Camilla Ferranti: “racconto il grande cinema alla radio e il genio della danza di Liliana Cosi”

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Si può spiegare il cinema e i suoi segreti, in un’epoca in cui questo vuole a tutti i costi educare a qualcosa (talvolta senza riuscirci)? A quanto pare sì. Camilla Ferranti, attrice e apprezzatissima speaker radiofonica, prossimamente al debutto come regista in una pellicola dedicata a una leggenda della danza come Liliana Cosi, prova a farlo tutte le settimane sui social. E lo fa molto bene. Come? Con dei reel in cui Camilla con la sua affascinante simpatia e competenza da fare invidia a chiunque, racconta pellicole passate alla storia, attraverso curiosità dimenticate o addirittura inedite. “Io non posso insegnare niente a nessuno, posso solo farli pensare”, diceva Socrate. Camilla Ferranti, con umiltà ma anche con grande passione, ci porta nello stesso ordine di idee. Con un obiettivo ben preciso: non perdiamo per strada i fondamenti identitari di un’arte indispensabile. Se vogliamo risollevare il cinema dalla crisi, dobbiamo ripartire dalla sua storia. Quella passata, ma anche quella del presente: da gennaio, infatti, Camilla partirà con un nuovo programma su Rai Isoradio dove, con le sue ironia e irriverenza, racconterà anche le pellicole più interessanti dell’attualità. 

I tuoi reel sulla storia del cinema sono ormai famosissimi sui social, come sono nati?

Per gioco. Volevo rivolgermi allo spettatore più comune, ossia a chi guarda i film spesso limitandosi a guardare solo alcune cose che catturano sempre la sua attenzione e da cui ricava quindi più o meno i soliti argomenti, che rispondono alle sue preferenze. Allo stesso tempo in questo modo si rischia di banalizzare un’arte, ritenendola implicitamente molto semplice; magari immaginando che gli attori siano tutti improvvisati o raccomandati…

Tu offri un punto di osservazione diverso.

Trovavo importante raccontare un mondo molto divertente che c’è dietro: non c’è solo il prodotto finale, ma anche la sua preparazione, quindi il momento in cui vengono chiamati gli attori, simpatici aneddoti di scena. Credo che tutto questo avvicini lo spettatore al cinema, potendolo considerandolo un mestiere vero e proprio.

La cosa più interessante è che lo faccia tu che sei un’attrice e si percepisce la tua passione in tutto questo. Come nasce l’amore per il cinema?

Dopo gli studi al Classico e a Scienze Politiche, mi sono dedicata alla danza classica, presso l’accademia di Liliana Cosi. Ero già un po’ grande, però, per tentare la carriera di ballerina. Sentivo comunque la necessità di esprimermi dal punto di vista creativo, così mi sono avvicinata alla recitazione e il percorso è stata abbastanza facile: chi conosce bene il suo corpo riesce a interagire facilmente con le emozioni.

Camilla Ferranti

L’ostacolo più grande che hai trovato?

Non avere seguito degli studi specifici di teatro mi ha frenato molto: oggi le cose sono cambiate, ma fino a un po’ di anni fa c’era molta rigidità su questo. Oltretutto chi faceva una fiction poteva recitare solo per quella e non aveva molto accesso al cinema. Oggi tutto è intercambiabile facilmente e nel frattempo io ho acquisito una mia preparazione che mi ha permesso di sdoganare quei pregiudizi. 

Di quali film in particolare ti piace raccontare aneddoti sui social?

Parlo dei film “cult”, ossia quelli che rimangono nella memoria collettiva della gente perché hanno segnato momenti storici del cinema e della società che hanno rispecchiato. Sono film che richiamano ancora l’attenzione di tutti, anche i più giovani. Per questo ho voluto provare a farlo in un contesto come Instagram, quindi un palcoscenico più che mai contemporaneo.

Il fatto che si guardi al cinema del passato conferma la grandezza di certi artisti di un tempo o testimoniano le carenze nel cinema di oggi?

Abbiamo avuto grandissimi maestri, ma va ammesso che fare cinema oggi, trovando argomenti e modalità geniali, sia molto difficile perché ormai è stato fatto tutto. Probabilmente si può solo imitare il passato. Inoltre oggi si deve percorrere un andamento culturale dettato da un politically correct esagerato.

