Un “grido per una cosa bella”: salviamo il villino Acciarri di Pesaro

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Un “grido per una cosa bella”. Prendiamo in prestito le parole che Tonino Guerra aveva utilizzato alcuni decenni fa per un manifesto a difesa della Valmarecchia. Scrittore, poeta di fama internazionale Tonino Guerra aveva lavorato con Michelangelo Antonioni, autore per Federico Fellini, sua la sceneggiatura del celebre Amarcord, il film che “ha regalato l’ infanzia al mondo”, come sarà lo stesso Tonino a dire. Strenuo difensore di bellezza paesaggistica e artistica, di storia locale e tradizioni identitarie con il suo pensiero, oggi, vogliamo unirci all’appello che Riccardo Paolo Uguccioni ha lanciato di recente attraverso le pagine de Il Resto del Carlino. Secondo lo storico pesarese Uguccioni, la villa, che si trova a Pesaro in zona Monte Ardizio, rischierebbe di scomparire. Quando Villa Acciarri non dovrebbe essere per nessun motivo sacrificata. Di proprietà privata, immersa in una dimensione verde di 3.500 mq con alberi ad alto fusto e una fontana, almeno il parco sembra già destinato a lasciare il posto ad un grande edificio di civile abitazione, nonostante la tutela dei Beni Culturali e del Paesaggio. Esempio di una architettura che doveva testimoniare Pesaro come “città giardino”, quella stessa Pesaro che ha visto Piazzale della Libertà, fino a poco tempo fa impreziosito da aiuole fiorite, trasformarsi in una orrida area di cemento davanti al Villino Ruggeri, uno dei gioielli più importanti dell’architettura Liberty. E come se non bastasse, il piazzale che si affaccia sul mare, è stato deturpato da una inqualificabile, seppure amovibile, alta torre panoramica che elimina quella sognante visione marina che fa da sfondo alla bella scultura di Arnaldo Pomodoro: una “Sfera Grande” che ripropone i celebri mondi feriti dello scultore. L’appello agli “uomini di buona volontà” perché l’architettura della scelleratezza non abbia a prevalere e non vada ad incrementare la cultura del disordine urbanistico: nella consapevolezza che la nostra storia sia patrimonio da conservare nella difesa delle origini e delle tradizioni, perché la Bellezza divenga strumento di unione trasversale, ragione che promuove la pace, motivo e specchio identitario. Di una identità che stiamo irrimediabilmente perdendo nel contesto di una “società liquida”,  anche per la stessa responsabilità di tutti coloro che dovrebbero difenderla: in primis gli insegnanti, gli amministratori. i politici.  Perché l’indifferenza e il protagonismo dei social non ci induca ad essere “dormienti” travestiti da “svegli”. Ed è allora che il pensiero di uno come Peppino Impastato, nell’ottica di un processo di educazione alla Bellezza, diviene monito urgente. “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore» . Una voce, cui ci auguriamo si unisca un coro, per salvare il patrimonio artistico e paesaggistico italiano a rischio distruzione. Passando  da Tonino Guerra a Peppino Impastato, due mondi diversi, due personaggi lontani: un solo obiettivo nella convinzione che la Bellezza debba essere salvata dal mondo.