Da quando è stata istituita dall’ONU nel 2014, la Giornata internazionale dello Yoga si celebra il 21 giugno, giorno del solstizio d’estate. Fu il premier indiano Modi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2014 a insistere perché venisse istituita una Giornata Internazionale dello Yoga, disciplina considerata dal primo ministro strumento efficace per il raggiungimento della pace, che prima di essere pretesa all’esterno deve essere anzitutto interiore. In quell’occasione Modi disse che “yoga significa unità di mente e corpo; pensiero e azione; dominio di sé e autorealizzazione; armonia tra uomo e natura; un approccio olistico tra salute e benessere”. Attualmente sono ben 300 milioni nel mondo le persone che praticano yoga, 6 milioni in Italia (1 su 10) e il settore è comunque in fortissima crescita: le previsioni parlano di 350 milioni di praticanti entro il 2030.
Lo yoga, parola sanscrita con vari significati tra cui quello di “unione”, è molto più di una mera attività fisica o di una ginnastica posturale: è una disciplina della vita e al servizio della vita, che vuole andare a lavorare su una maggiore consapevolezza di sé e sulla propria interiorità spirituale. Una pratica costante e regolare contribuisce a una riduzione di ansia e stress, al miglioramento dell’elasticità e della forza fisica, a una maggiore capacità di controllo di sé e delle proprie azioni. La concentrazione sul respiro, il soffio vitale chiamato in sanscrito prana, purifica la mente rendendola calma e pacifica (virtù che in questo periodo andrebbe coltivata), liberandola da agitazioni e turbini di pensieri. Non è un caso che il secondo sutra del primo capitolo degli Yogasutra, la meravigliosa e ricchissima opera del grammatico e filosofo Patanjali, vissuto in India intorno III-II secolo a.C. e considerato il fondatore della disciplina, reciti così: Yoga (è) l’arresto delle attività mentali.

Proprio su questa leggendaria figura di Patanjali, la casa editrice Castelvecchi ha recentemente pubblicato un romanzo decisivo e illuminante per chi avesse voglia di entrare nel vivo di questo mondo così affascinante: Patanjali. Storia di uno yogi. Quest’opera è il risultato dell’esperienza trentennale di Alessandro Varani, scrittore e insegnante di yoga e canto vedico che, al fine di promuovere un dialogo fra Oriente e Occidente, ha fondato a Roma nel 2013 l’associazione culturale Yoga Sāram Studio.
Nel racconto di Varani, Patanjali, mitico “fondatore” dello yoga, vive tra il III e il II secolo a.C., quando l’impero indiano, raggiunto il culmine della sua espansione territoriale e culturale, comincia lentamente a decadere. Malgrado le prove a cui la vita lo sottopone, egli riesce a portare a compimento un esemplare cammino di perfezionamento umano e spirituale. Durante l’esperienza anacoretica nella grotta del Maestro Beato, sperimenta le più segrete e profonde tecniche yogiche, che ispireranno la scrittura del suo testamento filosofico e spirituale: gli Yogasutra. Alla narrazione affascinante dei fatti immaginari, Alessandro Varani accompagna i preziosi insegnamenti dello yoga, offrendo una appassionata e letterariamente notevole introduzione della disciplina in grado di soddisfare sia un pubblico generalista che i suoi praticanti.
A livelli differenti, lo yoga è praticabile da individui di tutte le età e questo la rende una disciplina trasversale e adatta a tutti, capace quindi di contrastare l’inattività fisica, che è tra le principali cause di mortalità al mondo. Anche per questo motivo le Nazioni Unite hanno voluto dedicare allo yoga una giornata internazionale. Per l’influenza esercitata da questa disciplina millenaria sulla storia dell’India e sull’evoluzione della sua società, nel 2016 l’UNESCO ha deciso di inserire lo yoga nella lista dei patrimoni dell’Umanità.
La scelta di dedicare il giorno più lungo dell’anno, il solstizio d’estate, allo yoga non è un caso: nella mitologia indiana, infatti, sembra che proprio il 21 giugno Shiva (che non è considerato un dio, bensì un Adi Yogi, il primo Yogi e Adi Guru, il primo Guru) abbia iniziato a trasmettere la disciplina dello yoga ai suoi fedeli allievi e discepoli. Questo giorno, quindi, è ritenuto sacro perché riconducibile alla nascita della scienza dello yoga.
Secondo quanto scritto nei Veda, uno dei più antichi testi religiosi e filosofici non solo dell’India ma della storia dell’umanità, venerare il sole e la luce, simboli d’immortalità, porta prosperità e salute al corpo e alla mente. E farlo quindi nel giorno del solstizio d’estate, la giornata con più ore di luce dell’anno e Festa del Sole e della Luce, è ancora più significativo.
Nello yoga il sole ha un’importanza fondamentale: Surya Namaskar, la sequenza del saluto al sole, è infatti comune a molte pratiche e nel giorno del solstizio il sole sorge molto presto e tramonta molto tardi nel giorno.
Volendo andare ancora più a fondo nella ricerca delle ragioni che hanno portato alla scelta di questo giorno, si può anche dire che Dakshinayana, ovvero il momento del solstizio d’estate, è la porta che si apre verso la seconda metà dell’anno, occasione particolarmente favorevole per definire le proprie intenzioni, piantare i semi del cambiamento e purificare il corpo con consapevolezza. Ed è proprio la consapevolezza l’arte più antica del mondo. È la disciplina silenziosa di chi sceglie di abitare ogni respiro, di chi smette di vivere ogni momento pensando ad altro e senza rendersi conto del dono meraviglioso della vita. Lo yoga ha come obiettivo la meditazione, che non significa isolamento ma coincide, al contrario, con l’attimo in cui ci si ritrova e ci si rende conto di essere vivi, di esistere, di sentirsi in armonia con l’universo. Significa creare uno spazio interiore in cui mente, corpo e spirito si allineano, si ascoltano e si rigenerano. La scienza oggi sta sempre più confermando quello che le grandi tradizioni spirituali hanno sempre sostenuto: la meditazione riduce lo stress, regola la pressione sanguigna, migliora il sonno, rallenta l’invecchiamento cellulare e potenzia il sistema immunitario, ma non solo: attiva le aree del cervello legate alla gioia, alla compassione e alla lucidità decisionale. Chi è presente a sé e in sé, ascoltando l’attimo e il suo respiro, vive. E solo chi è presente a sé e vive, può creare, amare e costruire con maggiore consapevolezza e saggezza.