Però un tempo c’era comunque un altro tipo di censura.

Sì, ma era diverso: il regista era comunque libero di essere tale. Ora si insegue ripetutamente a tutti i costi un messaggio sociale che spesso rovina il discorso artistico: per partecipare agli Oscar sembra ci debba essere l’inclusione di qualunque tema sensibile a certi disagi. Invece questi non possono essere conditio si ne qua non di una bella storia, perché poi si perde di credibilità e si confonde il pubblico. Trovo che sia un modo addirittura per instupidire le masse, imponendo degli argomenti: ora è il momento in cui va di moda il tema “patriarcato”, quindi si rischia che tutti parleranno di questo per un po’…

Il film di Paola Cortellesi, C’è ancora domani, è molto applaudito dalla critica.

Ha raccontato una bella storia in maniera leggera. Però anche lei ha dovuto attingere dal passato, riportando suoi punti di vista e facendo riferimento a un discorso sociale. La mia paura è che ci dimentichiamo debba esistere ancora anche un cinema di intrattenimento. Per me il cinema deve rappresentare una possibilità per staccarsi dalla realtà per due ore, potendosi rilassare. Tutto può ovviamente anche un ruolo didattico e sociale, ma non deve essere l’unica modalità. Il mondo va già in un certo modo, se il pubblico nelle sale deve massacrarsi con ulteriore negatività non ci va più.

Parlavi di maestri del cinema. Uno italiano a cui fare riferimento per avanguardismo?

In Italia ne abbiamo davvero tanti. Sergio Leone su tutti: sarebbe modernissimo ancora oggi.

Radio, tv, cinema. Cosa preferisci?

La radio. Mi sento più libera: è una forma di teatro virtuale, dove mi immagino sempre la platea davanti a me. È un modo per raccontare il mondo e condividerlo con lo spettatore: dal punto di vista creativo è estremamente stimolante.

A proposito, cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo programma su Isoradio in onda da gennaio?

Ecco, lì per esempio parleremo anche del cinema di oggi che merita di essere raccontato e approfondito, anche con ospiti e con l’aiuto delle colonne sonore, che da sempre fanno la fortuna di tanti film! Sarà divertente, non vedo l’ora di iniziare!

Secondo te, che vivi l’arte a 360 gradi, a che punto è la femminilità nello spettacolo?

Penso si stia dando ampio spazio in tutto: è un approccio nuovo e dinamico a cui precedentemente non si dava più di tanto importanza. C’è uno svegliarsi delle coscienze di cui sono contenta. La donna è molto centrata lavorativamente e artisticamente parlando: non vedo una predominanza maschile come qualcuno dice. Basti guardare al successo della stessa Cortellesi o del film Barbie: i punti di vista femminili, più delicati, sono al centro del successo in questo momento.

Qual è la città identitaria di Camilla Ferranti?

Sono legatissima alle mie origini umbro-marchigiane: Terni, dove sono nata, e Fossombrone, paese tra Pesaro e Fano, di cui è originaria mia madre. Sono posti dove ancora esistono quella semplicità e quella genuinità che fatico a trovare nelle metropoli, dove si uniscono tante culture e si perde l’identità originaria: lì le persone seguono un modo di essere centrato, spontaneo. Non si vive con affanno: mi sembra di ritrovare sempre la stessa realtà con cui sono cresciuta!

Prossimamente debutterai come regista. Di cosa si tratta?

È una produzione a cui tengo moltissimo su Liliana Cosi, mia insegnante di ballo come dicevo, nonché rivale di Carla Fracci. Una grande etoile internazionale che ha vinto riconoscimenti importantissimi. Ha una storia che merita di essere raccontata soprattutto oggi che ci si affanna ad avere successo: lei ha sposato una disciplina complessissima, ma ha fatto cose enormi, senza sforzi nel superare gli ostacoli, perché ha portato avanti tutto con una leggerezza arrivata unicamente seguendo la sua passione.

Il suo insegnamento più grande?

Voleva migliorare se stessa, non essere la migliore. Credo sia proprio questa la chiave del successo, ed è appunto uno dei valori così naturali ed essenziali che ritrovo ancora nelle mie città del cuore.

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