La mancata applicazione delle tecniche della gestione del rischio nel Covid 19

0
Foto di Juraj Varga da Pixabay

Il progresso scientifico-tecnologico, i cambiamenti socio-demografici ed economici e gli eventi pandemici  hanno trasformato radicalmente le società e i sistemi sanitari dei Paesi industrializzati. A questi cambiamenti si aggiungono la crescita culturale della popolazione e l’aumento delle informazioni disponibili che portano i cittadini a richiedere prestazioni assistenziali sempre più qualificate, efficienti ed efficaci e li rendono sempre più insofferenti all’errore sanitario e organizzativo

 La possibilità che un paziente subisca un danno involontario imputabile alle cure sanitarie prende il nome di rischio clinico e gli interventi finalizzati a studiare, identificare e ridurre tale rischio prende il nome di Gestione del Rischio o Risk Management.. Oggi, oltre che la letteratura di carattere clinico, anche la produzione economica, quella giuridica e quella aziendalistica-organizzativa forniscono preziosi suggerimenti per l’avvio di programmi orientati a tale prioritaria disciplina scientifica
il Risk management  con la gestione del rischio e le sue analisi  e i suoi strumenti avrebbe potuto essere fin dall’inizio della pandemia un validissimo supporto in Italia per prevenire e contenerne la diffusione  del Covid 19 in modalità proattiva e strutturata , ma tutto ciò non è stato assolutamente preso in considerazione dai decisori politici e dai loro consulenti scientifici , e anzi sono state prese decisioni in modalità reattiva e scomposta , non uniformi a livello Nazionale , senza un valido coordinamento nonostante si tenti di far passare il  concetto che il problema Covid non si conosceva , quando già da prima giorni di gennaio si era venuti a conoscenza che in Cina era scoppiata la pandemia. Sono passati ben 45 giorni  per prendere decisioni che in un primo tempo sono risultate errate .

Viceversa  sarebbe bastato attivare subito i vecchi  piani pandemici già esistenti per la SARS sia alivello della Protezione Civile Nazionale  che Regionali seguendo   concetti elementari  del PDCA nelle diverse fasi ( pianificare – fare – controllare  – ricontrollare a distanza per eventuali modifiche  ) rimodulandoli  alle esigenze dettate dal nuovo virus .Le motivazioni che vengono portate come attenuanti al mancato utilizzo di tali tecniche di analisi ,sono state ricondotte alla non esatta conoscenza degli effetti del virus,. Siamo infatti di fronte ad una malattia perfettamente sconosciuta, subdola e contro cui non abbiamo nessun arma di difesa. Ad oggi ancora non abbiamo né farmaci né vaccini. Teniamo sempre conto che quanto noi affermiamo oggi ha molto di analisi a posteriori. E’stato  rincorso l’evento epidemico, non siamo quasi mai riusciti ad anticiparlo e a tutto cio’hanno contribuito le continue informazioni ed i pareri scientifici contrastanti, la continua variazione delle regole per il contenimento del rischio di contagio, la mancata uniformità delle disposizioni e direttive internazionali dell’ OMS e delle istituzioni sanitarie nazionali (governative e del DPCN), oltre che regionali e Comunali e da ultimo l’autoreferenzialità in alcuni casi del Volontariato che dovrebbe seguire regole impartite

da professionisti sanitari che possano operare come tutor pronti ad intervenire con indicazioni sicure e precise. È mancata d’altra parte una fase territoriale di valutazione del virus. Per il futuro  e  per prepararci ad una risposta adeguata a successive pandemie  che purtroppo sono sempre da prevedere ,   sappiamo che senza una fase territoriale adeguata non possiamo contrastarle . Servono pertanto degli interventi territoriali per prendere in carico la patologia già in fase precoce. Individuare tempestivamente anche con l’ausilio delle app e dei tamponi ,asintomatici ed oligosintomatici  e prenderli in carico anche farmacologicamente già dal domicilio. Questo significa che è necessaria una stretta connessione tra territorio e ospedale. Ciò che abbiamo sofferto è stata la mancanza di questa integrazione. In quest’ ultimi mesi  abbiamo avuto la dimostrazione concreta di quanto questa sia realmente utile. La mancanza di questa fase è stato uno degli elementi cruciali nella differente risposta all’epidemia venutasi a registrare, ad esempio, tra Veneto e Lombardia Secondo quanto indicato dal prof Zangrillo ed  altri validi esponenti del mondo scientifico il protocollo terapeutico vincente in attesa del vaccino è stato alla fine il  “POST”, protocollo che sintetizza quattro principi fondamentali vincenti della Fase2: Prudenza, Organizzazione, Sorveglianza, Tempestività.

 Da un analisi eseguita con metodologia scientifica propria della gestione del Rischio usufruendo di tutte le tecniche  e dei dati di sistema risulta prioritariamente  che  è venuta a mancare un ‘uniformità di risposta nel  sistema Sanitario che particolarmente nelle maxi emergenze  che colpiscono l’intero territorio deve essere elemento essenziale per garantire uguali trattamenti e sicurezze delle  cure  a tutti i cittadini italiani Dopo tante lodi  espresse dalle istituzioni non seguite da fatti concreti nei confronti del personale Sanitario  e per tutte  le problematiche espresse,  nel congresso  dell’emergenza urgenza che si terrà dal 1° al 3 ottobre 2020 a Riva del Garda è prevista  una sessione dedicata all’analisi di ciò che è avvenuto con il Covid 19, con relazioni e  interventi di coloro – infermieri e medici – che hanno affrontato in prima linea contro il virus, e la descrizione delle situazioni affrontate, non tralasciando gli aspetti psicologici e umani. Dall’analisi delle problematiche e degli errori commessi con le tecniche scientifiche del Risk  management, sia in modalità reattiva che pro attiva, e i dati reali  sarà possibile  avviare una proposta di riorganizzazione dell’emergenza sanitaria a livello Nazionale portata avanti con evidenze scientifiche da parte delle figure professionali che lavorano realmente nel Sistema di Emergenza Sanitaria sia Ospedaliera che territoriale