intervistare, perché tutti gli altri del Corriere gli stavano tremendamente sulle balle.

Descriva Montanelli in due o tre parole.

Il Papa dei giornalisti italiani.

Enzo Biagi.

Il più scaltro e fantasioso della compagnia.

Oriana Fallaci.

Una fuoriclasse.

Senta Feltri, avrà sentito parlare del bordello delle bambole che ha aperto a Torino recentemente. Vorrei capire cosa ne pensa e se secondo lei, vista la situazione, non sia il caso di riaprire le case chiuse in Italia.

Naturalmente ognuno di noi giudica sulla base della propria esperienza. Io non ho mai avuto il bisogno di frequentare una casa di tolleranza, perché grazie al Cielo le donne mi hanno sempre apprezzato. Del bordello delle bambole non me ne frega niente sinceramente e nemmeno della riapertura delle case chiuse. Basterebbe dare un minimo di regola a questo fenomeno ma, sinceramente, non vedo nessuna urgenza di riaprire le case: la gente scopa e ha sempre scopato senza leggi e senza l’assistenza dello Stato.

Ci dica due parole su questo sodalizio Di Maio – Salvini al governo del Paese. Sta funzionando?

Su Di Maio non mi esprimo nemmeno perché ho terminato da un pezzo le parolacce per farlo. Per quanto riguarda Salvini invece, sapevo che sarebbe andato lontano, ha fiuto e talento ed è un uomo del popolo che sta in mezzo al popolo. E’ normale che riscuota grandi consensi, contrariamente a quel “becchino” di Martina. Conobbi Salvini una decina di anni fa e intravidi in lui il potenziale dell’uomo politico: a distanza di dieci anni credo di aver avuto ragione.

Ci racconta un episodio OFF della sua carriera?

Un episodio che non molti conoscono della mia vita è l’incontro con Biagi al Corriere. Ho avuto la possibilità conoscendolo di entrare nella sua squadra che produceva programmi per Rai 1 e in qualche modo possiamo dire che, quatto quatto, dal dietro le quinte, gli ho rubato in parte il mestiere. Abbiamo lavorato per anni gomito a gomito e da quell’esperienza in poi le cose mi sono andate meglio di prima. Grazie a quell’incontro la mia carriera in un certo senso svoltò.

Chi è il miglior giornalista in Italia oggi? Se per lei ha senso questa definizione.

Per quanto riguarda la carta stampata -e quindi la scrittura-, certamente Marco Travaglio. Per ciò che concerne invece la capacità di essere eclettico, la poliedricità del professionista, direi Aldo Cazzullo.

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4 Commenti

  1. feltri quanto lo capisco. Se fondasse il “partito degli scoglionati” vincerebbe a mani basse. Ormai la politica non ha più credibilità, molto peggio della magistratura. L’unica che ha un minimo di coerenza è la Meloni ma ultimamente mi è “scivolata sulla banana di Berlusconi al Quirinale” e così credo, si è giocata una buona parte dei consensi.

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