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Com’era prevedibile, la recente conferenza sul clima Cop27 di Sharm el-Sheikh è stata bollata come la nostra «ultima chance» per contrastare la «catastrofe climatica» e «salvare l’umanità».
Fissare scadenze artificiali per attirare l’attenzione è una delle tattiche ambientaliste più comuni. Per tutto l’ultimo mezzo secolo ci è stato detto in continuazione che il tempo stava per scadere. Ma questo messaggio è clamorosamente sbagliato e produce solo panico e politiche scadenti.
Lo spiega bene il professor Franco Prodi, fisico e studioso di fisica dell’atmosfera sostenendo di non negare che in qualche misura l’uomo possa incidere sul clima, ma che quantificare la responsabilità umana al 98% è assolutamente fantasioso e non basato su risultati scientifici.
Ma avendo ormai trasferito questo tema dai luoghi deputati alla ricerca ad un dibattito-confronto politico-ideologico gestito formalmente dal sistema di comunicazione ci siamo ritrovati con milioni di giovani che scendono in piazza in tutto il mondo a chiedere azioni decise contro i cambiamenti climatici ignorando invece le vere emergenze ambientali che attagliano il nostro paese come l’inquinamento, i terremoti, le frane, le alluvioni e il rischio vulcanico.
Di rischio vulcanico in Italia se ne occupa il primo libro di Enrico Salvatori, giornalista che per Radio Radicale cura la rassegna stampa serale e la conversazione con il segretario del Partito Radicale Maurizio Turco.

La pubblicazione, intitolata “Stamm sotto ‘o cielo”, edita da Reality Book e disponibile nelle librerie e negli store online, è -come ricorda il compianto Angiolo Bandinelli nella prefazione-una raccolta meditata di interviste andate in onda su Radio Radicale nella rubrica Overshoot, spazio dell’emittente dedicata ai temi dell’ambiente e del territorio, definita dallo stesso Marco Pannella “la sede del più prestigioso modo di trattare i problemi ecologici, in modo assolutamente singolare rispetto a come vengono trattati da tutti gli altri”.
L’indagine si concentra in particolare su alcune battaglie locali di Marco Pannella, quando, da consigliere comunale a Napoli negli anni ’80, rompe il silenzio sul pericolo costante della città di Napoli, area metropolitana lasciata crescere follemente tra i due vulcani Vesuvio e Campi Flegrei.
Il volume è arricchito oltre che da alcune vignette inedite di Vincino, dagli interventi di Marco Pannella, Massimo Bordin, Raffaele La Capria, Aldo Masullo, Furio Colombo, Aldo Loris Rossi, dalle note introduttive di Angiolo Bandinelli e Maurizio Turco e da una appendice di Carlo Vulpio, giornalista del Corriere della Sera.
Il Vesuvio e i Campi Flegrei sono una bomba a orologeria che può esplodere da un momento all’altro. Non è un’opinione catastrofista, lo dicono i massimi esperti mondiali di vulcanologia. Basta ripercorrere la storia di queste due aree vulcaniche per capire che è soltanto questione di tempo: una nuova eruzione arriverà. Forse non oggi, forse non domani, ma arriverà. D’altra parte la stratigrafia indica che se accelerassimo la sequenza del tempo in quella regione saremmo continuamente bombardati da eruzioni vulcaniche: piogge di lapilli per decine di metri di spessore, flussi piroclastici devastanti con velocità di centinaia di chilometri orari, temperature di centinaia di gradi.
Oggi tre milioni di napoletani poggiano i piedi su una delle aree a più alto rischio sismico, vulcanico e idrogeologico del mondo, una regione compresa tra due vulcani attivi di cui un “supervulcano” (i Campi Flegrei), cioè una di quelle poche caldere – sono dieci o dodici in tutto il mondo – che hanno un diametro di alcune decine di chilometri e che in caso di eruzione sono in grado di produrre devastazioni ultraregionali. Un pericolo reale e urgente, questo sì misurabile scientificamente.
Spero che se, malauguratamente, il Vesuvio dovesse eruttare, eruttasse dritto sull’università che ha laureato il buon Soumahoro con 110 su 110 e sui buoni professori che l’hanno valutato.
Bel razzista detto così ma potresti spiegare le tue motivazioni?
Dio non voglia